» La soffitta di InchiostrodiVerso

La maschera del demone

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    La maschera del demone



    Lunghe dita bianchissime si strinsero attorno alla figura pallida di un volto dai tratti mortalmente fissati in un irrisorio accenno di sorriso.
    Un’agghiacciante risata echeggiò nella stanza austera della Cattedrale di Daemon, illuminata dalla fievole luce delle candele, sparse lungo lo stretto corridoio che conduceva alla cripta. Solo l’ombra di un uomo si muoveva rapida, percorrendo la navata principale, per giungere all’altare. Il presbiterio era sovrastato da un’immensa cupola, finemente decorata con un intricato gioco di vetri colorati, che si fondevano per formare la figura di una delicata rosa rossa.
    I pallidi raggi della luna penetravano appena dalle grandi vetrate, creando tetri effetti chiaroscurali sulle fredde pareti di pietra, mentre il signore finiva di prepararsi, ammirando il suo riflesso nello specchio d’acqua consacrata, raccolta in una bacinella marmorea.
    Le strade erano deserte, illuminate solamente da qualche lanterna appesa ai muri delle case. Sembrava che la notte avesse avvolto nel suo mortale silenzio l’intera cittadina, lasciando che il rumore dei passi dell’uomo, avvolto nella sua giacca invernale, diventasse il protagonista di quella speciale serata.
    L’aria trasportava con sè l’amaro profumo dei fiori di Calicantus, quelle piccole gemme gialle, che erano state utilizzate per addobbare l’entrata di un imponente edificio in pietra levigata.
    Lasciato il cappotto ad un domestico, il signore proseguì lungo il luminoso corridoio, sul quale si affacciavano diverse stanze, popolate da un esiguo numero di persone. Per il momento, infatti, l’attenzione di tutti gli invitati era concentrata sulla grande sala da ballo, che occupava la parte centrale del primo piano della villa. La maggior parte dei signori e delle signore presenti al ricevimento stava ricavando diletto nel discorrere sopra temi più o meno futili, mentre solo poche coppie coraggiose avevano iniziato ad approfittare della dolce musica, suonata dall’orchestra.
    Un ghigno di scherno comparve sotto la maschera bianca indossata dall’uomo, che aveva appena fatto il suo ingresso in sala. I semplici modi con cui gli umani si divertivano lo disgustavano e impietosivano allo stesso tempo. Quei miseri non si erano ancora resi conto che la vita è dolore per essenza, un’apoteosi di sofferenza. L’essere umano, infatti, per natura, desidera costantemente qualcosa che non possiede, e per questo si incatena ad una situazione di perenne tensione. Quella che gli umani definiscono gioia, quindi, non è altro che la momentanea cessazione del dolore, in quanto, quest’ultimo, identificandosi con il desiderio, diventa la vera struttura della vita, mentre il piacere è solamente una funzione derivata, che vive unicamente a spese della sofferenza.
    Con passo deciso e portamento fiero, il signore percorse il perimetro della stanza, mentre gli sguardi dei presenti sfioravano la sua figura, elegantemente avvolta da un completo di Kashmir nero; anche se il dettaglio che destava la curiosità di tutti era la grande maschera diafana che celava completamente il volto dell’uomo.
    Dopo qualche minuto, una ragazzina dai lughi capelli ramati e gli occhi color smeraldo gli si avvicinò, con l’intento di iniziare una conversazione e cercare di scoprire qualcosa su quello strano invitato, che i suoi genitori, padroni della villa, non pensavano di conoscere.
    « Buonasera, signore... », iniziò esitante lei, intimorita dall’attegiamento austero del suo interlocutore.
    L’uomo si limitò a rispondere con un cenno del capo e un lieve inchino, senza proferire parola.
    Allora, la giovane, raccogliendo tutto il suo coraggio, decise di chiedere subito quello che le interessava sapere, con lo scopo di mettere al più presto la parola fine a quella conversazione forzata. « Posso avere l’ardire di chiedervi, signore, quale sia il vostro nome? »
    « Con un nome, mia dolce signorina, io non saprei dirvi chi sono... Io sono uno, cento e nessuno; sono solo un mero attore, che si diletta nell’altissima arte della tragedia, l’unico metodo di espressione del dolore, dell’affano dell’umanità, della più autentica realtà, celata dietro una maschera di ipocrisia. »
    Miss. Gray, la sua giovane interlocutrice, scostò, indignata, la folta chioma di capelli fulvi; chiaramente non era rimasta soddisfatta dalla risposta. Quella ragazza rappresentava lo stereotipo di tutte le figlie viziate dei ricchi signori di Londra; altezzosa e fiera della sua bellezza e classe sociale, cercava in tutti i modi di far notare agli altri la sua superiorità. In ogni caso, da bravo gentiluomo, il signore non si sottrasse al dovere di chiedere almeno un ballo alla principessa della festa.
    Mentre, insieme, si univano e separavano, secondo la coreografia del Reel, che l’orchestra stava suonando in quel momento, lo sguardo dell’uomo si posò sull’esile figura di una cameriera, che, da lontano, osservava i ballerini, muovendosi seguendo il ritmo della musica. Se la sua padrona avesse assistito a quella scena, di sicuro la povera domestica sarebbe stata rimproverata; quello non era certo un comportamento adatto ad un servitore di una grande famiglia. In ogni caso, lui non riuscì a trattenere un sorriso; da quando aveva varcato la porta d’ingresso, quello era stato il primo esempio di trasgressione del rigido protocollo che controllava i rapporti tra gli uomini in società.
    Fortunatamente, la danza finì presto e lui non ebbe più nessun obbligo che lo legasse alla signorina Gray.
    Stanco di essere sottoposto al costante esame di tutte le dame presenti, si spostò in una delle salette laterali, dove era stato allestito un gran rinfresco. Vicino al tavolo del buffet, un uomo paffuto stava gustando alcune delle prelibatezze offerte, deciso ad approfittare il più possibile di quell’imperdibile occasione. Accortosi di essere diventato l’oggetto dell’attenzione di quello strano signore mascherato, Mr. Dump sorrise sardonico, dirigendosi lentamente verso il suo osservatore.
    « Buonasara, signore... vi state divertendo? », chiese, dopo aver finito di masticare l’ultimo boccone di carne che aveva in bocca.
    L’uomo annuì. « Si, abbastanza.. e voi? »
    « Moltissimo.. questi ricevimenti sono l’ideale per riempirsi la pancia... e anche per trovare qualche bella signorina che possa poi rallegrare il “dopo festa”, se capite cosa intendo... », rispose, rivolgendo un’occhiata espressiva al suo interlocutore, il quale, però, non sembrava affatto approvare quel tipo di comportamento. « Oh no, non mi dite che siete un prelato... non me ne ero accorto.. scusatemi... », aggiunse, avendo notato la nota di disgusto che caratterizzava il comportamento di quello strano individuo.
    « Siete in errore, signore... non ho mai avuto intenzione di prendere gli ordini... », lo corresse freddamente l’altro, prima di portarsi leggermente verso la porta, nella speranza di riuscire a fuggire al più presto da quell’uomo viscido e lascivo, che, intanto, aveva ripreso a masticare abominevolmente un altro pezzo di pollo.
    « Allora chi siete? », chiese, tra un boccone e l’altro.
    « Con un nome, mio caro signore, io non saprei dirvi chi sono... Io sono uno, cento e nessuno; sono solo un mero attore, che si diletta nell’altissima arte della tragedia, l’unico metodo di espressione del dolore, dell’affano dell’umanità, della più autentica realtà, celata dietro una maschera di ipocrisia. »
    Ancora una volta la sua risposta non fu gradita, infatti Mr. Dump rimase ad osservare, perplesso, il suo riflesso sulla superficie lucida del piatto vuoto che teneva tra le mani, per poi congedarsi dal signore e tornare all’attacco di un altro buffet.
    Non erano passati nemmeno cinque minuti, che al secondo scocciatore ne seguì un terzo. Questa volta si trattava dello stesso Signor Gray, il quale, insoddisfatto dalle poche informazioni che aveva estorto alla figlia, voleva accertarsi di persona sulla raccomandabilità di quello stravagante invitato.
    « Buonasera, signore.. spero che la festa sia di vostro gradimento... », esordì, cercando di iniziare una piacevole conversazione.
    « Ma certo... davvero una serata deliziosa... », rispose l’uomo, anche se con poco entusiasmo.
    L’altro sorrise, aveva bisogno di prendere tempo per escogitare una strategia che lo portasse a scoprire chi era in realtà il suo interlocutore, senza apparire invadente o scortese. « Ho notato che prima stavate danzando con la mia figliuola, spero che non vi abbia importunato... vedete, Anne è una brava ragazza, ma ha ereditato da sua madre la cattiva abitudine di impicciarsi sempre nelle faccende altrui... », continuò poi.
    « Non si preoccupi... ora, purtroppo, vi devo proprio lasciare... ho bisogno di prendere una boccata d’aria... », si accomiatò brevemente il signore, sperando che Mr. Gray fosse abbastanza intelligente da comprendere il messaggio nascosto tra le sue parole.
    Mentre si dirigeva verso il terrazzo deserto, estrasse l’orologio da taschino, per controllare l’ora. Era già molto tardi, ormai la mezzanotte era vicina e lui non aveva ancora trovato quello che stava cercando. Improvvisamente, da dietro una colonna, sbucò la vera regina della festa: la consorte del signore che si era appena lasciato alle spalle. Senza pudore, la donna gli andò in contro, prendendolo sottobraccio e trascinandolo in una saletta privata.
    « Allora, mio caro... spero vi stiate divertendo... », iniziò, con quella vocina stridula e fastidiosa, per cui era tanto celebre nei vari club di Londra.
    « Ma certo, mia signora... », si limitò a rispondere la sfortunata vittima delle attenzioni di Mrs. Gray.
    « Bene... spero non mi consideriate troppo sfronata, se vi confido che, con il vostro inusuale travestimento, avete attirato la mia attenzione... se non sono troppo invadente, posso chiedervi la ragione di tale carnevalata? », chiese la donna, avvicinandosi sempre di più all’uomo, che finalmente era riuscita a braccare.
    L’interessato, ad ogni modo, non si fece intimidire, mantenendo il suo solito contegno. « Sapete, una volta il Grande Maestro ha detto: “Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.” In questa villa la maggior parte delle persone sta indossando una maschera, proprio come me, pronta ad entrare in scena e poi sparire, al cenno del direttore.... »
    Piccole rughe comparvero sulla fronte della signora, mentre, nervosamente, aveva iniziato a giocherellare con una ciocca di capelli neri, girandosela e rigirandosela intorno alle dita della mano destra. La confusione era chiaramente dipinta su quel volto dai lineamenti delicati, tanto che il signore stava per riprendere la parola, quando una voce cristallina lo colpì alle spalle. «Il mercante di Venezia..... davvero una delle tragedie più emozionanti di Shakespeare... »
    L’uomo si voltò immediatamente, riconoscendo nella minuta figura, che stava passando di sala in sala con un vassoio pieno di bicchieri vuoti, la cameriera che, all’inizio della serata, stava ballando in modo così indignitoso ai bordi della pista.
    La padrona, umiliata, rimproverò la domestica, avvisandola di iniziare a cercare un altro impiego.
    Mentre si era distratto ad osservare quella patetica scena, il signore non si era accorto che la fatidica ora era sempre più vicina, finchè un gruppo di giovanotti, che passava da quelle parti, non iniziò a parlare di quello strano sonno in cui, ultimamente, gli invitati di quel genere di ricevimenti sembravano cadere intorno alla fine della serata.
    Distolto dai suoi pensieri, l’uomo si congedò brevemente da Mrs. Gray e dalla cameriera, per tornare verso la sala principale, dove si erano già tutti riuniti. Finalmente l’orologio iniziò a battere i rintocchi della mezzanotte: lo spettacolo stava per iniziare. Raggiunto il centro della grande pista da ballo, il protagonista di quella grandiosa scena madre si tolse la maschera, mostrando ciò che nascondeva.
    Uomini e donne inorridirono davanti a quello spettacolo, mentre alcune dame più impressionabili svennero, cadendo inerti sul pavimento. Il signore, ancora immobile al centro dell’attenzione, infatti, non aveva volto; I folti capelli corvini facevano da cornice ad una superficie bianca, priva di qualsiasi lineamento, priva di qualsiasi espressione. Dopo pochi secondi, tutti i presenti intorno a lui si assopirono, raggiungendo le signore che avevano perso i sensi poco prima. Il demone ridacchiò, rindossando la sua maschera. Neanche quella volta era riuscito a trovare quello che, disperatamente, andava cercando. Era ormai giunto quasi alla porta d’ingresso, quando un urlo squarciò il silenzio che aveva avvolto la casa. Immediatamente tornò indietro, possibile che non si fosse accorto che qualcuno era rimasto sveglio?!
    Ai bordi della sala principale, la figura pallida della cameriera spiccava tra i corpi accasciati a terra. Forse per la prima volta, l’uomo prestò veramente attenzione all’aspetto di quella ragazzina. Era una giovane minuta e graziosa; il volto dai lineamente dolci era incorniciato da una cascata di capelli biondi, così chiari da sembrare nivei. Due grandi occhi di ghiaccio si posarono sull’osservatore, che, intanto, aveva iniziato ad avvicinarsi a lei. Impaurita, la fanciulla si ritrasse, ma il signore si affrettò a rassicurarla. « Non temere, mia cara... loro stanno solo dormendo... all’alba tutti si risveglieranno e non ricorderanno quello che è successo... »
    Nonostante quelle parole, la giovane continuava a tremare come una fragile foglia nel mezzo di una tempesta. « V-voi chi siete? », chiese, la voce rotta dall’angoscia.
    Il demone si inginocchiò davanti a lei, prima di parlare: « Con un nome, mia dolce signorina, io non posso dirvi chi sono... Io sono uno, cento e nessuno; ma chiamatemi “servitore” e sarò battezzato...». Detto questo, con un rapido gesto della mano, si tolse la maschera, gettandola dietro le sue spalle. « Vedete, da secoli vago alla ricerca di una persona autentica, che non abbia timore di essere quello che veramente è, per potermi prostrare al suo cospetto, mostrandole il mio vero aspetto... », aggiunse, alzando la testa, in modo da permettere alla sua interlocutrice di guardarlo in volto. La giovane fissò, incantata, i perfetti lineamenti, che caratterizzavano il viso di quell’ uomo, finchè i loro due sguardi non si incontrarono e gli occhi chiari di lei non si persero in quelli neri di lui.
    « La vita è un palcoscenico e gli uomini sono solo miseri attori, maschere prive di libertà che si muovono come marionette in un teatrino... ma voi, signorina, voi potreste essere il burattinaio... scrivetemi questra tragedia e io la metterò in scena... », concluse il demone, per poi poggiare le sue labbra fredde sul dorso della piccola mano della sua nuova Regina.
    « Ordinate pure, my Lady... »
     
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    Irene

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    Transylvania

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    Oh! Stile Ottocentesco ben fornito, descrizioni da favola, stile fitto ma sciolto! ^^ Che delizia di lettura, brava MrsDarcy! :)
    Anche io... "Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte".
    Mi sento anche io un po come la Lady,burattinaia... ^^
     
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    Yoshino

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    Scrittura elegante e raffinata, buonissima sotto ogni profilo. Mi è sembrato di leggere un romanzo classico, in stile horror leggero. Evocativa la figura del signor demone, a sorpresa il finale!
     
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  4. Foglia d'autunno
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    Davvero fantastico, stile insolito, descrizioni sublimi, messaggio intenso che ricorda la poetica pirandelliana.
    Solo un'anima semplice riesce a venirne a capo: finale azzeccatissimo.
    Bello, bello, bello!
     
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    ::: AniMangaManiaca :::

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    Bianost - Qualinesti

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    Non so c'è un chiaro riferimento a Kuroshitsuji nella figura del demone/servitore in cerca di un'anima speciale, ma quel "my Lady" finale mi ha dato quasi la certezza che quel demone, fosse una tua versione personale di Sebastian.
    Al di là delle somiglianze comunque, la tua storia ha un'atmosfera che ricorda perfettamente i romanzi ottocenteschi più cupi e il messaggio che impregna tutto il brano, sulle maschere portate da ognuno di noi e le anime pure che non hanno paura di dimostrarsi come sono, è ben inserito dall'inizio alla fine, lasciando persino sopreso il lettore, che si ritrova sul finale, con un demone in cerca di un anima da servire, anziché da fare sua.
     
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    Grazie a tutti! Sono molto felice che il racconto sia piaciuto.
    Per rispondere, invece, a Deilantha, il riferimento a Kuroshitsuji non è voluto, anche se non posso escludere di essere stata in parte influenzata da quell'anime/manga, soprattutto nella frase finale. Dopo averlo scritto, ho notato anch'io che quel "my Lady" ricordava molto la solita battuta di Sebastian, anche se non era mia intenzione richiamare la figura di quel demone. In realtà, penso di aver prestato molta più attenzione al messaggio che volevo lasciare e all'ambientazione che desideravo creare, quindi non mi sono accorta subito di questa somiglianza.
     
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    Bianost - Qualinesti

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    In effetti capita che un personaggio amato ci resti talmente tanto dentro, da portarlo alla luce anche inconsapevolmente. :D
     
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    Già... A me succede spesso con il mio libro preferito, Orgoglio e Pregiudizio; mi ritrovo, inconsapevolmente, a riprendere alcune espressioni o comportamenti tipici di quei personaggi.
     
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    Bianost - Qualinesti

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    Ti capisco, perché anch'io mi sono ritrovata spesso ad inserire caratteristiche dei personaggi che più ho amato, all'interno di quelli che creo io. Credo che dipenda dal fatto che certi personaggi ci entrano direttamente nell'anima e diventano parte imprescindibile di noi!
     
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    Credo che dipenda dal fatto che certi personaggi ci entrano direttamente nell'anima e diventano parte imprescindibile di noi!

    Sono pienamente d'accordo!
     
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    Quando l'altra sera ho letto il tuo racconto ne sono rimasta affascinata. Amo la figura del demone, l'ho adorata fin da subito. Mi è sembrato di tuffarmi nella storia ed essere io la lady!
    Sei bravissima, sai?
     
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    Grazie mille! Sono felicissima a che il racconto ti sia piaciuto e che la storia sia risultata coinvolgente. Ancora infinite volte grazie!
     
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  13. Raffica di vento
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    Aleggia aria romantica, racconto molto... al femminile se vogliamo. Scritto bene, s'intende ma senza colpi ad effetto per spostare la trama verso l'horror o il noir. Non so che dire, ritengo sia un buon testo anche se non mi ha fatto impazzire!
     
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  14. MournfulCreatureOfTheDark
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    Ottimo racconto questo: affascinante per via dell'atmosfera, coinvolgente per via delle vicende narrate, intrigante la questione della maschera e azzeccatissimo il finale. Complimenti davvero^^
     
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    CITAZIONE (Raffica di vento @ 10/1/2013, 18:09) 
    Aleggia aria romantica, racconto molto... al femminile se vogliamo. Scritto bene, s'intende ma senza colpi ad effetto per spostare la trama verso l'horror o il noir. Non so che dire, ritengo sia un buon testo anche se non mi ha fatto impazzire!

    Si, non nego che la vicenda sia incentrata più su un messaggio "etico", che sul desiderio di angosciare il lettore; il genere horror non è proprio il mio forte, non è nelle mie corde, quindi mi sono concentrata di più su altri aspetti. In ogni caso, sono contenta che il testo sia risultato scritto bene.

    CITAZIONE (MournfulCreatureOfTheDark @ 10/1/2013, 23:05) 
    Ottimo racconto questo: affascinante per via dell'atmosfera, coinvolgente per via delle vicende narrate, intrigante la questione della maschera e azzeccatissimo il finale. Complimenti davvero^^

    Grazie ^^
     
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20 replies since 3/1/2013, 11:13   297 views
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