» La soffitta di InchiostrodiVerso

Il ritorno del demonio

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  1. Maria!
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    Via Tavernola è sempre stata affascinante per i suoi palazzi. Vi sono case fatte davvero bene.
    Ricordo quelle strutture alte, prorompenti. In particolare, il palazzo più alto di tutti mi ha sempre affascinato: le mura giallastre rovinate dal trascorrere degli anni, i vetri completamente assenti. Son sicuro che qualche ratto abbia messo su famiglia lì dentro.
    Osservavo quel palazzo per ore, sin da bambino. M’incuriosiva e mi travolge tuttora, anche se non ho un valido motivo.
    “Una notte rincorrevo un gatto nero. Indossavo un pigiama blu con delle righe bianche, ai piedi delle scarpette da ginnastica infilate velocemente e, completamente, slacciate.
    Il gatto si voltava di tanto in tanto e mi osservava. Poi, con noncuranza si rigirava e proseguiva la strada. Era nero come la notte, riusciva a mimetizzarsi nel buio. I suoi occhi, però, brillavano.
    Ben presto, mi ritrovai in una strada che aveva qualcosa di familiare. Tuttavia, i miei occhi non riuscivano a metterla a fuoco per bene a causa del buio. Cercai in tutti i modi possibili di far presa sulla mia memoria. Mi girai e il palazzo giallastro era lì, alto, che sfoderava tutta la sua bellezza”.
    A distanza di un anno, mi ritrovo anche questa sera nello stesso luogo di tutte le sere. Di fronte a me, l’imponente palazzo giallastro. Dietro di me, il gatto nero. Dentro di me, la voglia di entrare nell’edificio.
    Sì, stasera entrerò!
    Mi accovaccio e osservo il gatto dritto negli occhi. Lui si scosta un attimo, ma non si allontana: non ha paura di me!
    Lo guardo noncurante e mi rialzo. Abbasso il capo e con entrambe le mani cerco di strofinare l’alone di polvere dal pigiama. Poi, con passo lento ma deciso, mi avvio verso l’entrata del palazzo.
    Mentre cammino, mi torna in mente un altro pezzo della mia vita.
    “Mia madre rincorreva mia sorella. Credevo stessero scherzando. Ma poi, mi madre cambiò espressione: era arrabbiata e malvagia allo stesso tempo!
    Mia sorella cadde, d un tratto, sul freddo pavimento della sala da pranzo. Fu in quel momento che le mani di mia madre l’afferrarono e la uccisero. Sì, mia madre strangolò mia sorella in mia presenza. Io? Beh, io ridevo!”
    Oscillo leggermente la testa, come per risvegliarmi dal vecchio ricordo. Successe tutto d’improvviso, senza urla né pianti.
    Arrivo quasi all’ingresso del palazzo. Il gatto dietro di me ripete ogni mio passo. A poco centimetri dall’entrata mi giro indietro.
    Abbasso il capo e mi osservo: il mio umile pigiama porta segni di cedimento sulle ginocchia. Si è rovinato, dannazione!
    Sento crescere dentro di me una rabbia immensa. Ho voglia di uccidere, di sterminare qualcuno.
    Mi giro verso il gatto, lui ricambia lo sguardo. Non ha paura di me, quindi apro le braccia, cercando di fargli capire che lo sto invitando verso di me. Dannato gatto, muoviti!
    Lentamente si muove in mia direzione: ormai è a pochi centimetri dal mio volto quando allungo le braccia verso il suo collo. Si accorge del mio gesto inconsueto e inizia a divincolare le zampe. Una raggiunge il mio volto, graffiandomi. La rabbia cresce. Rinchiudo le dita molto più strette. Il gatto mi guarda con occhi d’orrore. Lentamente rallenta il movimento delle zampe, finché non si accascia al suolo.
    Soddisfatto, lo osservo privo di vita!
    Porto la mano destra verso il mio viso, sfioro il graffio. Dannazione!
    Mi rialzo velocemente e, senza preoccuparmi del pigiama, corro veloce verso l’ingresso del palazzo.
    La porta è aperta, il che mi facilita l’ingresso. La stanza è completamente vuota, eccetto un ascensore posto di fronte a me.
    Mi avvicino e osservo il tasto di comando: è interamente rosso.
    Non esito e lo premo. L’ascensore spalanca le ante.
    Al suo interno, una sagoma alta e vestita di nero è di spalle. Indossa un cappuccio della stessa tonalità del vestito che le compre il capo.
    Avanzo di qualche passo e mi ritrovo alle spalle della figura; la osservo brevemente, resta immobile nonostante la mia presenza.
    Di colpo, le ante dell’ascensore si chiudono alle mie spalle. Sono inghiottito dal buio immenso.
    Non avverto nessun movimento, nessun respiro. E’ buio, dannatamente buio!
    Qualcosa mi sfiora il viso. Non mi muovo, non ho paura.
    Una voce profonda, con un timbro roco, fa eco:
    “Bentornato!” dice, mentre le dita ruvide premono forte sul mio viso.
    “Chi sei?” chiedo con calma e sicurezza.
    La mano cessa di stringermi. Non avverto nulla se non il mio stesso respiro.
    “Chi sei?” ripeto con voce profonda.
    Un forte grugnito riempie il vano dell’ascensore.
    “Chi sei?” chiedo ancora.
    La mano torna a stringermi forte il viso. Poi, mi lascia.
    Di colpo, una luce fortissima illumina l’interno dell’ascensore. Mi ritrovo a osservare il volto della sagoma: completamente bianco e segnato da graffi. Gli occhi tenebrosi mi scrutano.
    “Signore Oscuro non puoi ricordarti di me, eri solo un bambino. Ma io mi ricordo” fa una pausa, poi continua con la sua voce roca “Tu sei il demonio!”.
    Osservo mentre s’inchina ai miei piedi.
    “Bentornato mio Signore!”
    Le ante dell’ascensore si aprono di colpo.
    Mi ritrovo di fronte gruppi di dannati sfregiati e rovinati. Questi mi osservano, poi si lasciano cadere ai miei piedi.
    Capisco di essere la fonte del male quando desidero non la morte, ma l’eterna sofferenza per quelle anime.
    Sì, questo è il mio Regno. Ne sono certo, lo sento.
    Mi avvicino a loro. Poi, mi giro di colpo e osservo l’ascensore. I miei occhi quasi scoppiano per il calore che emanano.
    L’ascensore finisce consumata dalle fiamme del rogo che i miei occhi hanno fatto nascere.
    Mi giro di nuovo verso le anime dannate, sorrido maligno: sì, sono io il demonio!
     
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    Elfo

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    Essere il demonio e non saperlo! Intanto bentornata, e quindi complimenti per questo racconto dalle descrizioni davvero ben riuscite. Tiene sulla spina fino all'ultimo! La scena del gatto nero, prima del graffio e poi della sua morte violenta per mano del demonio sono stupende! Più horror che mistero, ma ci sta tutto! Bravissima.
     
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  3. Maria!
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    Grazie mille!!!
     
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    Irene

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    Bel racconto, dai! E bentornata anche da parte mia. Via Tavernola ho visto su internet che esiste veramente (a Napoli e dintorni)!!!!!! Ti sei ispirata a qualcosa di reale? :)
     
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    ::: AniMangaManiaca :::

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    Bianost - Qualinesti

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    Bella l'idea di avere come protagonista il demonio, che per di più non ricorda di esserlo!
    Il brano fa comprendere da subito quanto sia chi narra che la madre, abbiano un'indole malvagia e il tutto si conferma con l'uccisione spietata del gatto nero, finché non si scopre la vera indentità del protagonista. E a quel punto, riconoscendosi, egli accetta se stesso e comprende quando vedere la sofferenza davanti a sé, lo riempia di gioia.
    Un concentrato di cattiveria pura!
     
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  6. Foglia d'autunno
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    Davvero interessante l'idea del diavolo che ha perso memoria di sé: bel racconto!


    anche se io facevo il tifo per il gatto!
     
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    Da una porta segreta la trasparenza delle stelle.

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    Quoto Foglia... interessantissima e originale l'idea del demonio che è il protagonista stesso, che non sa di esserlo! Ti ho letta tutta d'un fiato, la narrazione scorre davvero bene e ti lascia un brivido : )
     
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    Rispetto ad un paio (credo) di precedenti racconti che avevo letto di te, direi un bel salto d'autore. Degna di un horror anni 60 - 70 (i migliori)!
     
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  9. MournfulCreatureOfTheDark
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    La trama è decisamente originale, mi dispiace solo per quel povero gatto nero... Comunque, gatto a parte, devo dire che è un buon racconto, molto scorrevole, interessante e a forti tinte horror, cosa che non guasta quasi mai. Complimenti!
     
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8 replies since 10/1/2013, 20:23   39 views
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