» La soffitta di InchiostrodiVerso

Shaya

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    Shaya

    Amazzonia_Brasil11

    Sta per calare l’oscurità, il sole viene inghiottito dalle rossastre acque del Rio delle Amazzoni espandendo il suo fastello arancione nella distesa di acqua opaca. La strada è sterrata e la foresta intorno mi appare come un gigante sconfinato. Davanti a me si accende ad intermittenza un’insegna luminosa. Entro facendomi largo tra i due sportelli da saloon, raggiunta la reception cerco di non darmi un’aria troppo snob.
    “Buenos días, señor! Ho prenotato una camera per una, anzi no per due settimane”.
    Dall’altra parte il mio interlocutore ammicca un sorriso schivo.
    “Por favor, perdóname. Il mio nome è senz’altro sulla lista, ero atteso nella mattina. Ma sa, qui i trasporti sono inusuali. Sono in ritardo”.
    Senza degnarmi di uno sguardo lui comincia a sfogliare distrattamente un block notes. Aspetto con pazienza, intanto mi guardo intorno. Le pareti sono dipinte di bianco, le decorazioni quasi assenti o sbiadite. Il tappeto ai nostri piedi è di quelli grezzi. Però mi colpisce il grosso mosaico sul divisorio dei corridoi; il serpente che vi sta impresso sembra volermi mordere, i suoi occhi sembrano veri: vitrei e inospitali.
    “Sono Chris, Chris Parker. Da Londra. Es mi nombre, Chris Parker. Desde Londres”.
    Lascia scivolare i suoi appunti e mi guarda dritto negli occhi stavolta.
    “L’archeologo inglese! Ma certo, come ho fatto a non riconoscerla? L’uomo sulle tracce di Machu Alofa”.
    Resto imbarazzato. Mi disturba sentire nominare la mia valle, tanto da recriminare la sana indifferenza di pochi istanti prima.
    “Machu Alofa? Ma è soltanto una leggenda, quel posto non esiste! Dios mío no. Sono qui per gli scavi di Santa Cruz”.
    Mi guarda con aria diffidente, la scusa non tiene. M’illude di avere distolto l’interesse dal motivo della mia visita mentre sbrighiamo le pratiche per la mia registrazione.
    “Allora buon lavoro, signor Parker. E buona permanenza”.

    Finalmente in compagnia dei miei pensieri. La solitudine per me è buona amica, mi aiuta a riflettere; mi invita a non desistere, a trovare, a credere, a cercare. A sperare che Machu Alofa esista davvero!
    L’ultimo pensiero è sempre per lui. E’ per mio padre John Parker: lui che ha passato una vita, la sua vita, ad inseguire il sogno di riportare alla luce quel dannato posto. Da piccolo lo odiavo per questo. Ma oggi invece sono qui per lui e per le sue ricerche. Machu Alofa gli ha divorato l’esistenza, non gli ha permesso di amare me e mia madre. Non sono mai riuscito a vedere la sua salma dopo il ritrovamento. Dicevano che era irriconoscibile, che era stato dilaniato a morsi, che forse non era nemmeno lui. Scivolo giù con la mente in un breve sonno agitato, ma fortunatamente non c’è tempo per altre interrogazioni mentali. La mattina è già inesorabilmente sopraggiunta con tutto il suo carico di indeclinabili doveri.

    Lascio la camera e mi reco al breakfast. La vetrata davanti mi consegna la meravigliosa vista della foresta. Mi accorgo subito di uno strano tipo in fondo all’ultimo tavolo che mi sta fissando. Si alza dal suo tavolo e viene da me.
    “Hey gringo! E’ solo oppure sta aspettando una bella donna, magari quella mora mozzafiato accanto al piano bar!?”, mi dice puntando l’indice verso il bancone, dove in realtà c’è soltanto un uomo basso e tarchiato indaffarato a preparare un cocktail.
    “Da queste parti non ci sono belle donne. Prego, si sieda pure”.
    Il suo cappello da cowboy è orribile. Il suo fiato pesante è più molesto delle zanzare. Mi aspetta un’altra situazione da gestire.
    “L’ho sentita parlare ieri sera quando è arrivato; è qui per lei, non è vero?”
    “Lei chi?”
    Giro gli occhi dall’altra parte.
    “Suvvia non indugi, io pagherei oro per strappare quella belva alla foresta”.
    Belva? Una valle non può essere paragonata ad una belva!
    “Mi dispiace, sono un archeologo; non sono interessato agli animali, ma a luoghi antichi. E qui non c’è bisogno che glielo dica, è pieno di siti archeologici affascinanti”.
    La mia intenzione di assumere un tono di voce più consono alla situazione invece tradisce la mia ansia. Tuttavia è lui che ha voglia di parlare, riesce perfino a coinvolgermi.
    “Per la miseria, no! Non come lei, e poi Shaya non è una donna qualunque; è un’autentica forza della natura. Shaya es la reina de la selva”.
    “UNA DONNA?”
    Sorrido. Comunque mi attrae il suo modo di raccontare, soprattutto l’idea di questa immaginaria donna selvaggia a cui quest’uomo sembra tenere particolarmente.
    “Ma in che mondo vive! Sul serio non ha mai sentito parlare di Shaya?”, obietta lui mentre intanto mi viene finalmente servito un pessimo caffè con una brioche rappresa.
    “Glielo giuro!”
    “Stia bene a sentire allora, esta historia increíble”, prosegue accostandosi a me per non farsi sentire oltre. “Bueno! Si dice che più di venti anni fa una bambina appena nata fu abbandonata nella foresta, e che sia cresciuta allevata da un branco di feroci animali”.
    “Una Tarzan al femminile!?” Scoppio a ridere, sono scettico nei confronti di questo genere di storie. Mio padre diceva sempre che nel nostro mondo, nella nostra realtà occidentale, le leggende sono all’ordine del giorno. E’ pura fantasia o superstizione, magari per rendere interessante un luogo selvaggio e arido.
    “Ride?!” Obietta lui sputandomi inavvertitamente nella tazzina togliendomi così dall’imbarazzo se berlo oppure no.
    “Probabilmente sono solo dicerie, e questo giustifica la mia reazione. Qui la gente vive di espedienti, la storia della selvaggia è senz’altro uno specchietto per le allodole; mi capisce? Per i creduloni, per quelli come te”.
    Non si offende, vuole solo raccontare.
    “Due mesi fa una squadra di geologi è stata attaccata da qualcosa di strano laggiù nella foresta. E quel qualcosa era una ragazza selvaggia: Shaya, la Regina della foresta”.
    Mentre lo ascolto rifletto su Machu Alofa; certo, questa leggenda potrebbe essere stata inventata per tenere la foresta al riparo da occhi indiscreti.
    “Escúchame! Molti di loro sono rimasti uccisi, ed i pochi che sono riusciti a tornare indietro giurano che Shaya sia una vera e propria lince scatenata, una belva assetata di sangue. Pericolosa e completamente primitiva; la presenza di altri esseri come lei la infastidisce”.
    “E fisicamente?”
    “Mujer sensacional, salvaje y hermosa. E’ sexi, è irriducibilmente sexi”, ribadisce lui appagato dall’immagine della donna che probabilmente si staglia nella sua immaginazione. “Dicono che se ne vada a passeggio per la foresta quasi completamente nuda con un minuscolo tanga di pelle nel basso ventre ed una specie di body vegetale sul davanti a foderarle il magnifico seno. Bruna, con lunghissimi capelli ricadenti lungo tutta la schiena oltre i fianchi, carnagione chiara e sguardo cattivo: bella si, ma decisamente selvaggia”.
    Mi fa quasi tenerezza, tuttavia non evito di colpirlo con il mio sarcasmo.
    “Di donne che uccidono ne conosco fin troppe, anche Londra ne è piena! Pensi che la ex-moglie di mio fratello è un dirigente, eppure si sta facendo pagare fior di alimenti!”
    “Dannazione, non scherzi! Shaya è capace di uccidere anche a sangue freddo tagliando con un morso la giugulare di chi cerca di avvicinarla. Possiede due poderose zanne ricurve al posto dei canini, ed è proprio con quelle che divora gli uomini. Muerte”.
    “Sorprendente, davvero sorprendente; allora perché incontrarla se è così pericolosa?”
    Mi alzo in fretta senza lasciargli altro tempo di dire e guadagno l’uscita.

    Eccomi di fuori, a contatto con la natura. Il sole è alto e filtra tra le fronde degli alberi creando un meraviglioso gioco di fasci di luce. Sono felice in mezzo alla natura. Spesso la mia attività si è svolta al chiuso chinato su libri a fare ricerche, oppure seduto su una cattedra a tenere lezioni. L’atto pratico è un’altra cosa: ci sei tu con l’ambiente, e l’impatto è sempre meravigliosamente devastante.
    Seguo un sentiero con la mappa di mio padre in mano. E’ solo un’esplorazione conoscitiva. Presto attenzione, ma presto comincio a pensare che questo mio blitz solitario sia stato un’autentica imprudenza. Di solito si parte in spedizioni organizzate, con guida fidata del posto ed agganci durante il tragitto. Soltanto un folle sarebbe partito in silenzio come me. Ma questo sogno appartiene soltanto a me, ed a mio padre; e non intendo condividerlo con nessun’altro.
    Intanto s’interrompe il sentiero, di fronte a me una parete di erbe rampicanti: verdi, folte, troppe! Comincio a farmi largo dividendole con il mio coltello da caccia. E’ appena un attimo, sento mancare la terra sotto i piedi! Quel muro di piante altro non era che una trappola della natura avanti la quale una spaccatura del terreno mi lascia precipitare a valle. L’impatto è terrificante, resto disorientato e tramortito tra le braccia della mia impotenza ed il dolore fisico della caduta. La vista è annebbiata e la voglia di chiudere gli occhi tanta. Non devo, se li serro sarà per non riaprirli mai più. E poi lo so, le bestie arriveranno al calare del sole a divorare il mio corpo, la stessa maledetta sorte di mio padre.

    Sarei finito col darla vinta alle tenebre se un fruscio non avesse sollecitato la mia attenzione risvegliando il mio istinto di sopravvivenza. Sollevo a fatica il capo, intravedo un’immagine umana.
    “A I U T O !”
    Si avvicina , si tratta di una donna. E’ giovane. E’ un’apparizione? No, diamine;ì è proprio lei: la Reina Salvaje. “SHAYA!!! Tu sei Shaya, non è vero?”
    La mia percezione della realtà è distorta; ma non mi sembra una rozza primitiva, nemmeno feroce. Eppure mi toglie il respiro. I suoi occhi penetranti mi lasciano trasalire. Sta immobile davanti a me attenta a scrutare ogni mio movimento.
    “Sei arrabbiata? Tu non vuoi che nessun’altra persona attraversi la foresta perché appartiene a te ed agli animali; vero?”
    Lei non dice una parola, però ascolta.
    E’ un attimo, mi solleva energicamente da terra e comincia a trasportarmi. Mi guarda, continua a farlo ad ogni passo e sembra farlo con dolcezza. I suoi occhi adesso sono profondi, inesplorati, vivi. Ha capito che sono inoffensivo, che ho bisogno di cure. Sicuramente quegli esploratori avranno cercato di farle del male, allora lei sarà stata costretta a difendersi.
    Mentre continuiamo il nostro tragitto dietro di noi ci sono a seguirci dei segugi, grossi cani da caccia; magari proprio loro hanno aggredito gli uomini finora scesi fin qui, per proteggere la loro Reina. Senz’altro sono loro gli animali con le zanne. Non lei.
    Chiudo gli occhi e l’incanto della foresta mi rapisce. Risaliamo la valle, quindi Shaya mi poggia delicatamente accanto ad un albero sopra un cuscino di muschio, nella grossa radura dalla quale avevo dato inizio all’escursione; poi fugge lesta.

    Quando riprendo cognizione mi trovo disteso su un letto d’ospedale. Ho la flebo ad un braccio e la fronte bendata. Dovrei essere contento, invece mi manca l’odore della natura ed anche i suoni della boscaglia. Soprattutto mi manca lei, Shaya. Mi ha lasciato all’ingresso della foresta affinché qualcuno del mio mondo potesse trovarmi.
    Si apre la porta della stanza ed entra una minuta biondina accompagnata da una mielata fragranza. Si siede al lembo del letto con fare confidenziale, quindi con un gesto elegante accavalla le gambe. Mi sorride maliziosa mentre con la mano si sistema la folta capigliatura.
    “Bentornato”. Mi accoglie con voce accattivante. “Jennifer Logan, molto lieta”.
    “Chris… Chris Parker”, rispondo. “Scusami, ma sono un po’ frastornato;
    sei stata tu a trovarmi nella foresta?”
    Resta in silenzio per alcuni istanti fissandomi con i suoi occhi azzurri.
    “Sono stati i pionieri, i pattugliatori della zona; io ti ho soltanto visto arrivare”.
    I suoi occhi! Il suo sguardo diventa all’improvviso ingombrante quando sfoglia tra le dita qualcosa che per me è molto importante.
    “Mi sono permessa di dare un’occhiata ai tuoi appunti; le ricerche nientemeno che di Sir Parker. Wow, ho messo le mani su qualcosa di grosso”.
    Gli appunti sono il nostro segreto, mio e di mio padre; finora non li aveva visti nessuno. E sono l’unico ricordo tangibile che ho di mio padre. Lei non doveva permettersi né di prenderli né tantomeno di sfogliarli.
    “Perché ti sei permessa di rovistare nelle mie tasche?” Non ho forze per arrabbiarmi, avrei preferito morire nella foresta che dividere i segreti di mio padre; per di più con una completa sconosciuta.
    “E’ il mio lavoro cercare informazioni, è quello che faccio; sono una giornalista del Chronicles”.
    Si alza in piedi e comincia a passeggiare nella camera.
    “Le tue ricerche sono uno scoop, se trovi quello per cui sei qui; ed io ho scelto di credere nella tua… ehm.. nella vostra storia. Dobbiamo solo dividere la gloria, e soprattutto il denaro”.
    “Sei un’arrivista!”, replico cercando di alzarmi dal letto. “E per giunta americana!”
    “Allora, dimmi che devo fare; aspiri a restare nell’anonimato finché non ti rimetti in salute, oppure preferisci che interpelli le autorità, il governo peruviano con le sue Forze Armate?”
    “Va bene basta, hai vinto tu!”
    Provo rabbia, ma non ho scelta; se non accetto le sue condizioni verrà qui molta gente a farmi domande ed io non lo sopporterei.


    Sono passati tre mesi dalla precedente missione nella foresta. Una jeep ci restituisce alla foresta, io e Jennifer. Le redini della spedizione sono passate a lei. Tuttavia è abile a trattare, ha un sorriso che inganna; i contatti che hanno disposto la (sua) seconda spedizione lo dimostrano in pieno. Sa quello che vuole e come ottenerlo; e non è tutto, proprio il fatto che io riesca ad apprezzarla per questa sua sfrontata qualità fa di me un suo succube.
    La seguo cercando di non ragionare troppo, pensando a Shaya. Mi serve per distogliere l’attenzione da Jenny e dalla sua insopportabile capacità di adattarsi ad ogni situazione. Forse il suo innato talento va di pari passo con la sua ambizione, ed anche con la sua arroganza.
    Siamo di nuovo alla parete di piante rampicanti, cominciamo a calarci giù per il dirupo fino al masso sul quale la volta precedente mi ero schiantato. Non una parola tra noi, soltanto sguardi. Aggiriamo l’ostacolo e siamo davanti ad una distesa di erba verdissima, compatta; rilucente al sole. Mi fermo ad osservarla, quel colore così verde ed intenso non mi convince, ho come la sensazione che non si tratti proprio di erba.
    "Jenny, fermati!"
    Sabbie mobili! Un classico. Ma è troppo tardi, sta già penetrando in quella fanghiglia travestita da terreno erboso. Vedo le sue gambe affondare lentamente, il peso del corpo la sta spingendo verso il basso.
    “Dannazione Chris, sto inabissando”.
    Questa volta il suo sguardo è atterrito e disorientato. Resto impietrito. La foresta mi appare di nuovo gigante come un mostro assetato di vite umane, i suoi occhi sono atroci come il serpente del mosaico. Intanto Jenny vorrebbe chiedermi aiuto; eppure non dice nulla.
    "Non ti agitare e distenditi sulla pancia, o qui finisce che vai giù prima del tempo", le dico d’istinto. Mi stendo per terra e le porgo la mano. Non fa nulla per afferrarla! "Ma cosa stai aspettando, maledizione!", continuo ad imprecare.
    "Non voglio!”
    "Non fare la stupida ed afferra subito la mia mano".
    I suoi occhi blu e la loro luce mi guardano ancora. Jenny che sta per affondare. Ha perso la sua superbia e prova finalmente a porgermi la mano.
    "Potresti pentirtene, sai".
    E’ già affondata abbastanza, non credo che riuscirò a metterla in salvo. Sto quasi per inveire di nuovo quando sento dietro di me una presenza calda e rassicurante, un respiro leggero. Mi volto e… davanti a me c'è lei!
    “SHAYA!”
    Mi fa cenno di sporgermi di più, sarà lei a reggermi. La fortuna è dalla nostra parte e con un po’ di coraggio riesco ad osare fino a raggiungere le mani di Jenny e tirarla via dalla palude. Jenny non si è accorta della presenza di Shaya.
    Jenny batte i denti, rigurgita in continuazione acqua e sabbia. Mi tolgo la mimetica per avvolgere il suo corpo intirizzito. Poi quando mi giro verso Shaya per ringraziarla lei è già scomparsa. Ma non il suo selvatico profumo.
    Non avverto più alcuna sensazione di paura, la foresta è tornata un’amica. Il sole è ancora alto ma non lo sarà per molto; la radio è fuori uso, la portava lei. La decisione di accamparci lì per la notte è rischiosa, anzi è un’autentica follia. Ma che posso fare? Il pensiero che Shaya sia vicino a noi non mi impedisce di compiere anche questa ennesima pazzia. Ma ne vale la pena, il tramonto amazzonico visto dall’interno della foresta è uno spettacolo unico: come si fa a raccontare l’intreccio dell’arancione del cielo con il grigio perla delle acque? Ed il suo giungere è rapido quanto suggestivo, la foresta ed il suo suono ci avvolgono in un abbraccio onirico sopra al quale un cielo costellato di stelle ci osserva. E’ magnifico il suono della notte quando ti avvolge nella sua apparente quiete, e se chiudo gli occhi e mi concentro riesco a sentirla: Shaya è lì da qualche parte, vicino a noi. Non esiste pericolo perché lupi o fiere notturne ubbidiscono al richiamo della loro regina.

    C’è calma piatta intorno, Jenny dorme. Sto quasi per assopirmi anch’io quando uno fruscio mi restituisce vivacità.
    “Ti aspettavo, sai? Ci speravo!”
    E’ accompagnata dai suoi segugi, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. A vederla ora non è bella, non è femminile, è ricurva sulla schiena. Ma questo non le impedisce di essere dolce. Per me lei è bellissima.
    Sembra sorridermi, con un cenno della mano mi invita a seguirla. Shaya capisce; accarezza sul dorso i suoi fidi scudieri lasciandomi intendere che resteranno loro con Jenny. Shaya mi porta via da ogni indugio afferrandomi per la mano e trascinandomi verso la parete di piante rampicanti.
    Shaya comincia ad arrampicarsi, ed io con lei; quando arriviamo di sopra si infila dentro ad un stretto cunicolo. Io sempre dietro. Shaya si muove con passo sicuro lungo gli oscuri labirinti di quella umida grotta, sono molte le svolte che percorriamo, per rivedere finalmente la luce della luna e delle stelle. Si torna allo scoperto dall’altra parte! E’ una vista incredibile quella che mi rischiara il volto: la valle di Machu Alofa con il suo splendido palazzo è davanti a me.
    Shaya mi prende nuovamente per mano e mi trascina euforica all'interno del palazzo. Una sala immensa piena di archi, colonne, mosaici; sulle pareti più interne una serie di pitture raffigurano le forze della natura.
    Anche qui si susseguono una serie di trappole dalla natura a proteggere l’ambiente ed il suo millenario segreto; resto ancora più sorpreso nel notare come rettili e serpenti si scansino al passaggio di Shaya, anche il terribile nacanaca striscia lontano al nostro arrivo. Quindi Shaya mi fa scendere giù per un piccola scala dietro ad un altare pagano: una cripta all'interno della quale riposa, coperto da un sarcofago d'oro pieno di brillanti, il mitico e finora disperso Re del Palazzo. Una statua d’oro massiccio troneggia accanto al sarcofago; poi ecco una serie di scrigni semichiusi dai quali risalta un’intensa corona luminosa. Oro, una moltitudine di oro!
    “Questa è la tua casa, vero Shaya?”.
    Vorrei abbracciarla, ma non lo faccio; forse perché ho paura di affezionarmi troppo a lei, o forse perché mi sto innamorando. Appena all’aria aperta, sotto al cielo stellato, colgo un astro più brillante degli altri e subito lo ricollego alla stella di mio padre.
    "Papà, hai visto? Ce l'abbiamo fatta!”
    Piango, e sono felice. Ho appena coronato il sogno di due vite.
    Resto con lei per tutta la notte. Non abbiamo fatto l'amore ma è stato bellissimo lo stesso. Shaya non è soltanto una donna, è un mito dentro la leggenda. Ecco perché questa valle ed il suo segreto rimarranno un mistero. E quando sopraggiunge il giorno io sono di nuovo da Jenny.
    "Buongiorno Chris, lo sapevo che non mi avresti lasciata sola".
    Stento a riconoscerla, è molto diversa da prima.
    "Come stai?”
    “Direi bene. E non fare quella faccia; sì, sono io!”
    Rovista nel suo zaino, mi porge il diario con gli appunti di mio padre.
    “Riprendilo, e torniamo indietro”.
    E mentre io e Jenny ce ne torniamo indietro Shaya intanto corre libera e felice nella foresta.



    FINE
     
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    Irene

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    La conoscevo già! ^^
    Hai tagliato alcune belle descrizioni... però la storia è bella lo stesso.
     
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    Elfo

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    CITAZIONE (Miss Loryn @ 2/10/2013, 11:21) 
    La conoscevo già! ^^
    Hai tagliato alcune belle descrizioni... però la storia è bella lo stesso.

    Grazie! In pratica ho tagliato tutto l'ultimo capitolo, più tutta la descrizione centrale della foresta... e buona parte della descrizione del Palazzo. :)
     
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  4. Foglia d'autunno
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    Una bella storia scritta, come al solito, con grande perizia: complimenti. :)
     
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    ::: AniMangaManiaca :::

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    Bella. È una storia classica per quanto riguarda la figura dell'archeologo alla ricerca dei tesori (e il fatto che la ricerca di questa valle perduta sia condivisa da due generazioni di studiosi, mi ricorda Indana Jones e suo padre :D), e anche il tema della ragazza selvaggia cresciuta dagli animali non mi è nuovo. Ma l'unione di questi due temi ha dato vita ad un brano ricco di descrizioni e con un protagonista ben definito, il cui amore per il padre è forte e commovente. Shaya resta una figura misteriosa, di cui si vorrebbe sapere di più, ma l'atmosfera da romanzo d'avventura c'è tutta.
    Davvero un bel brano, complimenti. :D
     
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  6. MournfulCreatureOfTheDark
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    Bel racconto e ottime le descrizioni, come al solito; c'è una cosa che mi ha fatto rizzare i capelli, ossia
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    E’ sexi, è irriducibilmente sexi

    Ma è solo una piccola sbavatura ;)
     
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    CITAZIONE (MournfulCreatureOfTheDark @ 31/10/2013, 12:36) 
    Bel racconto e ottime le descrizioni, come al solito; c'è una cosa che mi ha fatto rizzare i capelli, ossia
    CITAZIONE
    E’ sexi, è irriducibilmente sexi

    Ma è solo una piccola sbavatura ;)

    Ah ah... hai ragione!!!! :)
     
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    Questo racconto è un sogno!!!! Bravissimo.
     
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    Commovente, e non esagero.
    Scritto perfettamente, se non fosse per le troppe ripetizioni dei soggetti nelle varie frasi, mentre potevi benissimo sottintenderli. :)
     
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    ♥ Irie & Kotoko ♥

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    E' pregno d'avventira in ogna frase, ed avvincente. Io non ho trovato ripetizioni, ma un testo molto scorrevole e lucido.
     
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  11. Foglia d'autunno
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    Ancora una volta congratulazioni: vittoria meritatissima :)
     
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    CITAZIONE (Nozomi Yumehara ¥ @ 31/10/2013, 16:09) 
    Questo racconto è un sogno!!!! Bravissimo.

    Sono sempre più indecisa sul voto... accidenti!
     
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11 replies since 1/10/2013, 11:27   377 views
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