» La soffitta di InchiostrodiVerso

Tre dimensioni

Dove le terre lontane sono... così lontane, così vicine.

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    Avete presente quei giorni di metà autunno, quando inizia a farsi sentire il freddo invernale, ma non è ancora il tempo della veste funerea di cui si ammanta la natura? Avete presente i fischi del vento che invitano al letargo, l’ocra delle foglie, il lento venir meno dei gorgoglii degli uccelli, che cercano nuova dimora? Proprio in un giorno come questo mi avviavo, alla ricerca di una risposta troppo difficile da trovare, soprattutto perché non era chiara nemmeno la mia domanda.
    Quarant'anni. Quarant'anni spesi a cercare, a rinchiudermi come a confrontarmi, quarant'anni di continue riflessioni ed azioni nel tentativo di ritagliarmi uno spazio dentro e al tempo stesso contro le pressioni di una società dirompente. Una società che m’aveva sempre stimolato, nel bene come nel male, dandomi input agrodolci di dubbia interpretazione. Un mondo che non m’aspettavo s’era aperto, a me ancora troppo giovane per non volerlo più esaminare e vivere, ma già troppo vecchio per non esserne disincantato.
    La cultura di oggi…Violenza chiama violenza, ed ecco il neo-noir, la nuova avanguardia cancellare la vecchia fatta di ideologie e paroloni: su richiamo americano, ecco la scrittura pulp-splatter-cyberpunk, con gioventù cannibali, visioni apocalittiche, stragi ed ironia, assoluto disimpegno politico (anzi un po’ d’anarchia… nel mezzo).
    La società di oggi… Passano i governi, cambiano le repubbliche (ho perso il conto: saremo arrivati alla terza?), ma la gente sempre a non capire, e dunque a protestare, a mugugnare, a brontolare-bofonchiare-borbottare-subbugliare, o a cercare di restare in piedi.
    E al di là del governo? La scienza a galoppare, scontrandosi con l’etica, la tecnica a informatizzare il meccanico, costruendo vite nuove che chiamano virtuali, i giovani a scontrarsi, o a fare gruppo in orrendi grattacieli orizzontali, che chiamano discoteche, con ritmi alienanti che subiscono da servi onde poi schiantare il corpo contro qualche palo, e quando non il corpo, la testa, contro dimensioni che nessuno vuole più capire, abbacinati da droghe o leggerezza totalizzante.
    Me ne andavo con in testa questi pensieri, io, un laico strenuo difensore della morale (ma non abbastanza per potermi definire un idealista), e cercavo qualcosa che forse solo la fede aveva saputo dare, ed oggi era in crisi: qualcosa che non è definibile con quattro parole, che non è intrappolabile nelle maglie del solito discorso, fatto di denuncia, di critica, ma anche dell’inevitabile qualunquismo: il discorso dell’insoddisfatto. Forse cercavo un’identità, concetto troppo arduo per il pecorame di oggi, perso dietro quattromila edonismi e una preoccupante deresponsabilizzazione con relativa fuga. Ma io non avevo la pretesa di stare su un piano più alto: solo, mi mancava questo già tenuemente definito qualcosa.
    Andavo, trovai una strada. Una strada brecciata, ornata da piccole rocce, o meglio da frammenti di queste, e sembravano perle, che pur senza il loro habitat naturale, il mare, erano come gocciolanti ed emanavano riflessi argentei, madide di non so quale regale liquido. Era una strada che non avevo mai visto, ma che mi ricordava quell’atmosfera raffinata e rarefatta delle favole di Wilde, infatti la costeggiava un verde intenso, che si estrinsecava in alberi e cespugli d’ogni sorta, e sui rami uccelli e scoiattoli, e c’era anche un gufo, che non sembrava più il tetro annunciatore di sventure, bensì l’angelo di chissà quale focolare, beneaugurate compagno di viaggio, dolce menestrello che cantava una nenia incantevole ed indescrivibile.
    Avevo perso la via di casa, ma ne avevo trovata una nuova, e mi tornava alla mente il nostro vate, quel Dante che aveva fantasticato di una selva oscura, solo che ora non belve, ma animali sorridenti attraversavano il mio procedere, e io li accarezzavo, vedendoli mansueti e dalle buone intenzioni.
    La ragione cercava di ricondurre il tutto nei suoi schemi logici e mi parlava di un possibile sogno, o di un’allucinazione o di una fantasia a occhi aperti, o, malaugurata e mal disposta Cassandra, m’invitava a pensare che fossi morto: così, senza che me ne fossi accorto perché il contesto altro non poteva essere che l’Al di là. Ma il sentimento aveva il sopravvento, e quel senso di pace non poteva essere coartato dai riduttivi meccanismi del nostro pensiero, e la quiete mi prendeva l’anima e ridiceva: "Qui potrai finalmente amare, era questo il posto che cercavi". Guardandomi intorno, ora vedevo tutti i miei amici e le persone cui volevo bene, e anche i nemici non avevan più un volto ostile, e sentivo che tutti eravamo fratelli, che si era avverata l’utopia dell’umanità, dei cristiani come dei comunisti, di ogni profeta che aveva voluto portare un messaggio di speranza.
    Rividi anche i morti che avevo visto spirare, dal volto non più terreo come li ricordavo, ma con un sorriso benevolo, come a dire che niente finisce davvero, niente può finire di un creato che non è destinato a consumarsi.
    Al colmo della gioia volevo fermarmi ed assaporare i frutti di questo bene che vedevo versato in dosi cospicue come mai, ma le gambe andavano avanti e non riuscivo a bloccarle, e già vedevo in fondo un monte e scavata nel monte una galleria. Non capivo che il mio destino era entrare lì e vedere cosa avrei trovato in quel luogo in penombra, tenebroso, misterioso, tanto diverso da quello in cui ancora mi trovavo, vivificato da luce e radiosità!
    Ed entrai nella galleria, e là vidi invece il male, e non era un male astratto, ma concreto. Rividi gli incubi di Poe e Lovecraft, e strumenti di tortura, uomini in lotta, armature e guerre: il tutto, racchiuso in pochi metri. E vidi il demone della morte glorificare la vendetta e la condanna, la speranza soffocata dall’indifferenza, e bambini denutriti che mi guardavano disperati per poi arrancare e cadere rantolando.
    E la mia anima si sentì trafitta, e tentai di correre in preda al terrore, ed invece camminavo, sempre allo stesso modo, come quando ero su quella strada beata. Ma già si intravedeva l’uscita, e man mano che mi avvicinavo ad essa riprendevo una certa speranza, e tornava in me una certa allegria, accompagnata anche, però, dal timore dell’ignoto, perché una nuova dimensione mi si apriva davanti, e non sapevo, non potevo sapere se sarebbe stata gioiosa come la prima o funesta come la seconda.
    Uscito dalla galleria, mi apparvero dei luoghi familiari: strabuzzai gli occhi, ormai abituati a quel buio crepuscolare, e capii che mi trovavo semplicemente in un posto normale, vicino a delle case che avevo già visto. Guardando attentamente, riconobbi persone che mi venne istintivo salutare: certo, perché le conoscevo! Ero tornato a casa, dopo aver fatto un’esperienza indimenticabile, destinata a lasciare il segno. Visione, sogno o che altro, era stata un’avventura straordinaria, e capii che aveva voluto significare.
    Mi era stata data la possibilità di sapere a cosa sarei andato incontro nel prosieguo della mia vita: il bene e il male, la luce e il buio, e afferrai il perché di una tanto realistica allegoria.
    A me, come ad ogni persona che si faccia un’analisi di coscienza, è dato scegliere quale strada imboccare. E di viverne le conseguenze.
     
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  2. Foglia d'autunno
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    La vita come avventura nelle sue contraddizioni, come avventura prima e ultima. O, per riassumere: vita = avventura.
    Le considerazioni del protagonista nella parte iniziale, descritte in poche stupende parole che raccolgono tutti i dubbi da esse derivanti, sono un po' quelle dell'autore o sbaglio? :)
     
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    ::: AniMangaManiaca :::

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    Il tuo brano mi ha dato la sensazione di essere una specie di Divina Commedia all'interno di se stessi e della propria vita: sono presenti molte riflessioni ed è sempre affascinante l'idea di viaggiare all'interno della nostra anima, alla ricerca della luce e dell'oscurità che portiamo dentro.
    L'idea dell'avventura all'interno di se stessi mi piace, perché ho sempre pensato che dentro ogni essere umano ci sia un intero universo da conoscere ed esplorare.
    Personalmente però, penso che la mancanza delle scene d'azione porti il brano ad essere molto più di genere introspettivo, che d'avventura. Ho l'impressione che qualche scena dettagliata adrenalinica, avrebbe giovato al testo. :)
     
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    Irene

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    La prima parte è molto coinvolgente, poi la trama si disperde fino a dire poco o niente.
     
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  5. MournfulCreatureOfTheDark
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    Ho trovato molto interessante e ben scritto il racconto, soprattutto la prima parte, e mi piace il binomio vita/avventura; chiudo facendoti i complimenti^^
     
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    Narrativa-introspettiva? Ottimo. ;)
    Il racconto mi è veramente piaciuto, soprattutto nello svolgimento iniziale.
    Nella parte del "male" forse hai descritto un po' frettolosamente la vicenda, ma comunque è un ottimo operato. :)
     
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    ♥ Irie & Kotoko ♥

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    Molto bello, intenso ed introspettivo; lo volevo commentare da giorni e ci riesco appena adesso.
     
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6 replies since 14/10/2013, 18:45   37 views
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