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«Alea Iacta Est»
“Alea iacta est”, la nota espressione latina continua a sbattermi nella testa vuota di immagini, come per confortarmi, o deridermi, o spaventarmi.
“Alea iacta est”, il dado è tratto, sei in un altro mondo ormai, in un’altra realtà. Tutto quello che è cambiato, intorno a te, e te stesso, che ora ti senti cambiato, non tornerà più indietro. “Nulla” sarà più come ieri. Nulla che possa contare qualcosa, ti ripete insistente una vocina muta e petulante.
Comincio a penetrare il vero significato, comincio ad entrare nello spirito di Cesare che sta attraversando il Rubicone. Lui, ha deciso lui di farlo, ma nulla cambia se la decisione sia di un altro, di un evento, di un Fato. Ineluttabile nuova realtà, e nulla da aggiungere.
La sentenza è nella busta bianca che chissà perché hai messo nella tasca interna della giacca, e non fra le altre carte. Poche parole su un foglio intestato di carta pregiata, poche parole asettiche vergate a penna dal grande, esoso luminare della scienza, che nel suo prestigioso studio della grande città ancora si prende il lusso di scrivere a mano i suoi referti, le inequivocabili condanne senz’appello. “Demenza senile conclamata, in evoluzione” – il succo è tutto lì, le altre poche parole sembrano uno svolazzo intorno, un fregio decorativo. Lei è malata, lo sarà per il resto dei suoi giorni, e più di sempre è affidata a te.
Chiarissimo, lo scritto, definitivo nella sua sinteticità. Pesante come un mattone. Addirittura sovrabbondante, oziosamente pensi: quando mai la demenza senile è in regresso? Ma il verdetto ti è ancora estraneo, alieno. Una cosa reale, ma ancora lontano. Chissà perché ti viene da pensare al petto di pollo incellofanato che compri al supermercato: diventerà una deliziosa “sovrane”, è stato parte di un palpitante organismo razzolante… ma per ora è null’altro che una fetta rosa a forma di cuore allungato di scialbo, anonimo, quasi ripugnante protoplasma… Ma domani… non ti viene in mente niente.
Vaga la mente oziando senza costrutto, nel leggero tremolio della poltroncina di questo “Freccia Bianca che ci riporta al paese dopo la “visita importante”, affrettandosi nella notte. Lei, di fronte a te, si è appisolata, cullata dal dondolio, e dal frusciare delle rotaie che corrono veloci all’indietro, e l’altra, la fedele amica di sempre, che ci ha accompagnato all’avventura sanitaria le siede accanto silenziosa, tenendole la mano con fare certamente affettuoso, da figlia. C’è un rapporto complice, fra loro, un’intesa sottile, per te incomprensibile e un po’ bizzarra che le lega da prima che lei cominciasse a frequentare la vostra casa. E tua moglie non ha mai manifestato il più piccolo segno di gelosia… caso unico e strabiliante. Ma tu lo sai che quella donna è anche amica tua; forse amica soprattutto tua. Un’amica vera, di quel tipo che non riesci ad apprezzare compiutamente. In tanti anni di vicinanza non ci sei mai andato a letto, anche se naturalmente l’hai pensato più volte, smentendo il luogo comune che con le amiche prima o poi capita… forse è ancora “prima”, ma un “poi” è certamente improbabile. Ci hai litigato un certo numero di volte, come capita con gli amici, e con lei hai avuto parecchie incomprensioni; ma lei è sempre lì, come i veri amici: garrula quando è possibile, o saggia di buoni consigli, quando serve. Ma anche capace di lunghe vicinanze silenziose, quando non c’è nulla da dire che non sia banale, inutilmente doloroso.
Come adesso in questo treno frettoloso di mettere in fretta passo dopo passo lontano dal Tribunale della Sentenza senz’Appello, ansioso diresti di scodellarvi al Calvario, ed esaurire il suo sgradevole ruolo.
Ora ti sembra di ponderarla con calma per la prima volta. Lei è lì silenziosa in leggero contatto con la sua protetta, e di tanto in tanto guarda anche te, con lo sguardo distratto, disinteressato alla chiacchiera. Ma tu sai che lei vede tutto, certo non le sarà sfuggita la lacrimuccia che t’è colata giù poco fa, e certo palpita in silenzio con te, sull’angoscia delle emozioni che ti gonfiano il cuore. Una vera amica. Tace, facendoti sentire che lei è lì, a patire con te, ai margini della tua angoscia, senza invadere la tua solitudine. Messaggio, limpido, rasserenante, anche se forse non confortante: lei c’è.
Già, e chi altro? E che cos’altro?... Pian piano le emozioni si coagulano in pensieri, e la mente riprende il suo ruolo. Questa è la tua inferma, la donna che ti ama e che tu non sei sicuro di aver mai saputo amare compiutamente, fiduciosa come sempre e da sempre abbandonata nelle tue braccia.
Per lei il compito più semplice: è ancora consapevole di sé, sa che molte cose stanno cambiando in lei, che sta perdendo delle facoltà, che le manca ogni giorno qualcosa… ma non se ne preoccupa più di tanto. Lei ha te, come sempre, e se qualcosa “dovesse sfuggirle” non sarebbe un problema: tu sei lì a sostenerla, proteggerla e completarla. E lo farai con tutto l’amore di cui sei capace: non alla perfezione, lei, donna concreta, non ti ha mai visto come uomo perfetto, ma si affida lo stesso, ti stima come abbastanza diligente.
Vorresti fermarti un attimo a considerare te stesso, ma svicoli, è ancora presto. Gli altri? I figli, i parenti, gli amici più prossimi, i fratelli di fede e di dottrina, i suoi “collegamenti”? Li scorri mentalmente uno ad uno. Quante brave, generose persone hai intorno!... ma ti si sfumano fra le dita ad uno ad uno. Ognuno di loro ha già molti altri impegni, molte altre esigenze, molte altre cose da fare… ognuno di loro ha la sua vita da vivere, non possono certo consumare il loro tempo per alleviare il tuo! Certo, di tanto in tanto faranno una telefonata, forse qualche volta verranno a trovarvi di buon grado, magari fidando della tua propensione all’accoglienza… ma saranno episodi, non potrai, non dovrai chiedere di più!
Gli interessi le si son molto ridotti, ultimamente… ti viene da pensare. Gli approfondimenti spirituali, le letture colte, la politica locale e gli eventi internazionali, il giardinaggio… ora che hai tempo di rifletterci su noti che effettivamente la interessano molto meno ultimamente… ultimamente da quando?... tornando indietro con la memoria non ti riesce di stabilire una cronologia… da un po’… forse parecchio, un po’ alla volta… Questo vuol dire che i suoi minuti saranno concentrati maggiormente su sé stessa: si lamenterà di più, accuserà più disagi fisici, richiederà più supporto, esigerà più attenzioni… vedremo.
I medici serviranno sempre meno. Lei fisicamente sta bene, salvo il male ormai “conclamato” e senza appello. Per i medici ora ha perso interesse. Inutile consultarli, faranno il possibile per umiliarti ed allontanarti dal loro immacolato camice impotente.
Cerchi di disegnarti i tuoi giorni futuri, le tue ore sempre più casalinghe, ché lei ha sempre meno voglia di uscire, tu sei sempre più stanco, l’impresa più impegnativa.
Invano cerchi spiragli di interessi, positività, obiettivi da porti, piccoli programmi di vita… Sul riquadro buio del finestrino affacciato sul nulla sembrano sfilare tutti i progetti da realizzare, i viaggi da fare, le attenzioni da rifinire per lei, le cose da regalarle… “Vanità delle vanità”, certo, ma di quelle minuzie è composta l’esistenza. Ora le vedi chiaro: sono solo vanità!
Più i minuti passano, più la notte si fa fonda, fuori dai finestrini del “Freccia Bianca” veloce nel buio, come in fondo al tuo cuore inquieto. E vengono strani pensieri.
La tua amica è sempre lì, immobile, a reggere il capo di tua moglie ormai addormentata profondamente e sembra sonnecchiare, ma tu lo senti che è vigile e sta palpitando con te seguendo le tue angosce, pensando i tuoi stessi pensieri. Oziosamente, vorresti che si addormentasse anche lei. Le immagini che adesso ti vengono alla mente ti fanno un po’ vergognare e non vorresti che lei le captasse…
Stai vaneggiando infatti che non è detto che un tunnel tanto amaro sti si apra dinnanzi… ci potrebbe essere una fine più gloriosa, più spettacolare! Magari il “Freccia Bianca” rompe i freni in discesa o il manovratore si addormenta o impazzisce… il treno si lancia a velocità crescente sulle aride rotaie che fremono all’ebrezza della folle corsa e gemono nello sforzo di tener tanta furia in un eroico sacrificio metallico – fin che nello spasimo cedono di schianto e tutto si esalta in una apocalisse d’acciaio, di fuoco, di sangue, di corpi straziati…. Sarebbe in un attimo tutto finito, grandiosamente, sontuosamente. E nel “mondo dei giusti” avresti anche la tua forse ipocrita ma elegante e pomposa giustificazione: “Io ero anche pronto ad affrontare la prova! Mi sarei impegnato!, spaventato forse, ma senza tirarmi indietro. Ma il Destino ha deciso per me diversamente… e quasi te ne consoli.
Lentamente una supplica blasfema ti si coagula dentro…
Ti sei forse appisolato un attimo, ma ora tutto è cambiato, anche se sembra tutto uguale. Una sottilissima lama rossa ai confini della pianura annuncia che un nuovo giorno è pronto a nascere, e che porterà anche lui i suoi doni, ed i suoi patimenti e che, attenzione!, senti dentro di te una voce differente, gli uni non sono disgiunti dagli altri, né contrapposti!
Ora, già solo con quel lieve baluginio all’orizzonte che nemmeno fa luce, intravedi il tuo dramma in un’ottica del tutto diversa. Non è, quel mattone di carta che sembra pesarti sul petto una maledizione, la vendetta divina contro l’offesa dei tuoi peccati, ma al contrario una opportunità, forse una occasione di catarsi, o addirittura un dono speciale dedicato a te, che potrai rendere ancora più splendido, con la tua testimonianza ed i tuoi comportamenti.
Forse la “Sentenza senz’Appello” è l’occasione perfetta per manifestare adesso tutto l’amore che non hai mai saputo sentire perfetto verso questa donna che ti ha donato sé stessa e la sua vita, forse potrai finalmente sentirti orgoglioso di te, forse potrai applicare adesso tutta la disponibilità e la compiacenza verso il prossimo che hai sempre millantato nella tua lunga esistenza, forse potrai veramente realizzarti come uomo degno d quella dignità che tu sai attribuire al tuo archetipo di creatura eletta, ma che sei ben cosciente di non essere…
“Pensaci!” mi sollecita la mia voce interiore, che ora mi sembra simile assai a quella del mio Angelo Custode cui affidavo i miei passi di bambino e che poi ho ascoltato sempre meno:
«Pensaci! Può essere questa la tua grande occasione! Non l’hai cercata, non l’avresti nemmeno voluta, ma con il cuore l’hai desiderata da sempre. Pensaci. Questa creatura ormai fragile che hai fra le braccia, affidata alle tue cure, questa creatura che è stata sempre con te, e che credevi di conoscere tanto bene, è il tuo Gesù Abbandonato. Quello che devi accogliere, proteggere, amare fino in fondo per raggiungere il traguardo in cui credi. Forse è lei, che fra poco si sveglierà fra le braccia della tua amica che l’ha sostenuta per te in tutte queste ore di buio, lo strumento per la tua santità! – Questo, il dono per te, in questo luminoso giorno che sta nascendo.
Alea iacta est”
Lucio Musto 9 gennaio 2024 |
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