» La soffitta di InchiostrodiVerso

Incantevoli rovine

urban fantasy (16.238 battute)

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  1. Noewle
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    La vecchia Villa McGarret giaceva immersa nel silenzio da parecchi anni. Avvolta dal verde bosco che l’attorniava, si ergeva su una collinetta di un piccolo paese. I proprietari non erano più andati “su in Villa”, come si diceva a casa MacGarret, perché questa era un po’ troppo distante dalla città. Occorrevano, infatti, ben tre ore di macchina per poterla raggiungere. Comunque, nella sontuosa Villa erano rimasti a guardia del tempo delle splendide statue un tempo bianche ora ricoperte di muschio e di edera. Raffiguravano per lo più fanciulle nude, intente a mimare passi di danza. Una, quella della fontana, aveva i capelli raccolti in crocchie e teneva in mano una brocca dalla quale sicuramente un tempo doveva uscire acqua, ed ora la vasca di questa fontana era diventata bacino di raccolta delle acque piovane formando un acquitrino dall’acqua verdognola dove misteriosamente erano comparsi dei piccoli pesci rossi. Le altre erano sparpagliate per il giardino. Fanciulle dai seni acerbi, qualche vandalo o il tempo avevano mozzato loro le teste o le braccia o più semplicemente i nasi e le orecchie.
    Ma i vicini ne erano certi. Quella Villa disabitata era popolata da spiriti. Alcuni pensavano agli antenati della famiglia McGarret, altri invece da Spiriti della notte. Fatto sta che qualcosa di strano in quella Villa accadeva. Ogni sera si sentiva cigolare l’altalena che era in giardino.
    «E’ il vento» bisbigliava comare Maria a donna Laura.
    Ma tutti, in paese, sapevano che non era così. Lassù qualcuno vi aveva preso dimora. E non soltanto la dimenticanza dei suoi proprietari. La notte i paesani udivano passi nel giardino e gli scuri di legno sbattere con vigore. Quella Villa, secondo loro, era infestata! Una sinistra luce di candela, poi, appariva alla finestra prima di albeggiare.
    «L’ho vista anche questa sera.» Disse piano piano comare Maria a donna Laura.
    «Anch’io!» squittì donna Laura, mentre prendeva la frutta dal carretto di don Pino.
    E suoi loro volti si dipingeva lo sgomento.
    Poi, un giorno, per caso accadde qualcosa di inaspettato. Giunsero in paese due ragazzi. Una ragazza e un ragazzo. Avevano l’aria afflitta e chiesero alle due donne dove fosse Villa McGarret.
    Maria, la più anziana delle due, li squadrò per bene prima di rispondere:«E’ quella lì. Lassù, in collina.» Rispose indicando la vecchia Villa dal paese.
    «Cosa cercate in questo posto dimenticato da tutti?» Domandò a sua volta donna Laura con curiosità.
    Era una giornata di vento forte e il fazzoletto che portava in testa svolazzando faceva intravvedere i suoi capelli grigi.
    La ragazza guardò il ragazzo perplessa, prima di dire:«Abbiamo fatto un gioco con dei nostri amici. Ma abbiamo perso la scommessa. Ed ora ci tocca passare una notte in quella Villa.»
    Le due anziane comari si fissarono a lungo, poi prese la parola Maria: «Non potete! La Villa è chiusa da tanto tempo. Si dice che sia infestata da spiriti.»
    «Sì... questa diceria è giunta anche in città. Ed è per questo motivo che siamo qui! E’ il nostro pegno per aver perso la scommessa!» Disse il ragazzo.
    «Voi non dovete dirlo ai McGarret. E’ un segreto!» Aggiunse la ragazza.
    Le due donne si fissarono stupefatte, poi donna Laura aggiunse: «Sono anni che non vengono su in Villa. L’ultima volta che li ho visti avevo dieci anni. E qui è morta una dei McGarret. La baronessa Agnes McGarret. Da allora né suo marito né quanto meno i figli vi hanno più messo piede in questa casa.»
    «Sì... è così!» aggiunse con enfasi comare Maria. «E’ da tempi immemori che non vengono. Siete sicuri di voler passare la notte lì dentro?»
    Ellen e Mark, il ragazzo e la ragazza, si guardarono a lungo prima di rispondere. Poi Ellen disse: «Dobbiamo per forza!»
    «State attenti, allora!» li salutò donna Laura andandosene. E prese una stradina polverosa del paese.
    Rimasero con comare Maria che li fissò per un istante con i suoi occhi acquosi.
    «Avete coraggio! Buona fortuna, allora!» e anche lei prese una stradina acciottolata del paese.
    Ellen e Mark si ritrovarono da soli in piazza.
    «Che facciamo?» domandò Ellen a Mark.
    «Andiamo, no? C’è Jordan che ci controlla. Se non manteniamo la promessa verremo derisi a scuola.»
    Ellen annuì e poi aggiunse: «Quell’avvoltoio farà di tutto per spaventarci. Ma noi dobbiamo resistere!»
    Mark disse dandole un colpetto sulla spalla: «Così mi piaci! Andiamo...»
    E si diressero solerti verso Villa McGarret. Quando giunsero di fronte al nero cancello, c’era solo un catenaccio arrugginito che impediva loro l’accesso. Mark vide una sbarra di ferro e chiese ad Ellen di farsi da parte. Con un paio di colpi ben assestati, riuscì a rompere il catenaccio. Il cancello cigolò forte e per un attimo temerono che li avrebbero sentiti anche in paese. Ma nessuno si occupò di loro, così entrarono molto lentamente. Ormai era quasi sera e per farsi strada lungo il giardino avevano portato con sé delle torce elettriche.
    «Hai paura?» domandò Mark ad Ellen perché la sentiva tremare.
    «Questo vento è freddo!» si giustificò.
    «Sì. Hai ragione. Proviamo ad entrare in casa. Non possiamo dormire all’aperto. Se piove...»
    «Sì... facciamo presto, però. Queste statue mi mettono inquietudine.»
    Trovarono il portone della Villa. Non era sprangato come si aspettavano, ma accostato. Entrarono. Le torce illuminavano a malapena l’ingresso della Villa. Ad un tratto videro brillare qualcosa nel buio. Ellen gettò un gridolio che soffocò subito con le mani. Mark puntò la torcia verso quel qualcosa che brillava e che si muoveva rapidamente.
    «Tranquilla! E’ solo un gatto nero» la tranquillizzò Mark. In effetti, il felino vedendosi puntare la torcia, infastidito, aveva emesso un lungo miagolio.
    Sul pavimento c’erano vetri rotti. Non erano di specchi, ma delle grandi finestre. Un ramo di un albero vicino sbatteva, infatti, con insistenza sul vetro picchiando forte sulla vetrata.
    Ellen deglutì e commentò: «Sarà difficile trascorrere la notte qui. Peccato che non ci sia Sandra al posto nostro. Quella vipera avrebbe proprio meritato una notte qui!»
    «Stai tranquilla, Ellen. Non sei sola! Ci sono io a proteggerti. Secondo me, Jordan ha barato. Solo così può aver vinto la scommessa. Comunque, non rammarichiamoci di essere qui. Questa casa è completamente disabitata. Adesso cerco l’interruttore generale. Andrebbe meglio se ci fosse la luce.»
    Un lupo non poco lontano ululò. Ellen si strinse ancor di più al braccio di Mark, mentre cercava il quadro elettrico. Lo trovò dopo poco. E provò ad attivare la luce.
    «Aspetta! – lo fermò Ellen – Non ti ricordi cosa hanno detto quelle due donne? I McGarret non vengono più qui da molto tempo. E’ probabile che non abbiano pagato le bollette della luce...»
    «Come ho fatto a non pensarci! Hai ragione!» Mark si sbatté una mano sulla fronte. Ma la torcia gli scivolò dalle mani e rotolando si spense.
    I due trattennero il respiro e rimasero ad ascoltare il sibilo del vento. Per fortuna Ellen aveva ancora in mano la sua!
    «Illumina il pavimento. Dobbiamo assolutamente trovare la mia torcia.»
    Ellen fece quanto gli aveva chiesto Mark, ma non riuscirono a scorgerla in quel buio pesto.
    «Non ti preoccupare: abbiamo la mia. Troviamo un posto dove stare. E domani mattina ce ne andiamo subito!» Disse Ellen.
    «Saliamo al piano superiore. Lì, forse, ci sono le camere da letto.»
    «Okay.»
    Iniziarono a salire la grande scalinata in legno, quando ad un tratto Ellen cacciò un urlo: lo scalino si era rotto e qualcosa di viscido, come l’aveva definito lei, l’aveva sfiorata. Le cadde di mano così anche a lei la torcia. Ma quella non si spense questa volta. Rimase ad illuminare una porzione di pavimento dell’ingresso.
    «Stupida! Era solo un topo!» la rimproverò Mark scendendo i gradini e riprendendosi la torcia.
    Ma non appena la puntò verso Ellen rimase per qualche istante bloccato.
    «Mark! Mark! Cosa ti succede?» cercò di scuoterlo la ragazza.
    «Ho visto... ho visto muoversi qualcosa. Lassù!» e Mark le indicò un punto indecifrato delle scale.
    Anche Ellen rimase stupita da quello che vedeva. Proprio di fronte a loro c’era una donna. Aveva i capelli lunghi, castani, sciolti. Indossava una camicia da notte bianca, insanguinata all’altezza del seno. Era estremamente pallida ed aveva delle profonde occhiaie.
    «Chi sei?» sbottò spaventato Mark. «Sei Jordan? Vuoi farci uno scherzo? Sappi che è di cattivo gusto!»
    La donna piegò il capo da un lato. Forse non capiva cosa il ragazzo stesse dicendo.
    Mark continuava a puntargli la torcia contro. Poi, finalmente la donna si decise a parlare.
    «Voi potete vedermi?» chiese quasi in lacrime.
    Ellen che tremava dalla paura rispose: «Sì.»
    «Non abbiate paura. Sono lo spirito di Agnes McGarret. Vago da tempi immemori sulla Terra. Sono stata uccisa da mio marito, perché era geloso. Ma è riuscito ad insabbiare tutto, nascondendo la verità alla polizia.» Aggiunse la donna.
    «Sei... tu... sei... tu... sei un fantasma?» esclamarono all’unisono Mark ed Ellen. Poi, si guardarono e infine si misero a gridare.
    «Svelta, Ellen, scappiamo!»
    Così, senza neanche voltarsi indietro scesero velocemente le scale e in breve furono quasi davanti la porta.
    «Non potete uscire da questa casa prima dell’alba» disse la donna.
    Mark si gettò a capofitto sulla porta. Ma non riusciva ad aprirla.
    «E’ come se fosse incastrata!» disse con foga il ragazzo.
    «Certo! Questa casa è maledetta perché sono stata uccisa ingiustamente!»
    «Ecco perché i McGarret non si sono mai scomodati a venire fin quassù. Sapevano di questa antica maledizione!» concluse logica Ellen.
    «Vi prego! Aiutatemi!» implorò il fantasma apparendo in un altro angolo dell’ingresso. «Siete gli unici in grado di farlo!»
    Ellen si portò una mano tra i rossi capelli. Non c’era soluzione, dovevano per forza aiutare quell’anima in pena.
    «Cosa possiamo fare per te?» Domandò a mente lucida Ellen.
    Mark la guardò stupito.
    Il fantasma, allora, le sorrise.
    «Qui, dietro questa porta, c’è un salone con delle sedie. Sedetevi lì. Vi raggiungo subito.»
    Ellen si diresse verso la porta bianca dell’ingresso, dove era custodito il salone della casa. Inizialmente, la porta non si apriva. Dovette far leva col peso di tutto il suo braccio per abbassare la maniglia. Poi ci riuscì e la porta cigolando si aprì.
    «Tu sei pazza!» commentò Mark. «Non possiamo aiutare uno Spirito. Ormai è morta e defunta. Cosa può volere da noi? Rompiamo il vetro di una finestra e usciamo da questo posto. Mi dà sui nervi!»
    «Il fantasma ha detto che solo noi possiamo aiutarla. Forse qualcun altro si è introdotto qui e non l’ha vista. Non hai sentito? Era stupita che potevamo vederla!»
    «La ragazza ha ragione!» disse Agnes. «Qualcuno è entrato qui. Ma non è più uscito!»
    Ellen prese posto in una delle numerose sedie che gravavano sul tavolo. Mark la imitò un po’ seccato.
    «Bene! Ora che siete comodi vi racconterò la mia storia. Sono nata in questo umile paesino. Proprio in questa casa. Quando ebbi la sfortuna di incontrare mio marito, avevo già da tempo perso le mie abilità paranormali.»
    «Abilità paranormali?» domandò Ellen con curiosità.
    «Avevo visioni mistiche con l’aldilà. In pratica, riuscivo a vedere gli angeli. Ma questo solo fino ai sedici anni. A diciannove mi sposai e diedi quasi subito alla luce due figli: una figlia e un figlio. La mia vita sembrava scorrere serena, quando sbattendo la testa (sono scivolata dall’altalena che c’è in giardino), mi sono ricordata delle mie abilità paranormali. Non solo che riuscivo a vedere gli angeli, ma anche che riuscivo a parlare con loro. Mi innamorai, allora, del mio angelo custode.»
    Agnes si avvicinò ad Ellen. Stese una mano sul petto della ragazza. Socchiuse gli occhi e poi aggiunse: «Il tuo è davvero molto dolce!»
    Ellen percepì perfettamente il tocco gelido del fantasma di Agnes.
    «Hai ancora questi poteri?» domandò Ellen.
    «Ne ho anche degli altri.» Rispose lo Spettro.
    «Come si chiama il tuo angelo?» chiese Mark.
    «Gli angeli custodi non hanno nomi. Comunque, io lo chiamavo Jenson.»
    «Tuo marito forse si accorse di questo innamoramento. E ti uccise, pugnalandoti al cuore.» Ingiunse logica Ellen.
    «Sì. Ma prima di morire lanciai una maledizione su questa casa. Ecco perché i miei figli e mio marito non vengono più a Villa McGarret.»
    «E perché non la vendono?» sbottò sarcastico Mark.
    «Non possono. Chiunque entri in questa casa, non esce vivo!» rispose lo Spettro.
    «Vuoi dire che noi siamo intrappolati qui, per sempre?» concluse ovvio Mark.
    «Diciamo di sì. Sono stata terribile quando ho lanciato questa maledizione. Non ho risparmiato, nella mia collera, nessuno. Ma voi potete fare qualcosa per me, per porre fine a questo maleficio...»
    «Sentiamo, allora» disse Mark.
    «Se io potessi ricongiungermi col mio angelo custode, lascerei per sempre questa casa.»
    Ellen, allora, domandò: «E cosa dovremmo fare?»
    Lo Spettro tacque. Quindi, rispose: «Rinunciare a voi stessi.»
    Sul viso di Agnes si dipinse un sincero rammarico.
    «Cosa vuol dire che dobbiamo rinunciare a noi stessi?»
    «Dovreste permettere a me e al mio angelo di entrare nei vostri corpi.»
    «Ma questo è assurdo! Ci stai chiedendo di morire?» disse alzandosi in piedi Ellen e prendendo per mano Mark.
    «Andiamocene, Mark.»
    «Non uscirete vivi da questo posto. E’ meglio che fate come vi ho chiesto!»
    «Svelto, Mark. Fuggiamo!»
    Ellen diede un calcio alla finestra e il vetro si ruppe in frantumi. Ma quando stavano per arrampicarsi sul davanzale, ecco che come per magia quello si ricompose.
    «Oh!» esclamò Ellen con la gamba sanguinante. «Ma questa è stregoneria!»
    «Vi ho avvertito!» disse Agnes alle loro spalle. Si voltarono. La ferita del fantasma sanguinava. «Sono stata punita per aver maledetto la casa. Sono stata legata ad essa per l’eternità. Perché per l’eternità l’ho maledetta.»
    «Tu hai detto che all’alba potremo uscire!» protestò Ellen.
    «Se farete quanto vi ho chiesto!»
    «Ma se moriremo, come faremo ad uscire?»
    «Io e Jenson vivremo la vostra vita per voi. Non vi accorgerete di nulla. Non soffrirete, ve lo prometto!»
    Ellen si sentiva disperata, così incominciò a sbattere le mani sul grande portone della Villa e incominciò a gridare «Aiuto! Aiuto!»
    Mark la imitò e insieme a lei cominciò a urlare anche lui «Aiuto!»
    «E’ inutile che urlate. Nessuno in paese si muoverà per salvarvi. Lo sanno tutti che la casa è infestata dagli Spiriti.» Disse alle loro spalle Agnes. «Hanno tutti paura ad entrare qui dentro!»
    Ellen si voltò con le lacrime agli occhi: il fantasma aveva ragione: quelle due donne del paese li avevano avvertiti. Singhiozzò per la disperazione. Mark cercò di consolarla:«Non ti preoccupare, troveremo un modo per uscire!»
    «L’unico modo è quello che ci ha detto il fantasma» singhiozzò Ellen. «Siamo fregati!»
    «Non dire così!» l’apostrofò Mark.
    Nel frattempo, Agnes era scomparsa.
    «Non capisci? Non c’è via d’uscita!» protestò in lacrime Ellen.
    Quindi, scivolò con la schiena lungo il grande portone e si sedette a terra. Mark si chinò per dirle: «Ascolta, non dobbiamo...»
    «No, no – lo interruppe – voglio arrendermi. Siamo impotenti di fronte a questa maledizione.» Si alzò di scatto e chiamò a gran voce il fantasma che venne poco dopo.
    «Allora, cosa avete deciso?»
    Ellen con il volto ancora bagnato dalle lacrime aprì le braccia e disse: «Eccomi!»
    Un vento forte le fece sollevare i capelli, la camicetta: il fantasma era entrato nel suo corpo, sotto lo stupore di Mark. Poi cadde a terra svenuta. Non appena si riprese, aprì gli occhi piano piano.
    «Jenson» chiamò la ragazza mettendosi in piedi.
    Mark indietreggiò di qualche passo. Era inorridito per quello che aveva visto.
    «Mark... non fa dolore. Coraggio!» disse Ellen-Agnes tendendogli la mano.
    Ma Mark diceva no col capo. Tremava.
    Poi, Agnes vide sulle scale una luce abbagliante.
    «E’ qui – Agnes sussurrò in un soffio – sta aspettando solo te!»
    Mark deglutì a fatica, avanzò piano piano verso la mano di Ellen-Agnes. Quindi, l’afferrò e tremante disse: «Davvero... non fa male?»
    Ellen-Agnes annuì. Lui spalancò le braccia, chiuse gli occhi, una abbagliante luce lo avvolse.
    Mark si inginocchiò. Quando aprì di nuovo gli occhi vedeva come se fosse tutta la stanza brillare.
    Agnes che gli stringeva ancora la mano si avvicinò a lui e lo baciò teneramente in bocca. Poi scoppiarono a ridere sonoramente.
    «Quei due sciocchi, ci hanno creduto.»
    «Già» ammise Jenson. «Adesso siamo liberi. Possiamo riamarci come vogliamo.»
    «Sì... siamo vissuti troppo a lungo tra queste incantevoli rovine
     
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  2. Flogoriano
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    Francamente non me ne intendo di fantasy, ma io a occhio e croce lo chiamerei giallo fantasy non urban, poi boh!
    Tralasciando il genere, però, il racconto mi è piaciuto. Niente di eclatante, ma piacevole da leggere.
     
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  3. Noewle
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    CITAZIONE (Flogoriano @ 2/3/2013, 21:14) 
    Francamente non me ne intendo di fantasy, ma io a occhio e croce lo chiamerei giallo fantasy non urban, poi boh!
    Tralasciando il genere, però, il racconto mi è piaciuto. Niente di eclatante, ma piacevole da leggere.

    Ah! Grazie... sì nemmeno io mi intendo del genere, ma Erendal mi ha invitato ed io ho saputo scrivere solo questo... è la prima volta che mi cimento (non so se si era capito :rolleyes: )
     
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    ARMIA - Be-Be[17]

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    piaciuto anche a me, ed anche a me non interessa molto definire esattamente il genere.
    Mi è piaciuto e sosterrò davanti a qualsiasi tribunale che qui è perfettamente in tema!

    Brava. Continua a scrivere sempre.

    ci ho trovato una imperfezione, leggendo, ma non ricordo più cosa; quindi doveva essere un dettaglio irrilevante! ;)
     
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  5. Noewle
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    CITAZIONE (Lucio Musto @ 2/3/2013, 22:32) 
    piaciuto anche a me, ed anche a me non interessa molto definire esattamente il genere.
    Mi è piaciuto e sosterrò davanti a qualsiasi tribunale che qui è perfettamente in tema!

    Brava. Continua a scrivere sempre.

    ci ho trovato una imperfezione, leggendo, ma non ricordo più cosa; quindi doveva essere un dettaglio irrilevante! ;)

    Grazie Lucio!!!

    troppo gentile davvero ^_^ !!! Sono contenta che il racconto ti sia piaciuto. :woot:
     
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  6. IlariaMilitello
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    Bellissimooooooooo cara :wub: :wub:
    Bisogna sempre provare a scrivere di tutto nella vita ;)
    Continua così cara che vai forte!!!!!
     
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  7. Noewle
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    CITAZIONE (IlariaMilitello @ 4/3/2013, 02:57) 
    Bellissimooooooooo cara :wub: :wub:
    Bisogna sempre provare a scrivere di tutto nella vita ;)
    Continua così cara che vai forte!!!!!

    Grazie Ilaaa!!! Sono contenta che ti sia piaciuto!!!! :rolleyes:
     
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    Molto carino.. mi é piaciuto... :D
    Poveri ragazzi però, abbastanza sciocchi direi.. he, he.. come del resto fanno la fine quelli dei film americani.. hihihhihi
     
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  9. Foglia d'autunno
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    Mi è piaciuto molto, adoro i racconti di fantasmi.
    Questa tipa è una bella manipolatrice: idea davvero originale. :)
     
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  10. Noewle
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    Grazie a tutti!!!!
    Sono contenta che il racconto vi sia piaciuto. Grazie ancora per i complimenti! ^_^
     
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  11.     +1   -1
     
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    Irene

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    Letto tutto d'un fiato! E sono qui a farti i miei complimenti. ^^
    Intanto scrivi molto bene: punteggiatura, frasi, dialoghi, scene... tutto OK e perfetto. Scrittura scorrevole, liscia e senza troppo aggettivi e sostantivi. Mi piace. :)
    Anche la storia, seppur non originalissima, è personalizzata.

    Sullo sviluppo posso concludere dicendo che è il racconto migliore (urban) che ho finora letto. Anche se l'ambiente urban è ben celato dall'ambiente della dimora! ;)
     
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  12. Noewle
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    CITAZIONE (Miss Loryn @ 11/3/2013, 17:53) 
    Letto tutto d'un fiato! E sono qui a farti i miei complimenti. ^^
    Intanto scrivi molto bene: punteggiatura, frasi, dialoghi, scene... tutto OK e perfetto. Scrittura scorrevole, liscia e senza troppo aggettivi e sostantivi. Mi piace. :)
    Anche la storia, seppur non originalissima, è personalizzata.

    Sullo sviluppo posso concludere dicendo che è il racconto migliore (urban) che ho finora letto. Anche se l'ambiente urban è ben celato dall'ambiente della dimora! ;)

    Oh! Ma grazie!!! Siete stati tutti gentili e buoni con me (non mi ero mai cimentata in questo genere, tanto è vero che la prima cosa che ho chiesto ad Erendal è stata: ma cos'è l'urban fantasy? Cioè non sapevo nemmeno che cosa fosse...). Mi lusingate!!!! Ora divento tutta rossa :wub: Eh, eh, eh, eh... sono felicissima che il racconto vi sia piaciuto e soprattutto che tutto era al posto giusto (punteggiatura, frasi e dialoghi), ma questo è anche merito vostro che avete dato spazio alla fantasia. Infatti, 20.000 caratteri erano ben sufficienti per esprimersi. Grazie ancora e a tutti, mi incoraggiate a fare sempre di più e meglio :lol: Grazie!!! Sono davvero contenta dei vostri giudizi!!!! :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:
     
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    Ma scherzi, cara! ^^ Mi fa veramente felice il fatto che tu ti stia trovando bene! :)
     
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    Molto bello il tuo racconto. E' proprio un bel passo stile romanzo (urban) fantasy, scritto con un tocco moderno ed elegante. D'accordo anche io sulla stesura, precisa e scorrevole. Leggerti è un piacere. Ti confido che non mi aspettavo un finale così... a tradimento... i due fantasmi furbi che hanno trovato i loro corpi! Io non avrei creduto alle parole dei due fantasmi perché la mia esperienza fanta-horror mi ha insegnato che i demoni (e affini) mentono sempre. Però mi è piaciuto il tuo finale, dona alla storia un tocco drammatico.
     
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  15. Raffica di vento
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    Piaciuto, sarà che l'urban fantasy ha un suo fascino particolare, sarà anche che sei stata davvero brava ad appassionarmi nella lettura. Trovo il tuo racconto davvero ben riuscito, completo, corretto e ficcante.
     
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17 replies since 2/3/2013, 20:54   260 views
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