Inchiostro diVerso - Forum di scrittori e arte

Votes taken by Lucio Musto

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    sessantanni




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    Sessant’anni






    Sto pensando…

    Che tutti i giorni sono uguali,
    ma alcuni sono più uguali degli altri,
    e perciò li chiamiamo speciali,
    e meritano di essere celebrati...
    Ma, in verità, bene non lo sappiamo
    qual è lo spirito giusto da applicare
    all'evento che ricordano. Ed allora,
    non ci pensiamo su, applaudiamo, forte,
    Senza sapere perché!

    OGGI, POTETE APPLAUDIRE ME...

    Faccio sessanta anni 60 di matrimonio
    sempre con la stessa signora, ed in verità
    bene non so se esultarne, o piangerci su,
    congratularmi con noi, o ringraziare
    la Volontà Superna, che così permise;
    o mesto meditare la maledizione
    che tanto volle, e ci fece preda.
    Comunque noi andiamo avanti impavidi,
    e come andrà a finire, e che senso abbia,
    ve lo direno in fondo, fra sessant'anni ancora...
    o forse pure prima: lo spero anche per voi.


    Lucio Musto 9 ottobre 2023
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    La Macchina

    Oggi è un giorno speciale.
    Il giorno più speciale di tutta la storia.
    E sono io a renderlo tale. Io, apice dell’umanità.

    Oggi andrò alla Macchina, e tutto sarà fatto.
    Ogni maledizione, ogni obiettivo, ogni speranza, ogni sogno mai sognato, troverà il suo compimento, la sua dimostrazione, la sua giustificazione.

    Andrò alla “Macchina”, a quella tanto importante, tanto suprema e definitiva da non aver mai avuto bisogno di un nome, ed il destino dell’Uomo nel Cosmo avrà la sua compiutezza.

    La Macchina è nata centoventisei anni fa.
    Per la precisione centoventisei anni, due mesi e tre giorni fa.
    Ne fu annunziata la nascita in contemporanea su tutte le televisioni del mondo, e l’annunzio fu fatto con tutta l’enfasi e la fastosità che l’avvenimento meritava.
    Ora c’era, disponibile per tutti, la Macchina, lo strumento sommo dell’Amore universale, della solidarietà fra le genti, l’essenza stessa della condivisione.

    La Conoscenza è ricchezza, è progresso, è potere,… benessere. Chiunque nel mondo poteva da oggi, senza rinunziare a nulla di suo, senza costi, senza sforzo, senza dolore ed in poco tempo, donare a tutti gli uomini la sua saggezza, tutte le sue nozioni e le esperienze fatte in tutta la vita.
    In una parola condividere, gratis, la sua vita con quella di tutte le altre persone della Terra.

    Condividere certo, perché nell’atto stesso della donazione di sé, ognuno veniva in possesso anche di tutte le idee, le saggezze e le vicende di tutti quelli che prima di lui si erano offerti all’ “Accoglienza per Tutti”, secondo l’espressione comunemente usata per indicare il processo di sondaggio mentale operato e la successiva catalogazione ed ordinamento delle informazioni captate.

    E le “Postazioni dell’Accoglienza per Tutti”, i “terminali” di input/output della Macchina, si diffusero rapidamente in tutte le nazioni, in ogni città, paese, borgo sperduto o campagna.
    Più numerose di quelle che erano state una volta le cabine telefoniche pubbliche non ne differivano un granché nemmeno nell’aspetto.
    Un box di vetro dai colori accattivanti, con aria condizionata e musichetta discreta di sottofondo, un comodo sedile di solito monoposto e qualche volta fatto a divanetto per due, una elegante leggera cuffia da mettere in testa ed un unico pulsante in similpelle, grosso come una palla da baseball, da premere leggermente con la mano. Si entra, si indossa la cuffia, ci si accomoda e si preme il pulsante.
    Pochi minuti di rilassante benessere e ti ritrovi in testa tutto il sapere del mondo, per quello che è stato donato fino a qualche minuto fa; e tutte le emozioni vissute, tutti i piaceri, ed i dolori, gli amori, le delusioni e le sofferenze….

    Ma, incredibilmente tutto questo non ti travolge, non ti soffoca.
    Come se avessi in corpo delle valvole e dei rubinetti, riesci a gestire tutti questi input, a dosarteli. Riesci ad accedere all’informazione giusta, alla cognizione che ti serve o al pensiero che desideri senza fare confusione, senza ingorgarti, e senz’alcuno sforzo.
    La Macchina è perfetta, è la più grande benedizione.

    Contemporaneamente, e lo sai, hai condiviso, hai messo a disposizione del mondo intero tutto quello che sai, le tue sensazioni, i tuoi segreti, i tuoi sogni, le tue speranze, le tue convinzioni, le tue angosce.
    Non te ne vergogni, non ti blocca il pudore, lo senti giusto: troppo in cambio ne hai ricevuto.

    Di questo meraviglioso sistema di dono supremo ne hanno usufruito tutti i popoli, per anni.
    Come dicevo, per centoventisei anni e rotti. Piano piano, prima i paesi più ricchi e più civilizzati, poi quelli più poveri e popolosi, tutti costruirono le “postazioni” e si collegarono alla Macchina, ne apprezzarono i pregi, ne sfruttarono i vantaggi.

    Finché non ci furono più paesi poveri, finché fummo tutti civilizzati e benestanti.

    Ricchi no, perché il possesso di molti beni materiali cessò quasi subito di essere un obiettivo primario e, spontaneamente direi, i quattrini si distribuirono a pioggia su tutto il pianeta: e morì il concetto stesso di ricchezza.
    Il concetto più frivolo e fragile dell’uomo moderno finì per primo.
    Infatti capimmo tutti molto presto che non ha senso accumulare cose magari preziose, ma inutili e di cui non puoi servirti, se lo stesso lo può fare chiunque altro e nel tuo stesso tempo.

    E così in meno di trent’anni dalla presentazione della Macchina nessuno parlò più di guerra, di pulizie etniche e genocidi per motivi religiosi. Addirittura certe competizioni spinte divennero interesse esclusive di pochi eccentrici. Le sfilate di moda rimasero per “tradizione” così come le “prime” a teatro ed altre manifestazioni consimili.
    L’arte, non sopravvisse più di sessant’anni alla presentazione della Macchina; e questo solo perché tanto tempo impiegò la tecnologia ad attivare le “Postazioni dell’Accoglienza per Tutti” nei luoghi più remoti. Ovviamente quando ognuno ha dentro lo spirito di ogni Michelangelo vivente, bianco, nero, rosso, giallo, o olivastro, che sia, e lo spirito di ogni studioso che abbia studiato l’arte di ogni Michelangelo ora defunto ma che sia vissuto dalla preistoria ad oggi, difficilmente sarà sensibile all’arte di qualcun altro, ed ancor meno apprezzerà il “qualcosa di nuovo” che ha punto sempre l’animo di ogni artista neofito. Morì l’arte, ma non la comprensione dell’arte, che divenne anzi diletto quotidiano per tutti: si suicidarono solo i “Critici d’arte”.

    Ho parlato di suicidi? - Forse troppo presto. I suicidi veri cominciarono molto più tardi.

    Si dovettero superare prima le barriere della tecnologia spicciola. E poi quella della tecnologia “Di Precisione” . ed infine quella dell’ “ A.T. “ (Alta Tecnologia). Poi si dovettero infrangere le barriere delle “Convinzioni Religiose” rispettose di ogni altra rivale “Convinzione Religiosa” e quelle delle “Fedi Incrollabili” del tutto intolleranti verso le altre “Fedi” altrettanto incrollabili.

    L’Uomo, ormai padrone del pensiero di molti altri “diversi” da lui, lentamente si fece carico anche dei propri errori. Prese coscienza dei propri pregiudizi. Ma lo fece lentamente. Cent’anni dopo la presentazione della Macchia, questa chiarezza nuova non era ancora universale.

    Non dimentichiamoci che l’uomo per affrancarsi dal ruolo di primate in pericolo di sopravvivenza nella savana africana, ci aveva impiegato due milioni di anni e passa; per questa fondamentale nuova consapevolezza, cent’anni sono davvero un’inezia.
    Ma infine arrivammo a capire che ognuno di noi è uguale ad ogni altro essere umano; che le razze, le religioni, gli stati sovrani sono soltanto rifinitura di scarsa importanza.
    Ed anche l’essere del nord o del sud, belli o brutti, sempliciotti o geni significa quasi niente: e non val la pena di vantarsene.
    A capire questo, in poco più di cent’anni ci si arrivò…. E furono i suicidi.

    Tre sole generazioni sono in realtà un tempo molto breve per rigettare senza traumi i principi consolidati in milioni di anni di lotte, di sopraffazioni, di pregiudizi, di privilegi.
    Convincersi che l’altro è come te ed ha i tuoi stessi diritti serve a farlo accettare nel tuo Clan, nella schiera di quelli che ti sono compagni.
    Scoprire che “ogni” altro al mondo è come te equivale a rinnegare il Clan, a distruggere il recinto dei “nostri”.
    Quel recinto che ci protegge, ma anche che ci differenzia da quelli, “altri da noi”, di cui abbiamo bisogno per affilare le armi, per ingegnarci nella ricerca di nuove supremazie e sempre nuove strategie di difesa; quel recinto sicuro dove rinsaldare i vincoli interpersonali, superare i piccoli screzi in vista di un più alto bene comune stringersi attorno alle certezze astratte ma indispensabili degli ideali condivisi.

    L’uomo si è evoluto così. Famiglie, tribù, campanili, bandiere e corporazioni fanno parte dell’uomo per quello che è da quando si è elevato dalla brutalità animalesca.
    Riconoscere inutili i simboli di appartenenza porta inevitabilmente al vuoto della comunità, ed una sorta di agarofobia sociale ti prende e non conosci più il tuo posto nella folla, perdi coscienza di te ed il tuo equilibrio interiore, ed alla fine non distingui nemmeno te stesso dall’altro. E’ un trauma troppo grande per la mente raziocinante; insopportabile. Ed è suicidio.

    Non avvenne tutt’assieme. I primi ad andarsene furono i geni, i super intellettuali, gli idealisti. Prima ancora che tutte le persone del mondo avessero conosciuto la Macchina anche una sola volta loro già crollarono sotto il peso dell’appiattimento culturale ed emozionale. Gli altri, miliardi e miliardi di individui, continuarono ad illudersi che l’ “altro da sé”, lo straniero con cui confrontarsi, lo spirito estraneo, fosse quello che ancora non si era donato alla Macchina ed agli altri.
    E s’intensificò la corsa alle “Postazioni dell’Accoglienza per Tutti”.

    Ogni volta la Macchina senza prendere praticamente nulla da te che nulla avevi di nuovo ti dava l’emozione dell’animo di quegli altri che in giro del mondo si erano donati. Sempre più in pochi, sempre più rari, sempre più lontani. Per appagare la sete insaziabile che sempre aumentava dentro.

    Poi non ci fu più nessuno, fuori della Macchina. Tutti si erano donati. La globalizzazione aveva raggiunto il suo culmine. Ora tutti erano tutti. Ognuno era tutti. Tutti in ognuno.
    E l’umanità intera, miliardi di esseri con un solo spirito collettivo, un po’ simile ad un immenso formicaio planetario con la Macchina per regina, scoprì la vera solitudine.
    Ed ebbe paura. La solitudine assoluta fu la pandemia definitiva.

    Ora sono rimasto solo io.

    Tutti gli altri uomini della terra sono morti, si sono suicidati: me lo ha detto la Macchina.
    Io sono l’ultimo rimasto, ma anch’io dopo quest’ultima registrazione alla “Postazione” me ne andrò. Ed il ciclo del “Re del Creato” sarà concluso.
    Si, sono l’ultimo, e la cosa mi dà quasi soddisfazione; se ci fosse qualcuno verso cui rivendicarla si direbbe una vittoria.
    Io sono stato il più resistente alla solitudine, il più adattabile di tutti.

    Il più capace di sopravvivenza, il più individualista.
    Io, lo scemo del villaggio globale.



    Lucio Musto 26 giugno 2003


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    grazie, Kira, so di poter contare su di te. Ma non angosciartene, io campo (si fa per dire!) lo stesso! :sweethug:
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    praticamente perfetto questo racconto, secondo il mio giudizio. Applauso.

    Come commento emozionale, uno solo:
    Stasera, dopo cena, quando mia moglie si sarà addormentata in camera,
    metterò le cuffie e riascolterò il requiem in re minore di Mozart.
    Spero di entrare in risonanza con l'anima della protagonista del tuo racconto e raccogliere
    almeno un po' del suo pathos
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    ... ... ...

    No, amica mia. Non esistono due anime diverse. L’animo dell’uomo e quello della donna non sono che pezzetti strettamente interconnessi dello spirito globale dell’umanità. Stessa natura, stessa sensibilità, e quindi stessi palpiti.

    Ne parleremo più diffusamente un’altra volta. Ora, come esempio concreto, ti trascrivo un pensiero che ho buttato giù due notti fa, in un momento di malinconia spirituale:


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    Sei ore

    L’onda misera e stracca della marea che scema ormai non raggiunge più la piccola depressione sbiadita sulla riva di sabbia sottile. Già l’ha molto slavata, fino a renderne irriconoscibile la forma, ma non è riuscita a colmarla del tutto e farla sparire.

    E’ molto tempo che guardo quel punto, macerandomi nei miei pensieri, nutrendomi del mio dolore.
    Pensieri, dolori… che dico?...

    Di pensieri non ne ho, solo un buio fondo, un grande lago di nulla… solo vuoto.
    E dolore… cosa dovrebbe dolermi?... non ho più nulla ormai che meriti sofferenza, che speri sollievo.
    Un dolore senza fine, senza speranza, senza di te, non è più nemmeno un dolore.

    La piccola fossetta sulla sabbia è tutto quanto mi resta di te.

    L’ultima orma di passo che hai lasciato andandotene via da me, l’ultimo segno che il mare non è riuscito a cancellare del tutto, ma solo un pochino ad ombrare con le ultime piccole bave dell’onda queta che si ritira.

    Mi hai detto addio, e sei andata decisa, segnando la riva bagnata.
    Io lo so, che è per sempre, e non ti ho seguito.

    Con maschio orgoglio sono rimasto immobile, e muto: “Finché anche l’ultimo segno non sia cancellato”, ho imposto a me stesso.
    Poco alla volta, con bizzarra sequenza, nell’ineguale sciabordio delle molli onde del mare che si ritira, le tue impronte sono state coperte.
    Una qua… poi altre due, un’altra lontana… tutte, meno quest’ultima, per beffarda sfida del caso.

    Tenue, quasi irriconoscibile nell’ombra della sera che avanza…, comprendo che non sarà cancellata del tutto stasera, ma puntuale, fra sei ore (allora sarà tempo di aurora), la marea tornerà a salire e la brezza a gonfiare le onde ed il mare compirà la sua opera.

    Quell’ultimo piccolo segno sarà cancellato, e nulla più avremo in comune.

    Sei ore. Una piccola scheggia di tempo… ma riuscirò io a resistere ancora tanto, senza piangere mai?


    Lucio Musto 30 settembre 2007
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    Ecco.
    Naturalmente non c’era nessuna impronta, nessuna spiaggia, nessuna marea calante, nessuna lei!... a quasi settant’anni (quando la scrissi, ormai 85...) sarebbe stato anche tragicomico!

    Pur tuttavia, i moti dell’anima rimangono uguali, e il pianto sale agli occhi di tutti alla stessa maniera.
    Solo il modo di reagire, e di manifestarsi all’esterno che è diverso, e dove una bimba piange, un nonno ci scrive trecento parole.

    Un affettuosissimo abbraccio. a presto!
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    Campanelle lunari



    La prima, ed unica di cui si abbia notizie certe comparve a Natale di due anni fa nella vetrina di Nancy, il più esclusivo gioielliere di Valencia.

    Anzi fece vetrina da sola, e per undici giorni dietro quel blindatissimo vetro lucido non ci fu che lei ed un grande drappo di velluto blu.
    Dietro. Dentro la vetrina.
    Perché fuori, dalla parte della strada, spingendosi e schiacciandosi a vicenda ci furono perennemente centinaia di persone smaniose di vedere almeno per un attimo la “meraviglia”, mentre dall’interno, la fila ordinata dei visitatori privilegiati (profumatamente paganti, si sussurrò) potevano sostare per non più di un minuto ad ammirare il gioiello per essere quindi sospinti oltre, di solito con delicatezza dall’immenso vigilante nero… e cieco.

    Come andò la cosa lo si sa nei dettagli… almeno in quello che si sa.

    Al mattino del 22 dicembre Antoine Griphon, il nome risulta dalle assicurazioni milionarie che furono sottoscritte a suo favore, si presentò all’uscio trasparente della cerebre gioielleria con un pacchetto incartato di azzurro fra le mani. Un pacchetto delle dimensioni di quelli usualmente usati per gli anelli da regalare.
    Vestiva decentemente, ma con roba commerciale e :
    «Manco l’avrei fatto entrare – ebbe a dire la commessa – se non fosse che il negozio era vuoto e mi annoiavo a far niente.»

    Il signor Antoine chiese subito del proprietario: «Per un’affare molto, molto interessante!...»
    Povero Antoine, forse non sapeva neppure che non esiste nessun signor Nancy e che la gioielleria è tenuta da una solida società con azioni ripartite in un pool di Banche di primaria importanza nel mondo!
    Ma la commessa decise di favorire il gioco e chiamò il signor Trussard responsabile di turno alla “maison”, che prontamente e cerimoniosamente come sua abitudine, sorridendo al potenziale cliente come per mostrargli quell’istante come apice della sua carriera di gioielliere:
    «In cosa posso esserle utile… monsieur?...»

    Antoine Griphon indicò con gesto misurato il pacchettino delicatamente poggiato sul bancone:
    «Sono venuto… per questo». La voce è flebile, quasi esitante. Ma forse è quello il suo modo di parlare abituale.

    «Certo!... naturalmente!... – Il tono di Trussard è per contrasto esageratamente brioso e gioviale – forse un gioiello di cui il Signore desidera disfarsi… o che vuole far valutare… o forse qualcosa acquistato qui da noi che il Signore vuole cambiare?... ma non sembra una confezione nostra… quella!...»

    «No… in verità. Niente di tutto ciò. Questo è un oggetto mio che intendo conservare, ma voglio dare a lei la possibilità di esporlo in vetrina per… diciamo undici giorni… fino a capodanno!...
    Naturalmente con una ricompensa per me… diciamo cinquantamila euro?... Poi naturalmente dovrete provvedere ad assicurarlo per il tempo che resterà qui da voi diciamo… per un milione?... per stare sereni!... forse qualcosa in più…
    »

    E’ nella professione dei gioiellieri rimanere impassibili e disinvolti di fronte a castronerie di ogni tipo, e Trussard non era secondo a nessuno, ma le risa le frenò a stento, quella volta…:

    «Vede, esimio signore, il fatto è che da noi usa che siano le case produttrici di gioielli a pagarci per farci esporre i loro pezzi, e si prenotano con anni d’anticipo!... e poi, vede – questa gli parve proprio una battuta spiritosa – per queste feste noi abbiamo già allestito la nostra vetrina!...».

    Ma Antoine Griphon non parve turbato minimamente dalla precisazione:

    «Si… so come vanno queste cose, ma lei non ha ancora visto l’oggetto… la “campanella lunare”, come la chiamo io… Io le consiglierei di dargli uno sguardo, prima di rifiutare la mia offerta!... Non vorrei che lei dovesse pentirsi se io mi rivolgessi ad altri negozi meno prestigiosi del suo ma con miglior senso degli affari…».

    Forse l’ottimo umore con cui si era svegliato, o il giochino inusuale, o la splendida mattinata invernale, titillarono il gioielliere, che con consumata giovialità:

    «Ma certo, certo!... mai sia detto che un Signore… anche se come proponente invece che acquirente (sorrisino di autocompiacimento) esca da Maison Nancy senza piena soddisfazione!... mi mostri, mi mostri, la prego questa sua meraviglia anche se… (altro sorriso) trattandosi di cosa tanto stratosfericamente preziosa… è opportuno lo scrigno lo apra lei!...»

    Antoine non sorride, ma con gesti lenti e precisi scioglie il nastrino, scarta, apre la scatolina di cartone pressato.
    Dentro, su un cuscinetto di velluto, c’è l’oggetto.

    Una sfera di circa due centimetri… con l’universo dentro!

    Tutti gli immaginabili colori, tutte le più splendide immagini percepite dall’animo umano ed infinite altre splendide ogni oltre luce, ed i suoni, gli odori, le cose belle da sfiorare e quelle da desiderare, i sogni, le speranze, le gioie di una vita… di mille vite, dell’eternità!...

    Solo un secondo ed il signor Griphon ha richiuso il piccolo astuccio. Ma Trussard lo sa. Quell’oggetto starà nella sua vetrina per il tempo proposto, a qualunque prezzo, a qualunque condizione… e sa ancora meglio che poi sarà suo, per sempre e che riuscirà a tenerlo, che sarà pronto a qualunque sacrificio a qualunque azione… Venderà ogni suo avere, ruberà, ucciderà se sarà necessario, per il possesso di quella meraviglia, di quell’unico oggetto del creato degno di essere chiamato esso stesso Dio…

    China la testa sconvolto, Trussard, sconfitto, sommerso dalla visione di quell’attimo. Antoine Griphon fa scivolare un biglietto da visita bianco:
    «per l’accredito del mio compenso…» Sussurra. Un attimo, ed è andato via.

    Non si sa null’altro di Antoine Griphon. I cinquantamila euro furono ritirati il giorno dopo ed il conto chiuso. La campanella lunare come tutti sanno scomparì misteriosamente il giorno di capodanno e nessuno mai reclamò il premio dell’assicurazione milionaria.

    Ma chiunque la vide, esposta da sola nella sfavillante vetrina di Nancy sul grande drappo di velluto azzurro seppe di aver vissuto la più bella esperienza della sua vita, e che quell’attimo, non l’avrebbe dimenticato più.


    Lucio Musto 23 maggio 2007
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    La mia collega preferita


    Via, che la conoscete tutti!
    Era quelle bella, bona, vergine,
    muta e disponibile che lavorava
    come guardarobiera
    delle mie cose.

    L’attricetta attaccata con lo scotch
    all’interno della porticina
    del mio armadietto personale.

    Per i più pruriginosi amici miei,
    dirò che la di lei verginità
    era garantita in assoluto
    dall’essere la sua foto
    pudicamente solo a mezzo-busto!





    Lucio Musto 1 maggio 2007
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    f29%20-%20promessa%20facile



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    Promessa facile

    M’è facile dirti si,
    m’è facile dirti sempre,
    anche se il tempo vola
    e l’ebbrezza passa.

    Ma l'amore è come il vino rosso.
    Se è buono e forte,
    invecchiando migliora,
    se è sciacquo e finto,
    incerconisce e puzza.


    Lucio Musto 13 aprile 2007



    @ Kira AIUTO!!! su ARMIA abbiamo perso (scomparsi, oscurati, cancellati?) tutti i nuovi fonts che hai messo - sono rimaste dmensioni e colori, ma i fonts no, sono tornati quelli vecchi, gli standard
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    grazie infinite Tulit-Fert-Feret per la squisitezza che mi fai consumando tanto del tuo tempo per chiarire uno (o un paio) di eventi dal mio punto di vista sgradevoli accaduti nel nostro cammino di vita che per qualche tempo è stato parallelo. Tanto desiderio di chiarezza ed armonia ti fa davvero onore e merita ogni rispetto ed plauso da parte mia!
    Voglio rassicurarti subito, e quindi, velocemente, chiarire a mia volta: no, nessun rancore, nessun astio, da parte mia. Da moltissimi anni (non ho avuto una vita "soft") ho superato cose come la suscettibilità, l'ira, il rancore... so da sempre che non pagano, e danno solo fastidi, quindi non aver alcuna preoccupazione, su questo fronte.

    Sono sempre stato e sono rimasto, ahimè! invece, particolarmente sensibile (mia moglie dice "fragile") agli sgarbi, alle frecciate gratuite, e soprattutto alla mancanza di quella che io chiamo "buona creanza" (= rispetto dell'altro, chiunque esso sia), cosa quest'ultima che ritengo obbligatoria sempre.
    Difficilmente reagisco, quasi mai con violenza, ma sempre accuso il colpo e me ne addoloro...
    (cito ad esempio: se esprimo un pensiero, che come minimo m'è costato un minuto di riflessione, ed una ragazzetta mi commenta, su un forum intellettuale solo con un "Ma hai scritto un'amico con l'apostrofo, errore grave!" questo ha l'effetto, su di me, che avrebbe per un altro uno sputo in faccia).

    E se una gratuita doppiezza, una mancanza di rispetto, un inopportuno scherzo pesante mi feriscono o mi offendono, e questo nell'indifferenza generale... mi sai dire che ci resto a fare in un posto dove sono arrivato per diletto e dove non ho alcun obbligo di restare?...
    Allora "scuoto la polvere dalle mie scarpe contro di loro" e vado a pascere altrove.

    Tutto qui. L'atmosfera e gli usi e costumi di quel forum non erano adatti a me... e cambiai aria.

    L'ho fatto anche altre volte, ma non me ne vergogno. Un mio refrain è da sempre:

    "posso essere collega e lavorare lealmente con chiunque, ma a cena ci vado con gli amici"

    Ecco, Su "Gladiatori della penna" semplicemente, non mi riuscì di sentirmi fra amici!
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    CITAZIONE (SteelDragon @ 19/9/2023, 12:12) 
    Alan S. Lucio Musto a uno dei due va di scrivere qualcosa? Se qualcun'altro vuole ci possiamo organizzare

    certo, a me va sempre di scrivere!... di che si tratta?
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    nemmeno male... grazie Pecco!
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    CITAZIONE (Luke.Lucky @ 7/9/2023, 23:21) 
    Prometto che non augurerò più il buongiorno con frasi di filosofi, mamma mia che macello...

    Buonanotte e basta 😉

    ma perché te ne turbi, Luke?
    mica fa male, di tanto in tanto, un franco dibattito civile, l'incontro-scontro di idee diverse su argomenti anche diversi dai soliti, ma comunque di una certa importanza.
    Se non altro, tiene allenata la dialettica!

    Buongiorno a te, con grazie! :)
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    assolutamente d'accordo Kira!
    ogni giorno che io vivo... i miei interrogativi aumentano, le mie presunte certezze si ridicolizzano...

    perché la splendida gioventù di un fiore di ibiscus dura sei ore, e la mia, modesta e monotona, è durata vent'anni?... posso io capirne una logica?
    L'intelligenza mi dice che una logica ci sarà senz'altro, ma la stessa intelligenza mi suggerisce che non è forza mia comprendere...
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    CITAZIONE (Askar @ 7/9/2023, 18:25) 
    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    assolutamente no, amico mio! - Temo che tu sia completamente fuori bersaglio!

    Buffo, perché a me è sembrato che tu abbia fatto delle affermazioni abbastanza assolutistiche da stare bene su delle tavole di pietra. Magari ti è scappato involontariamente.
    :laugh:
    no, non mi è scappato involontariamente, ma naturalmente non ho voluto essere capzioso... semplicemente non potevo fare diversamente! ma, se me lo permetti, su questo punto ci ritorno alla fine.

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    Io certamente non sono un realista, come avrai potuto dedurre facilmente dalle mie parole, e conseguentemente di certezze non ne ho. Nemmeno una (salvo ovviamente quella che un triangolo abbia tre angoli, ma qui andiamo troppo sul difficile)

    Hai dimenticato la morte e le tasse... :laugh:
    A parte il fatto che hai implicitamente fatto capire che essere realisti equivale a non capire un cazzo della realtà, che risulta per sua natura inconoscibile (secondo te) a prescindere. Nel modo in cui ti sei posto e in cui hai formulato il tuo pensiero, la tua non è una certezza?
    D'altronde non hai usato nessun modo condizionale (penso, credo, ritengo, opino, ecc.)... non penso ci sia bisogno di usare la funzione per citarti, è qualche messaggio sopra questo. Senza contare che ho percepito un certo disprezzo e anche una dose di compatimento e di sussiego nelle tue parole. Ma magari è solo la mia immaginazione... sai come siamo noi scribacchini coi nostri voli pindarici. :laugh:
    Naturalmente non posso proibirti di "intuire questo" o "presumere quest'altro", tu sei una persona libera! - posso solo ribadire (perché l'ho già affermato molte volte, ed io so di essere in buona fede) che amo scrivere sulle righe per dire quel che penso, e gli spazi bianchi fra di esse, campo libero alla propria immaginazione li ignoro, e penso che così dovrebbero fare tutti. Ma sono uomo di mondo, ed il problema mi è noto, e ne ho accennato giusto qui sopra. Molti preferiscono dar seguito più al proprio pregiudizio che a quel che leggono.

    Si, secondo me, la realtà vera è inconoscibile (se ne fossimo padroni non servirebbe vivere, immagino), ed ognuno la approssima come può (ho accennato anche a questo) con le proprie convinzioni. Quelle che gli servono per tirare avanti ogni giorno.
    La differenza quindi fra un realista ed un "dubbioso" potrebbe essere tutta qui. Il realista "assume di conoscere la verità, il non-realista spera di andarci vicino.


    In ogni caso, io mi considero realista (perciò temo di essermi sentito leggermente insultato), ma il termine sta soltanto a denotare un individuo particolarmente pragmatico che tende a non sbilanciarsi né verso l'ottimismo, né verso il pessimismo (anche se a volte mi inclino in quest'ultima direzione). Insomma, qualcuno che sta con i piedi per terra.
    Non credo abbia nulla a che vedere con l'analisi e la conoscibilità della realtà, è un aspetto che io e Luke non abbiamo mai menzionato, l'hai tirato in ballo tu. ^_^
    Mi spiace che tu ti sia sentito insultato. Io, per mia deontologia di vita non ho mai insultato né giudicato nessuno, come persona (il perché è discorso troppo lungo da fare qui, ed anche fuori tema.
    Comunque, se quella è stato il tuo sentire, te ne chiedo comunque scusa: non era certo mia intenzione!

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    In realtà non so bene nemmeno se io sia un ottimista o un pessimista..
    Chissà forse una natura tendente al pessimismo adattata a cercare di sopravvivere sforzandosi di trovare qualche traccia di ottimismo?...
    non so nemmeno quello!

    Se alla tua età non sai ancora chi sei, è un bel problema. Tempus fugit, vecchio mio. :pipa:
    ti confesserò, ma con dolore, perché nel tempo credo che lo scoprirai da solo, che pochi dubbi sul mio essere (ed anche sul mio divenire) avevo in gioventù, ma che i miei dubbi son cresciuti nel tempo e, secondo alcuni, col crescere dell’esperienza e (chissà?) della saggezza.
    Ma non me ne turbo più, che prima o poi (io spero) scoprirò anche questo, e ne avrò contezza!

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    Ma occorre andare avanti: vivere fino a stasera, e stasera far voti per cercare di vivere anche domani. ED allora occorre farsi dei convincimenti, più o meno azzardati (per esempio per cena mi sono proposto per riprovare a fare la carbonara, piatto che non mi è MAI venuto bene...) e speranze più o meno campate in aria...

    Al di là della parentesi prosaica del tuo esempio, i convincimenti personali sono sempre sacrosanti, ognuno pensa e crede ciò che vuole... la differenza sta tutta nel modo di porsi. ^_^
    senz'altro si, condivido!


    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    La Luna ha fatto da allora innumerevoli giri, intorno alla Terra, ed io sto ancora qua. In attesa che questa fase finisca e, forse, possa veramente vedere la Verità per quella che è!

    Sul fatto che la Verità (quella con la maiuscola) non si possa trovare in questa vita terrena, siamo d'accordo.
    si, forse esiste una Verità, ed una verità -intellettivamente posso concordare: quella con la "v" piccola, io la chiamo compromesso, approssimazione, surrogato... mi va bene comunque voglia chiamarla tu

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    se ben mi ricordo da bimbo (non mi son più interessato di filosofia dai tempi dei miei proficui studi liceali) i sofisti erano filosofi assai interessanti (al di la del giudizio di Socrate, mio idolo) ma che mi hanno sempre imbarazzato per le loro certezze indimostrate, le affermazioni azzardate che davano per certe, assiomatiche, ma che a me sembravano invece ostiche, gratuite e strumentali al loro discorso... e (magari colpa anche della mia presunzione giovanile) mi posi in atteggiamento spirituale contrario per principio... ovviamente sbagliando.

    Personalmente fin da quando ho studiato filosofia al liceo, ho sempre provato un certo disprezzo per i sofisti, in quanto il loro unico scopo alla fine dei conti era vincere le diatribe verbali (come tanta gente meno colta di loro oggigiorno). O almeno, così ce li dipinse il professore... parlo in base a quel poco che ricordo, ma Fert ha sicuramente una memoria migliore della mia ed eventualmente saprà correggermi. E non avrebbe potuto essere altrimenti, dato che il mio unico interesse è sempre stato quello di avvicinarmi il più possibile alla verità (minuscolo), in ogni ambito.
    Dici che Socrate è sempre stato il tuo idolo (piace anche a me), eppure mi capita più spesso di vederti sparare sentenze (come hai fatto prima sui realisti), piuttosto che interrogare il prossimo per avvicinarti maieuticamente ad eventuali risposte. (:

    Scusami di nuovo, ma forse quello che tu spari "sparando sentenze" è solo il mio normale modo di esprimermi (ripeto, abbi pazienza un attimo, fino alla conclusione)

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    Ma già allora lo credevo, che un'analisi oggettiva e serena sia molto difficile da fare: i nostri pregiudizi sono più veloci dei ragionamenti.

    Difficile, non impossibile. Se ci si sposta dalla culla del pensiero greco a quella orientale (in particolare al buddhismo), ecco che la soggettività è vista come la nostra parte umana, di cui liberarsi. Ciò deve avvenire in funzione di una crescita dell'oggettività, un controllo delle emozioni e una sospensione da qualunque giudizio. Ovviamente solo chi, come Buddha, raggiunge il bodhi ne è in grado, tuttavia è mia convinzione che sia comunque possibile ridurre la soggettività a un dieci per cento ed essere oggettivi al novanta per cento. Molto più difficile è controllare le emozioni e sospendere i propri sentenziosi giudizi sul prossimo, ma quelli sono aspetti non rilevanti ai fini della nostra discussione sulla realtà.

    non saprei ribattere, non ne so abbastanza sul pensiero buddista; la mia "cultura filosofica" si ferma al liceo scientifico di sessant'anni fa, ma "se lo dici tu devo crederti!"

    PS:

    CITAZIONE (Lucio Musto @ 7/9/2023, 17:38) 
    Ma già allora lo credevo

    C'è un motivo particolare per il quale hai scritto "io" con la maiuscola, oppure è solo il singhiozzo di un ego ipertrofico ben occultato nel tuo subconscio? :ihih:

    Eh???? mica ci ho capito molto!!!!! E PREFERISCO NON CAPIRCI!!!! io ho scritto "ma già allora lo credevo" e tu leggi "Io credevo"???? molto pietosamente diciamo "una svista!"... altrimenti sarebbe MOLTO GRAVE!!!

    --------------------

    Conclusione:
    Tu, io, e tutti gli altri, ci muoviamo, agiamo cinutriamo ecc. in una realtà materiale, concreta, attuale, in disperata ricerva di stabilità e di concretezze certe, almeno locali.
    Se pigio il pulsante mi aspetto che si accenda la luce, se apro il rubinetto che esca l'acqua, se accendo il gas che si scaldi il caffè, se mando affanculo qualcuno che lui che lui si arrabbi, se compro le patate in busta chiusa che siano sane...

    Questo è il mio oggi, stasera, forse domani...
    Conseguentemente NON POSSO, non possiamo permetterci di avere titubanze facili, ma dobbiamo "assumere di avere delle certezze.
    Tutti noi.
    E non conta affatto se siano "verità" o "Verità" vere, o solo presunte, o concordatarie o assunte e con qual grado di probabilità.

    Ecco perché io parlo (tu parli, quell'altro parla) facendo finta di sapere esattamente quello che diciamo.
    Ecco perché io faccio (tu fai, lui fa) le cose facendo finta di sapere bene cosa sta facendo...

    Non è vero naturalmente, ma facciamo finta di saperlo, ed almeno campiamo...

    tutto qui.

    Cordialità

    ps - la morte e le tasse:

    Della morte (della mia, quella degli altri è cosa del tutto diversa, ma se vuoi possiamo parlarne) non ho ancora sufficiente esperienza, delle tasse.... per ora ancora (ringraziando Dio) non sono costretto ad occuparmene.
    e dove non mi sento preparato... sto zitto.
  15. .
    CITAZIONE (Askar @ 7/9/2023, 16:08) 
    Ah be', se lo dici tu, allora dev'essere sicuramente vero... :laugh:

    assolutamente no, amico mio! - Temo che tu sia completamente fuori bersaglio!

    Io certamente non sono un realista, come avrai potuto dedurre facilmente dalle mie parole, e conseguentemente di certezze non ne ho. Nemmeno una (salvo ovviamente quella che un triangolo abbia tre angoli, ma qui andiamo troppo sul difficile)

    In realtà non so bene nemmeno se io sia un ottimista o un pessimista..
    Chissà forse una natura tendente al pessimismo adattata a cercare di sopravvivere sforzandosi di trovare qualche traccia di ottimismo?...
    non so nemmeno quello!

    Ma occorre andare avanti: vivere fino a stasera, e stasera far voti per cercare di vivere anche domani. ED allora occorre farsi dei convincimenti, più o meno azzardati (per esempio per cena mi sono proposto per riprovare a fare la carbonara, piatto che non mi è MAI venuto bene...) e speranze più o meno campate in aria...


    "Così passava l'alta e la bassa marea"

    diceva un mio piccolissimo infinito amore in una sua poesia di tant'anni fa.

    La Luna ha fatto da allora innumerevoli giri, intorno alla Terra, ed io sto ancora qua. In attesa che questa fase finisca e, forse, possa veramente vedere la Verità per quella che è!

    Vogliamoci bene: questa è l'unica cosa, mi pare, capace realmente di farci vivere meglio!


    -------------------------------------------------------------

    se ben mi ricordo da bimbo (non mi son più interessato di filosofia dai tempi dei miei proficui studi liceali) i sofisti erano filosofi assai interessanti (al di la del giudizio di Socrate, mio idolo) ma che mi hanno sempre imbarazzato per le loro certezze indimostrate, le affermazioni azzardate che davano per certe, assiomatiche, ma che a me sembravano invece ostiche, gratuite e strumentali al loro discorso... e (magari colpa anche della mia presunzione giovanile) mi posi in atteggiamento spirituale contrario per principio... ovviamente sbagliando.

    Ma già allora lo credevo, che un'analisi oggettiva e serena sia molto difficile da fare: i nostri pregiudizi sono più veloci dei ragionamenti.
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