» La soffitta di InchiostrodiVerso

L'amuleto maledetto

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    L'amuleto maledetto

    DagonWalkanthara, avrei volentieri fatto a meno di questo dannato viaggio alle porte dell’inferno. La terra degli Afri non è posto per tutti, è un continente che rischia di cambiarti per sempre. Sono nella savana ma non per un safari organizzato; sono nel cuore pulsante dell’Africa nera, in uno dei paesi più poveri del mondo e senza sbocchi sul mare. È la terra dei mutumbu, un territorio ancora selvaggio e in parte inospitale; è il luogo ideale se vuoi far disperdere le tue tracce.
    Mi ritrovo qui, in questo tugurio dal nome allettante: Barkos; e sono in attesa del mio contatto. Il posto è di quelli che non si scordano tanto facilmente, dove l’odore putrido delle pareti annerite dalla sporcizia mi penetra le narici. Arriccio il naso, alzo lo sguardo dal piatto dove la mia zuppa è preda di mosche e zanzare; musi poco raccomandabili girano gli occhi verso di me, un bianco nella terra dei neri non è mai una presenza gradita; ma nessuno osa avvicinarsi per dirmelo. Dalla notte dei tempi in questa bettola c’è un rispetto che sa di paura da entrambe le parti. I mutumbu sono una stirpe per lo più bellicosa, non amano socializzare con gli stranieri; ma non sono degli stupidi.
    Conoscono i loro limiti e sanno che non gli converrebbe calpestare i piedi ai forestieri, che saranno pure invasori ma il loro sporco denaro fa sempre comodo. E i bianchi che calpestano il suolo di questo dannato posto non sono mai stinchi di santo: sono bracconieri o contrabbandieri. O peggio ancora dei fuggiaschi.
    Solo gli insetti non sanno farsi gli affari loro, sono incontrollabili e molesti; ti pungono e non sai mai quale dannata malattia potrebbero attaccarti. E non parlo soltanto di malaria o febbre gialla, ho sentito qui nomi di patologie impronunciabili per noi occidentali. E puoi anche ammazzarti di vaccini prima di partire, ma tanto ci sarà sempre una fottuta zanzara portatrice di una patologia inaspettata. L’Africa è questa.
    La mia zuppa oramai è invasa dai parassiti, ci ho pensato troppo prima di farmi coraggio ad assaggiarla; ma tant’è, a loro invece piace da come la stanno trangugiando. Ma di più mi infastidisce il corpulento scarafaggio sotto ai miei piedi; lo osservo provare a inerpicarsi sopra il mio stivale. E poi ci sono sempre loro, mutumbu ovunque.
    C’era da aspettarselo da quel lurido di Shown che avrebbe scelto un simile posto per provare a sparire. Ma non si sfugge all’occhio dell’organizzazione, i traditori devono essere puniti e il loro affronto vendicato con il sangue. Puoi correre a nasconderti fino in capo al mondo ma l’occhio della morte non ti perde di vista un solo attimo: ti scruta, ti frequenta, ti incalza senza che te ne accorgi, e al momento opportuno è pronto a sferrare il suo letale attacco. E non è mai una cosa bella da raccontare. Tuttavia nella mia testa si staglia già l’immagine di Shown con le budella rovesciate e una moltitudine di vermi, mosche e zanzare che banchettano eccitate intorno al suo corpo in disfacimento. Provo ribrezzo, scalcio con irruenza la cornuta blatta sotto il mio tavolo; la maledetta conclude la sua non voluta corsa picchiando all’angolo del muro, mescolandosi al nero del sudiciume. Una scena squallida come questo locale, come la mia vita; ma questo è l’unico lavoro che so fare, ed è pagato piuttosto bene. Io dico che la vita anche nel suo schifo talvolta sa concedere momenti di piacere. E si sa per me il piacere preferito è il denaro oltre alla compagnia di una bella donna da spupazzare.
    Penso al denaro e in un attimo faccio bingo. Quando rialzo la testa anche lei è lì, la bella donna ovviamente. Sono sempre nel tugurio di DagonWalkanthara ma qualcosa è cambiato. Qualcosa che non può passare inosservato è una donna dalla carnagione chiara e dal fisico atletico proprio qui, nello sprofondo del continente nero. Uno schianto di luce nel nero della penombra, e matura al punto giusto per accendere la mia frenesia. Sono mesi che non vedo una donna, ora i miei ormoni si agitano come l’effetto effervescente di una pillola sciolta nell’acqua.
    L’aria putrida si è finalmente smossa mentre lei si siede a pochi tavoli da quello in cui mi trovo io. Continuo a mangiarla con gli occhi come farebbe un cannibale della savana con la sua preda.
    Americana? No lei è indubbiamente inglese, le maniche avvolte in un doppio risvolto e la bussola sul polso sono indice di perfezionismo; e poi ci sono i capelli legati dietro le spalle. Non vuole attirare l’attenzione sciogliendo quella che senz’altro è una fluente morbida chioma, oppure le serve per muoversi con maggiore agilità nella savana. Direi la seconda, anche se mi piace di più pensare alla prima ipotesi. Per svelare l’arcano non servono le ipotesi, il risultato può essere mostrato con le prove; è così che funziona in archeologia: se hai la prova non ti resta che andare a esaminarla, scrutarla con attenzione, portarne alla luce anche i particolari più nascosti affinché tu possa arrivare là dove si cela il segreto.
    Il mio contatto come al solito tarda a farsi vedere perciò posso dedicarmi a lei. Prima di muovermi resto a osservarla ancora; anche lei mi ha notato seppure ostenti un’aria schiva. Se la tira come tutte le donne che sanno di essere attraenti. Ma un fatto è certo, non si entra qui dentro per caso: o è una spia oppure sta seguendo qualche traccia interessante. Scanso la sedia da sotto il sedere e con fare deciso sono già da lei.
    “Forse non è il momento giusto”, mi anticipa lei senza alzare lo sguardo. È intenta a interrogare i paragrafi di uno strano volume, probabilmente molto antico a valutare dall’involucro esterno e dalla polvere che ci sta sorretta addosso con ridondante gelosia.
    La lettura di quelle pagine ingiallite la affascina più della mia presenza. Resto calmo, mi siedo lo stesso al suo tavolo e prendo a fissarla. È come se non ci fossi, devo fare un altro passo.
    “I do apologize, my beautiful girl! But…”
    “Desolata, Sir”, mi interrompe lei seccata. “La comunicazione non è decisamente il mio forte”.
    È inglese! Non ha battuto ciglio.
    Si alza e, preso con sé il suo ambiguo fardello, fa un lieve cenno con il capo per rivolgermi il saluto. Poi si sottrae completamente alla mia vista mentre io me ne resto inebetito lì ancora un po’ e il suo profumo scivola via nel tugurio.
    L’inserviente che aveva seguito il nostro breve dialogo si avvicina a me con aria sbadata.
    “Stai lontano da lei Tek, quella dannata ti causerà soltanto guai”.
    Che cosa vuole? “Non mi ha detto di no. Ho solo iniziato a corteggiarla”, rispondo io.
    Lo osservo con aria minacciosa, ma è nel momento in cui gli penetro gli occhi che lo riconosco.
    “Martins, fottuto figlio di una…! Sei arrivato”.
    Martins è un abile truccatore, sembra un vero cameriere invece è il mio informatore. Non è un mutumbu ma è nativo di queste terre. Martins è una spia dell’organizzazione, ed è anchemio amico. Gli devo la vita.

    Mentre finge di prendere l’ordinazione mi consegna le coordinate per agire: Shown pensava di essere furbo scegliendo uno dei villaggi lungo il fiume Tonga Tonga per provare a sparire.
    “Non mi deludi mai amico mio!”, penso. Accartoccio in fretta la sua mappa nella mimetica e cerco di passare il resto del tempo fingendo che la cena sia di mio gradimento. Ma quando sto per lasciare il Barkos uno dei mutumbu mi viene accanto sussurrandomi qualcosa nell’orecchio in un inglese confuso ma comprensibile.
    “Il suo manoscritto è magia nera, è arti sacrileghe; io ho visto cose spaventose a Qu-Adadou. Alla larga! Bella donna è maligna.
    Lei danz con diavolo”.
    Mi volto ed è già lontano, distaccatosi con passo svelto come se volesse seminare le parole appena pronunciate. Lo osservo con indifferenza pensando che se davvero ci deve essere una maledizione non ha senso scappare perché ti raggiungerebbe ovunque.
    La magia nera! Non ho mai avuto a che fare con lei, probabilmente è la suggestione che in queste zone gioca un ruolo fondamentale. La gente del posto è spesso ignorante e noi bianchi siamo soliti intimorirli con le nostre storie.
    Io non ho tempo da perdere così mi reco subito a fare il mio dovere concentrandomi sull’incarico e sulle parole di fiducia del capo: “Io mando te perché non esisti”. E infatti io non esisto, sono un’ombra nel buio della notte.
    Raggiungere il villaggio di Takarayuk non è semplice, si arriva solo via fiume, e il corso del Tonga Tonga in alcuni tratti è molto profondo, incassato com'è tra le alture che lo circondano e lo nascondono. Il suo corso è impervio con frequenti e alte cascate.
    È per questo che non si può proseguire solo con l’imbarcazione e dopo un primo tratto si è costretti a salire e scendere per le pendenze rocciose a piedi, quindi proseguire lungo l’argine. Per raggiunge Takarayuk ci sono da percorrere più di tre chilometri su pendii scoscesi e ricoperti di alta vegetazione. È ancora giorno ma è come se fosse già notte, non fosse per la mappa di Martins mi sarei già smarrito, chiuso nell’impossibilità di trovare spazi per tirare avanti nella direzione giusta. La vegetazione è sempre fitta e devo prestare attenzione anche ai Tonga Mashujaa, i guerrieri delle tribù fluviali. Sono anche peggio dei mutumbu, con loro non si può socializzare: sono dei rudi selvaggi. E fare il loro incontro non sarebbe una buona idea. Loro sì che sono veri cannibali, vivono isolati nel loro mondo e nessuno che sia stato catturato da loro è mai tornato indietro; nessuno ha mai raccontato di come sono organizzati i loro villaggi né quali rituali seguano. I resti delle ossa umane rinvenuti nei loro territori di confine però sono più d’una minaccia, perciò nessuno osa varcare i loro limiti territoriali. Leggo la mappa di Martins e così mi tengo a debita distanza dalla zona calda, so che i Tonga Mashujaa non sconfinano se non per motivi particolari. In questi casi tuttavia la prudenza non è mai troppa.
    Il tragitto è lungo ma prima del giungere della sera sono lì, a Takarayuk: un’oasi nella savana dove i dimoranti si distinguono dagli altri indigeni per la loro intelligenza e per l’ingegno. Loro sono l’esatto opposto dei guerrieri cannibali che vivono dall’altra parte del fiume. Il loro è un villaggio modesto ma accogliente: capanne di legno e paglia gialla fanno da sfondo a un cielo grande dove un sole enorme, rosso fuoco, a dir poco imperioso cola giù dal cielo come se si sciogliesse. Come in un dipinto d’autore. Le capanne sono disposte ordinatamente in circolo, al centro c’è la piazza con il totem, non molto alto ma ben ornato di anelli e statue di pietra. Sono nascosto tra le fronde con il cannocchiale puntato verso i capanni. Una smorfia nel constatare che le costruzioni sono anche sopra gli alberi e in riva al Tonga Tonga.

    Una donna sta raccogliendo dell’acqua in un recipiente di legno mentre un bambino gli tira la tunica grezza. Il Tonga Tonga sembra diverso qui, le sue acque sono calme e tranquille.
    Limpide e cristalline come l’aria che respiro. Ma non è magia. In questo tratto non ci sono mulinelli e la profondità è meno alta, per questo il fiume è vivibile.
    Resto a osservare finché l’oscurità scende dal cielo coprendo il suolo con il suo manto di silenzio. Se le indicazioni di Martins sono corrette Shown è solito passeggiare lungo il fiume la notte, perciò non mi resta che aspettare. Ma intanto la notte avanza con il suo carico di buio, e non soltanto. Chi ha detto che l’Africa è
    calda? Nelle ore notturne l’umidità scende copiosa e la mia pelle è irrigidita. Soffro il freddo ma cerco di rimanere immobile, non devo rivelare nemmeno una traccia della mia presenza. Non muovo un muscolo nemmeno quando un rapace notturno salta fuori dalle fronde alla mia destra per inseguire una preda. E finalmente Shown; è coperto con la pelle di un animale, si è deciso a farsi vedere. Anche lui è diverso. Il suo sguardo sembra più rilassato e i lineamenti del volto non sono più aspri e severi come quelli del killer che ho conosciuto. Osserva la luna, getta un sasso nel fiume facendogli fare una serie di rimbalzi sulla superficie dell’acqua. Sorride. Shown che sorride è una vera novità per me! Più lo osservo e più mi rendo conto che sembra felice. Non si è rintanato qui per sfuggire all’organizzazione, non è un topo in trappola come credevo. Questo posto lui lo ha scelto.
    Lo vuole. Quell’ultimo sporco lavoro e i soldi mai restituiti all’organizzazione erano il suo biglietto di sola andata per una nuova vita.
    Una giovane donna di colore lo raggiunge sul bordo del fiume, lui le cinge i fianchi con il braccio e insieme guardano la luna come in un quadretto romantico. Sembra bella. Indossa un vestito di pelle e ha i capelli molto lunghi che le scendono fin sopra alle ginocchia. Mi stropiccio gli occhi quasi incredulo possibile che sia lo stesso Shown capace di ridurre in fin di vita un ostaggio a furia di calci? Eppure sì, quelle mani che più volte avevo visto sporcarsi di sangue innocente adesso stanno accarezzando con dolcezza una donna. Ma io non ho tempo per i sentimentalismi e resto ancora in attesa: paziente e freddo come la notte che mi irrigidisce le membra, e forse anche il cuore. Ma non la mente. Perché io non sono come Shown. Ci sono dei valori in cui ho scelto di credere e che vanno al di là della normale comprensione. L’organizzazione è tra questi, perciò nessuna pietà per i traditori.
    Attendo il momento in cui la donna di Shown si ritira nella sua capanna. Lui passeggia verso il bordo del fiume più avanti nel villaggio fino a che le rocce del pendio lo consentono.
    Finalmente sono libero di agire. Lo seguo. Scivolo leggero come un felino sulla preda e sono dietro di lui. Il filo metallico tra le mani. Lo allargo, lo stringo al collo di Shown. Cerca di divincolarsi ma sono rapido come una saetta e conosco a
    memoria il copione. Lui non mi vede, sente solo la vita soffiare via. Martins mi ha detto che dal villaggio di Takarayuk il fiume Tonga Tonga scorre dritto nelle terre dei cannibali Mashujaa.
    Saranno loro il mio alibi perfetto, come le acque del fiume.
    Non più di tre minuti e il corpo di Shown penetra nel gelo dell’acqua del Tonga Tonga e lentamente lo vedo allontanarsi senza preoccuparmi del cadavere. I Mashujaa se ne prenderanno cura. Io non sono come Shown, non mi lascerò cambiare. E non sono curioso di sapere cosa c’è oltre il mio sguardo, laggiù nella
    focosa terra dei guerrieri Mashujaa.

    Di solito mi dissolvo dal luogo dove ho lavorato. Ma stavolta è diverso, c’è qualcosa nella testa che mi spinge a restare. Mentre me ne torno indietro nella profondità della notte anziché trascorrere le ore più buie nella grotta indicatami da Martins, nella sua mappa, decido di non fare sosta. Quel qualcosa nella mia testa è che ho voglia di rivedere la donna del Barkos.

    * * *

    Sono al Barkos e il mio intuito mi dice che lei è ancora qui. Un saluto al guardiano notturno poi su per la ripida scala; il corridoio è unico perciò se lei ha trascorso qui la notte la troverò dietro una di queste porte. Credo nel sesto senso, mi ha salvato la vita in più di una occasione. Lo considero come un segnale, anzi è meglio di un segnale. È qualcosa che nasce dentro di te, che guida ogni tuo passo.
    La cosa più straordinaria è che alle volte quello che tu stai cercando viene diretto da te. Entro nel mio alloggio e non faccio in tempo a sistemare le mie cose che vengo sorpreso alle spalle.
    Qualcuno mi stava aspettando: ho un revolver puntato alla schiena, lo riconosco dalla pesantezza della canna. Il mio aggressore mi spinge verso l’interno, la porta si richiude. Non è la prima volta che ho una pistola puntata addosso ma l’effetto è sempre lo stesso: un brivido freddo mi attraversa in un attimo tutto il corpo facendomi gelare il sangue nelle vene. Ma la mia sensazione mi dice che non corro pericolo.
    “Potrei averti sulla coscienza, straniero; restituisci subito quello che mi appartiene”.
    È la sua voce! E le trema sensibilmente la mano, segno che non è intenzionata ad aprire il fuoco.
    “Damn, woman! Calma i bollenti spiriti. Non ti ho preso niente”. Impreco.
    Se vuole sfogarsi conosco un modo migliore, dal momento che ci troviamo nella mia camera a pochi passi dal letto.
    È come se avesse intuito i miei pensieri. Rimessa nel fodero la sua arma mi spinge con rabbia contro il muro. Con la coda dell’occhio le accarezzo le cosce, le sue pistole accuratamente inserite nelle guaine che gli stanno agganciate. Sembra Lara Croft, la mitica razziatrice di tombe. Ma lei è perfino più bella.
    “Vediamo se dici la verità”.
    Il tocco deciso delle sue mani mi accende ancora di più il motore dei pensieri. E non soltanto quello.
    Il mio fiato è greve, anche il suo. Così la lascio fare. I suoi occhi sono glaciali, convinti, penetranti; è così bella da far venire la pelle d’oca specialmente ora che la sua capigliatura si è sciolta.
    L’elastico le si è spezzato nello sbattermi contro la parete di gesso. Rovista nelle mie tasche, nella borsa di pelle a mezza tracolla, perfino nei vestiti; osa anche infilare le dita nell’intimo.
    Quindi si rivolge a me con tono improvvisamente rammaricato.
    “I’m very sorry! Non stai nascondendo nulla, dannazione”.
    Sorrido nell’annusare il suo sospiro di accanimento mentre si allontana per riflettere.
    Ho voglia di fare sesso; mi giro verso di lei e le prendo le mani con insolita leggerezza, poi l’accompagno a sedersi sul materasso. Ma lei non intende stare al gioco ed estratto nuovamente dalla guaina il suo revolver me lo punta dritto sul
    naso.
    “Muoviti e ti fulmino”.
    Non è l’arma a incutermi timore, piuttosto la sua flemma.
    Mentre prima ero sul muro e percepivo la sua volontà di non volermi fare realmente del male, ora invece la situazione è più adrenalinica e tutto mi fa supporre che non esiterebbe a far cantare la sua compagna.
    “OK! Messaggio ricevuto”.
    Alzo entrambe le mani in segno di resa. Conviene sempre fare un passo indietro quando la situazione lo richiede.
    Lei si allontana.
    “Ma bada a te, se mi stai nascondendo qualcosa tornerò”.
    Dopo la sua minaccia esce dalla stanza e io cado snervato sul mio letto. Intanto rigiro tra le mani lo strano oggetto di metallo che le ho agilmente estratto mentre mi teneva al muro. Tornerà, sì che tornerà; ma stavolta sarò io a condurre il gioco.
    Mi chiudo a chiave, mi sdraio sul letto con le braccia dietro la nuca a fissare la parete un tempo bianca. L’Africa è così assurda. Adesso non ho più voglia di fare sesso e il volto di quella donna mi provoca soltanto rabbia: le donne sono così, un attimo prima le adori mentre quello successivo le uccideresti a mani nude.
    Uno scorpione sta attaccato all’intonaco e si muove tra le croste della parete; punto le dita a mo’ di pistola verso di lui e fingo di fare fuoco intonando lo sparo con un movimento delle labbra. Lo scorpione cade a terra come se gli avessi sparato sul serio. Mi alzo e lo schiaccio chiedendomi se mai riuscirò a prendere sonno.
    Ma vengo subito smentito, la traversata del fiume Tonga Tonga e l’affare Shown mi hanno parecchio affaticato ed il mio corpo ha bisogno di sdraiarsi. I pensieri si accavallano e strisciano lungo il soffitto di soppiatto, quasi torturandomi.
    Soprattutto gli occhi della donna di Shown. Poi il sonno finalmente mi cattura tra le sue fauci.

     
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    Terra di Confine fra Sogno e Realtà

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    Bel racconto, con un ritmo incalzante che ti cattura fin da subito e ti spinge a proseguire la lettura per sapere "come andrà a finire". I personaggi, avvolti in un'aura di "mistero", sono imprevedibili e molto in tono con il genere della storia. Penso che questo racconto bene si presti a ulteriori sviluppi, forse perfino alla stesura di un romanzo. Bravo Erendal.

    P. S. Ho trovato un refuso:

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    ed è anchemio amico. Gli devo la vita.
     
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    Sono completamente d'accordo con J. darkblue. Il racconto mi è piaciuto molto, mi ha catturato fin dall'inizio e si è dimostrato una lettura davvero interessante e piacevole.
     
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    Dravn

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    Si respira aria di misticismo e magia, l'Africa e la sua maestosità ti hanno ispirato per bene. I personaggi sono interessanti!
     
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  5. Foglia d'autunno
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    Bel racconto ricco di particolari e con un'ambientazione desueta; stile, come di consueto, magnifico.
     
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    ::: AniMangaManiaca :::

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    Ho sentito il calore, la sporcizia e l'umidità appiccicosa addosso mentre leggevo: l'abilità nel narrare non ti manca di certo! L'atmosfera è densa di quel mistero che fa parte dell'Africa più selvaggia e sconosciuta e mi sarebbe piaciuto saperne di più su questa donna misteriosa che incute paura persino nella gente del luogo, abituata a convivere con tribù che hanno persino l'abitudine di cibarsi di esseri umani.
    Sono d'accordo con j.darkblue quando dice che è un racconto che si presta benissimo ad un proseguimento, viene voglia di saperne molto di più! :D
     
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    Ho sentito il calore, la sporcizia e l'umidità appiccicosa addosso mentre leggevo: l'abilità nel narrare non ti manca di certo! L'atmosfera è densa di quel mistero che fa parte dell'Africa più selvaggia e sconosciuta e mi sarebbe piaciuto saperne di più su questa donna misteriosa che incute paura persino nella gente del luogo, abituata a convivere con tribù che hanno persino l'abitudine di cibarsi di esseri umani.

    quello che ho pensato pure io :)

    bellissima storia..... l'ho visto proprio come filmino in testa.. ;)
     
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  9. MournfulCreatureOfTheDark
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    Fantastica l'ambientazione, sarà che a me incuriosiscono molto i miti e le leggende africane, nonché la storia dei vari popoli e delle tribù, ma la trovo davvero meravigliosa; poi alcune frasi mi hanno ricordato quelle di una mia amica da poco tornata dall'Africa, dov'era andata con un'organizzazione in veste di volontaria, quindi trovo il testo davvero molto realistico. Mi piacerebbe davvero leggere un eventuale seguito, perché questo racconto mi ha veramente affascinato, ottimo lavoro!
     
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    CITAZIONE (MournfulCreatureOfTheDark @ 11/1/2013, 17:16) 
    Fantastica l'ambientazione, sarà che a me incuriosiscono molto i miti e le leggende africane, nonché la storia dei vari popoli e delle tribù, ma la trovo davvero meravigliosa; poi alcune frasi mi hanno ricordato quelle di una mia amica da poco tornata dall'Africa, dov'era andata con un'organizzazione in veste di volontaria, quindi trovo il testo davvero molto realistico. Mi piacerebbe davvero leggere un eventuale seguito, perché questo racconto mi ha veramente affascinato, ottimo lavoro!

    Grazie... mi piacerebbe leggere qualcosa (se ha scritto qualcosa) di questa esperienza della tua amica in Africa. 'Africa è una terra che anche a me mette i brividi con la sua imprevedibilità... a fine mese, dopo il sondaggio, ti dico una cosa su questo racconto! :)
     
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  11. MournfulCreatureOfTheDark
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    CITAZIONE (Erendal @ 12/1/2013, 13:41) 
    Grazie... mi piacerebbe leggere qualcosa (se ha scritto qualcosa) di questa esperienza della tua amica in Africa. 'Africa è una terra che anche a me mette i brividi con la sua imprevedibilità... a fine mese, dopo il sondaggio, ti dico una cosa su questo racconto! :)

    No, non ha scritto niente, sono cose che mi ha raccontato a voce^^
    Comunque sono curiosa =]
     
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  12. Anacoluto
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    Atmosfera e ambientazione particolari che mi hanno colpito. Davvero un bellissimo racconto, coinvolgente, ricco di particolari, ben scritto.
     
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    CITAZIONE (MournfulCreatureOfTheDark @ 25/1/2013, 16:12) 
    CITAZIONE (Erendal @ 12/1/2013, 13:41) 
    Grazie... mi piacerebbe leggere qualcosa (se ha scritto qualcosa) di questa esperienza della tua amica in Africa. 'Africa è una terra che anche a me mette i brividi con la sua imprevedibilità... a fine mese, dopo il sondaggio, ti dico una cosa su questo racconto! :)

    No, non ha scritto niente, sono cose che mi ha raccontato a voce^^
    Comunque sono curiosa =]

    Questo racconto è solo la prima parte di un mio eBook scaricabile gratuitamente dal mio sito personale.

    PER CHI VUOLE LEGGERE L'EBOOK

     
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12 replies since 2/1/2013, 09:56   77 views
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