» La soffitta di InchiostrodiVerso

Fantasmi

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  1. MournfulCreatureOfTheDark
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    Lev Ivanovic Djemrovskij stava fissando il terreno ai suoi piedi, il suolo scuro che iniziava a intravvedersi tra la neve, quando una parola gli saltò in mente: оттепель ['otjIpjIlj]. Sì, il disgelo era vicino; peccato che in quel momento avesse qualcosa di decisamente più importante cui pensare. Vicino ai suoi piedi, protetti da un paio di scarpe nuove di zecca, giaceva il corpo di una donna, o per lo meno quel che ne restava: dall'addome aperto della sconosciuta parevano infatti mancare alcuni organi. Ma non era quella la prima cosa che l'ispettore aveva notato: al corpo, infatti, mancava la testa. Qualche secondo dopo aver appurato questo fatto, Djemrovskij era giunto alla sua prima conclusione in quel caso: gli avevano scaricato tra le mani una patata bollente, una patata davvero bollente, e non aveva la minima idea di come poteva riuscire a non scottarsi. Per prima cosa avrebbe dovuto rimuovere il cadavere: nello Stato senza criminali non poteva certo correre il rischio che qualcun altro vedesse quel macabro scenario, ne andava della credibilità del Partito. Certo, avrebbe sempre potuto dare la colpa agli occidentali, a un lurido americano che era riuscito a raggiungere Mosca per spiare i nemici da vicino e rubare i loro segreti, ma in tal caso avrebbe comunque ammesso che il confine che separava il paese dal resto del mondo non era poi così invalicabile come Stalin andava dicendo, e allo stesso Stalin la cosa non sarebbe piaciuta, no, non gli sarebbe piaciuta affatto. E poi, pensò Djemrovskij, il Piccolo Padre gli aveva appena regalato quelle belle scarpe nuove, quindi non aveva alcuna intenzione di deluderlo, o irritarlo, o impensierirlo; avrebbe trovato quell'assassino e l'avrebbe fatto al più presto, senza lasciar trapelare la notizia. L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era un luogo dove i crimini non esistevano: così era, così doveva essere e così sarebbe stato. Djemrovskij non avrebbe parlato di quel corpo ad anima viva.

    Mi volto per un attimo a guardare la strada che ho appena percorso con le mie vecchie scarpe logore, la suola che lascia impronte strane che si mescolano a tante altre; sono impronte diverse le mie, perché le scarpe si sono sformate con l'usura, tanto che risalire al loro aspetto originario è pressoché impossibile. E così è diverso anche quel che porto con me, sebbene sia convinto che non tutti quelli che sono andati a caccia stanotte siano tornati con prede animali; i tempi sono duri, la fame dilaga, il cannibalismo non sembra poi così rivoltante. Di sicuro sono l'unico che si porta appresso una testa umana recisa da poco, un macabro gingillo che mi accingo a consegnare; sono uno specialista nel mio campo, curo le cose nel minimo dettaglio, e anche tutta la parte relativa alla consegna è stata, ovviamente, studiata fin nei minimi particolari. Non che mi preoccupi il fatto di essere catturato: questo non accadrà mai. Sono furbo, troppo scaltro per essere arrestato, sveglio abbastanza da vivere come un fantasma, perché in fondo è questo che sono: in uno Stato che non ammette la criminalità, perché sostiene di aver eliminato tutte le cause sociali che ne stanno alla base, io, ufficialmente, non esisto. E così il mio inseguitore, il poliziotto che in un altro Stato sarebbe venerato come "l'uomo che ha catturato un pericoloso assassino seriale", si ritrova a cercare, per la seconda volta, un uomo di cui non può ammettere l'esistenza, e perciò non può chiedere aiuto a nessuno, men che meno interrogare testimoni o fare domande in giro. In un certo senso, anche lui è un fantasma, un uomo che non deve in alcun modo far capire alle persone che è alla ricerca di un assassino, che deve agire nell'ombra, con mille sotterfugi, che non può parlare con anima viva del suo lavoro, che non può fidarsi di nessuno se non di se stesso. Siamo due fantasmi, io e lui; ma quando il mio intero disegno sarà divenuto realtà, solo uno di noi sarà morto per davvero.

    Un uomo, a Mosca, era in possesso di una testa umana. "Trova la testa, trova l'assassino" ripeté Lev, rincasando dopo una giornata passata a vagliare migliaia di ipotesi, quella frase che continuava a ronzargli in testa, tanto da diventare il suo nuovo mantra personale. Essendo un importante membro del Commissariato del Popolo degli Affari Interni, Djemrovskij aveva a disposizione un modesto appartamento dove poteva vivere solo, senza condividerlo con altre persone, come accadeva invece alla maggior parte dei cittadini; avrebbe voluto che sua moglie fosse ancora in vita per poter godere di quel piccolo privilegio con lui, ma la malattia, o forse la fame, se l'era portata via un paio d'anni prima, e da allora non aveva fatto nulla per trovare una nuova compagna. Una volta entrato in casa, le labbra che disegnavano il suo nuovo motto, capì subito che qualcosa non andava: qualcuno era stato lì. La foto del Piccolo Padre pendeva leggermente verso destra, la bottiglia sul tavolo pareva essere meno piena di quando se n'era andato, una sedia era stata spostata: erano inezie, ma lui, da bravo osservatore qual era, aveva subito notato quelle piccole differenze. O forse era solo paranoico dopo una giornata di duro lavoro, passata a esaminare un cadavere e a cercare qualche indizio sul colpevole; tutto l'NKVD era parso in subbuglio quel giorno, come se all'improvviso fossero comparsi dei capitalisti proprio dove doveva sorgere il nuovo palazzo dei Soviet. Molti capitalisti. Centinaia di capitalisti. Forse, si disse Lev, qualche compagno non era stato in grado di tenere la bocca chiusa e aveva parlato del cadavere senza testa che avevano ritrovato nel bosco. Sì, doveva essere andata così; non appena si disse queste parole, una strana calma scese su di lui, come se avesse appena vinto un vecchio demone che voleva prendere il controllo della sua anima. Si tolse le scarpe, pensando che, quella mattina, poteva aver urtato il quadro mentre s'infilava di fretta il cappotto, aver bevuto dalla bottiglia prima di uscire e aver spostato la sedia dopo essersi sistemato i calzini. Lev si tranquillizzò, con la convinzione che si fosse trattato di un falso allarme che lo condusse tra le braccia di Morfeo; solo alcuni istanti dopo che i suoi occhi si chiusero, dei passi riecheggiarono nel corridoio esterno.

    Quasi interamente nascosto da una massiccia scrivania in legno scuro, forse ebano, il membro del Partito Lebedev attendeva impaziente un ospite e, con lui, una consegna che molti avrebbero considerato piuttosto macabra: una testa. Attendeva quella testa da esattamente ventitré giorni, sedici ore e trentaquattro minuti, e ora stava finalmente per giungere tra le sue mani; vederla coi suoi occhi avrebbe significato confermare che il suo meraviglioso piano procedeva a gonfie vele. Era già tutto pronto, mancava solo quell'ultimo, fondamentale elemento; una volta ottenuto quello, il resto sarebbe venuto da sé.

    Lev stava disteso, supino, sul suo misero letto, le orecchie tese e pronte a captare anche il minimo rumore; forse stava davvero diventando paranoico, ma si era convinto che lì fuori ci fosse qualcuno. Aveva sentito un rumore di passi che lo aveva svegliato, e gli era anche parso di udire una voce sussurrare qualcosa, parole rivolte forse alla notte forse a un'altra persona. Poi, all'improvviso, il silenzio: niente più passi, niente più voci, anche il vento si era di colpo calmato. Lev trattenne per un attimo il respiro, immergendosi completamente nel silenzio circostante; tornò a respirare solo quando si accorse di non poter più trattenere l'aria nei polmoni, buttandola fuori con un lungo, sibilante soffio. La calma che era scesa sulla stanza placò i suoi timori, facendogli calare le palpebre, la frase "trova la testa, trova l'assassino" che ricomparve nella sua mente; non ebbe neppure il tempo di entrare in dormiveglia che la sua casa venne inghiottita dal frastuono.

    Sono qui, di fronte al mio obiettivo che mi fissa con gli occhi sgranati, sotto i quali si notano due profonde occhiaie; non ha idea di chi io sia, non sa perché sono qui, ma sono sicuro che lo capirà presto. Lo conosco, so com'è fatto: tra non molto comprenderà che la sua ora è giunta, perché a Mosca non c'è più spazio per lui. Il corso degli eventi lo ha fatto diventare un nemico del popolo, e per questo devo affidarlo al suo destino, anche se, devo ammetterlo, un po' mi dispiaccio nel vedere l'espressione confusa, mista a un pizzico di terrore, comparire sul suo volto mentre scopro monete cave, come quelle usate dalle spie per nascondere microfilm, nascoste dietro la foto del Piccolo Padre, e i minuscoli fogli con su scritto teorie complottistiche nel doppio fondo della bottiglia. E che dire della faccia che fa quando trovo casualmente la testa nascosta vicino alla sedia, sotto le assi del pavimento! Sì, un po' mi dispiace, ma in fondo so che sto facendo la cosa giusta: vendo lui per salvare me.

    Lebedev non poteva più aspettare: voleva la testa di Lev Ivanovic Djemrovskij, e la voleva subito, servita su di un bel piatto d'argento, con tanto di prove fasulle che dimostravano che Djemrovskij era una spia. Sin da quando aveva catturato quell'assassino, Djemrovskij era diventato un peso per il Partito, un uomo che sapeva cose che non sarebbero mai dovute venire a galla; e quale modo migliore di liberarsi di qualcuno se non seppellendolo sotto metri di neve? Era quella la fine che lo attendeva, e di lì a poco anche lui l'avrebbe scoperto; Lebedev l'avrebbe accolto nel suo ufficio e poi via, spedito fuori, dritto all'inferno.

    Dicono che questo sia l'Inferno, ma tutto ciò che vedo è ghiaccio e neve. Sono finito in questa terra dimenticata dalla civiltà perché ho creduto di proteggere il mio Paese, quando invece il mio Paese non aspettava altro che potermi incastrare. Trova la testa, trova l'assassino: per loro l'assassino sono io. So che non è così, ma non c'è nulla che io possa fare, se non gelare tra le miniere della Kolyma, e pensare che mi sbagliavo: il disgelo è ancora lontano.
     
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    WOW! Cambiare la visuale da delle prospettive inaspetattate!
     
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    Cambiare l'io narrante è qualcosa che anche a me piace molto. La prima parte mi è piaciuta moltissimo, fino al secondo monologo incluso; il finale però rende onore a tutto il racconto. L'atmosfera e la psicologia dei personaggi fanno entrare dentro ai personaggi ed alle situazioni. Essere fedeli alla causa? Paga? Vale la pena? Dove c'è un Regime c'è sempre da nascondere più di qualcosa. Apprezzato molto il senso e la morale.
     
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    Questo si, credo che sia proprio thriller.
    Sono arrivato in fondo e mi sono reso conto che stavolta non era il male a farmi dolere i polmoni,
    ma il fatto d'essermi scordato di respirare! :huh: :rolleyes: :huh:
    Bravissima!
     
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  5. Foglia d'autunno
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    Racconto grandissimo per trama, lessico, forma e contenuti.
    Cambiare l'io narrante restando nei 20.000 caratteri è impresa titanica: davvero complimenti. :)
     
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    CITAZIONE (Foglia d'autunno @ 16/4/2013, 12:14) 
    Racconto grandissimo per trama, lessico, forma e contenuti.
    Cambiare l'io narrante restando nei 20.000 caratteri è impresa titanica: davvero complimenti. :)

    Quoto, molto ben elaborato in ogni passaggio. ^^
     
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  7. MournfulCreatureOfTheDark
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    Grazie a tutti per i complimenti^^

    CITAZIONE (Erendal @ 15/4/2013, 17:55) 
    Cambiare l'io narrante è qualcosa che anche a me piace molto.

    Piace molto anche a me, soprattutto nei thriller, infatti lo utilizzo molto spesso =]
     
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    EdoHard

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    Spionaggio, politica, sovietici... thriller da grandi!
     
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    Tra i due mi sta più simpatico l'assassino :)

    Bravissima per il modo di scrivere, bravissima per l'idea.

    Il viso dell'avatar mi sembra femminile.
     
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  10. MournfulCreatureOfTheDark
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    Grazie^^

    CITAZIONE (UmanoErrare @ 19/4/2013, 12:28) 
    Il viso dell'avatar mi sembra femminile.

    Il fatto che sia di sesso femminile è l'unica certezza che ho XD per il resto non so chi o cosa sia, né da dove provenga l'immagine, perché l'avatar l'ha realizzato una mia amica dopo che ho scritto in tag "ho voglia di cambiare avatar"^^
     
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  11. Foglia d'autunno
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    Complimenti sinceri: vittoria più che meritata. faccinaokt
     
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    Complimenti Mournful! Il tuo racconto è il vincitore del mese di aprile!



    Ti sto preparando l'attestato! :)
     
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  13. MournfulCreatureOfTheDark
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    Grazie anche qui^^
     
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    Non lo avevo commentato, rileggendolo l'ho apprezzato davvero tanto. L'incededere del racconto tiene con il fiato sospeso e la scrittura è sempre fluida e scorrevole. Voto.
     
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    Irene

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    Complimenti Mournful!
     
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