Conseguenze

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    Cavaliere di Corte

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    L’arrivo a Monaco fu per Celia Rhibas un'emozione indimenticabile sin dal momento in cui scese la scaletta dell’aereo e che continuò a pervaderla per tutto il tragitto di trasferimento al villaggio olimpico sul pullman della Federazione Cubana di atletica leggera.
    Monaco, un sogno che, data la sua giovane età, 18 anni, credeva irrealizzabile ma al quale aveva dedicato due anni della sua vita, in snervanti allenamenti, ore di prove sui blocchi di partenza e giornate intere di palestra. Ora quei momenti rivivevano vividi in lei, una chicas dei sobborghi dell’Avana, nata da una povera famiglia di pescatori e notata da Juan Garay, preparatore della squadra di atletica leggera di Cuba, che l’aveva portata a vincere i Campionati cubani juniores. Celia aveva un fisico statuario, ma esile, di una eleganza quasi felina, che non passava mai inosservato.
    Quel giorno, mentre si allenava a Playa del Este, una delle spiagge vicine a l’Avana, Juan le si era avvicinato e, correndole a fianco, le aveva semplicemente detto: “Ehi chica, da domani presentati alla Chiudad Universitaria che iniziamo a prepararci per le Olimpiadi di Monaco, sei in squadra per i 100 mt.” Celia sapeva di essere forte, ma la gioia fu talmente grande che allora non riuscì a spiccicar parola e rispose “sì” con un cenno della testa.
    Ed ora eccola lì, lei così felice di servire il suo paese, comunista convinta e grande estimatrice di Che Guevara e del suo Leader Maximo Fidel, a guardare incantata gli stupendi palazzi di Monaco, mentre il pullman attraversava i quartieri ovest della città diretto all’Olympiapark dove era situato il villaggio olimpico.
    Poi furono solo atletica e gare; batterie dei 100 mt. con 11”18, quarti di finale 11”22, semifinali al risparmio 11”33 dietro l’australiana Raelene Boyle e relativa qualificazione alla finale dove si sarebbe confrontata con una delle più veloci, la tedesca dell’Est Renate Stecher, circondata da voci che sostenevano fosse in odore di anabolizzanti, cosa che lei aveva sempre rifiutato di prendere, mantenendo un corpo splendido a discapito delle prestazioni in pista.
    Per questo spesso Juan, sorridendo, le diceva : “ La tua scelta, Celia, ti costerà qualche centesimo in gara ma farà felice colui che poi ti sposerà “.
    Lei aveva già avuto due amori entrambi finiti a letto, conclusi a causa degli impegni che l'atletica comportava.
    La sera prima della finale Celia, con le altre ragazze cubane, si ritrovò al bar del villaggio, frequentatissimo, dove ovviamente c’erano splendidi ragazzi di tante nazionalità, fra i quali però risaltavano in particolare gli americani; erano un po’ strafottenti e sicuri di sé, sia per la consapevolezza di essere fra gli atleti più forti, sia perché credevano di essere i padroni del mondo e forse lo erano davvero: per quest'ultimo motivo Celia li odiava un po’. Per questo e per i rapporti tesi che legavano le loro due nazioni d'origine, agli antipodi come mentalità e modalità di vita.
    Uno in particolare la colpì e, nonostante la avversione a tutto ciò che era americano, ne fu attratta: alto, biondo, occhi azzurri; a differenza degli altri indossava pantaloncini corti che ne mettevano in risalto i muscoli scolpiti e, sopra, la bellissima giacca della tuta sulla quale risaltava la targhetta della bandiera USA.
    Lui le si avvicinò e si presentò: “ Dennis Mitchell “ - disse - “ ho visto le tue gare, so che sei in finale, sei stata splendida e... sei splendida”, guardando le sue lunghe gambe affusolate, dato che anche lei era in pantaloncini corti.
    Lei arrossì ma il colore della sua pelle scura la difese dagli sguardi indagatori di lui; poi proseguì : “ Anche io sono in finale: domani, subito dopo la vostra corsa, tocca a noi uomini e ho intenzione di vincere e migliorare il mio record”. “Presuntuoso” pensò lei, ma non lo disse e invece fece un gran sorriso augurandogli di realizzare il suo sogno e augurandolo anche a se stessa. Poi fu un parlare fitto, pieno di notizie sui loro rispettivi mondi, fatto di sguardi invitanti e piccole carezze conturbanti. Sì, indubbiamente Dennis le piaceva e non ostacolò il suo corteggiamento, neanche quando finirono per parlare del sesso prima di una gara con pareri discordanti e con allusioni ed inviti da parte di lui a provare, tanto avevano quasi ventiquattro ore di tempo per recuperare. Lei rideva divertita, ma nel frattempo lui le aveva preso una mano fra le sue e l’accarezzava.
    Pochi minuti dopo, quasi come in un sogno, Celia si trovò distesa sul letto della camera di Dennis; una parte di lei diceva di non farlo, l’altra parte lo desiderava ardentemente. Lui aveva un corpo meraviglioso e lei non era da meno e pareva che i due corpi urlassero la voglia di appartenersi. Fu un'ora di sesso intenso, quasi parossistico, dove la lunga astinenza giocò un ruolo importante , ma non solo quella, a lei quel ragazzo biondo piaceva davvero e la sua mente, come per incanto, aveva già cominciato a fare sogni impossibili…
    Poi lui, esausto, le diede un bacio e si addormentò e lei si rivesti e scappò come una ladra in camera sua, dove le compagne non erano ancora tornate. Si addormentò mentre continuava a ripetersi: “ Cosa ho fatto... come ho potuto... proprio alla vigilia di una gara così importante... Juan, perdonami “, mentre ancora il suo corpo era immerso nel piacere dell’amore di poco prima.
    La mattina dopo Celia cercò Dennis e lo trovò che stava facendo colazione con altri suoi compagni di squadra; voleva dirgli che lei non era quella che poteva sembrare, che non era una puttana come si diceva fossero tutte le donne cubane; per non farsi sentire dagli altri, le parole: “ Scusa posso parlarti? “ furono un sussurro, tanto lui avrebbe capito. Invece Dennis la guardò e, ad alta voce, le rispose: “ Chi sei, io non ti conosco, cosa vuoi da me? “ Lei scappò piangendo con in corpo una rabbia tale da farla tremare, rabbia e tremito che la permearono fino alla finale.
    Finale dei 100 metri femminili: Clelia, sistemati i blocchi di partenza, ne provò due o tre, le gambe rispondevano male ma la rabbia era tanta e gradualmente riacquisto la sua sicurezza; lo sparo segnalò la partenza e lei scattò.
    Fu una corsa alla cieca, non guardò mai le sue avversarie, percepì però di essere arrivata spalla a spalla con un'altra e seppe poco dopo dal tabellone che con il suo 11”24 era terza per un centesimo dietro l’australiana Raelene Boyle e di aver vinto la medaglia di bronzo; un centesimo, pensò, senza anabolizzanti e dopo aver fatto all’amore la sera prima… due lacrime le scesero dagli occhi ma non per la sua scelta di non drogarsi.
    Due ore dopo, finale dei 100 metri maschili; Celia, seduta sugli spalti con la sua medaglia di bronzo appesa al petto, vide Dennis: era in terza corsia.
    Impossibile non notarlo: era il più alto e anche il più bello; dopo pochi attimi dalla partenza lei ebbe la consapevolezza che lui non avrebbe mai vinto, sembrava che le sue gambe fossero di gomma: perse immediatamente terreno, davanti a tutti Carl Lewis sembrava volare.
    Al traguardo Dennis arrivò solo quarto dietro ad un altro suo connazionale, Calvin Smith, poi cadde rovinosamente a terra quasi privo di sensi e in debito di ossigeno, sotto gli occhi preoccupati di molti spettatori. La bocca di Celia si aprì in un sorriso sardonico mentre sussurrava: “Crepa, bastardo, crepa “.


    Per Carl Lewis fu record del mondo 9”92.
     
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  2. Foglia d'autunno
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    Racconto scritto in modo accattivante, idea originale che sviluppa una trama ben delineata, ottima forma: ricambio il complimento e dico che anche tu puoi annoverarti tra i prosatori, quelli in gamba. :)
     
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    Cavaliere di Corte

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    :) Queste parole mi fanno felice... ma ti ricordo che quando scrivo prosa sudo e mi esaurisco in breve tempo; quando scrivo poesia sogno e mi rilasso anche solo nella ricerca del miglior modo per esprimere le mie emozioni.
    Quando scrivo poesia è uno sfarfallare con le mie emozioni.
    Grazie di cuore!
     
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    Un racconto molto bello davvero!

    CITAZIONE (al44to @ 13/9/2015, 17:21) 
    le parole: “ Scusa posso parlarti? “ furono un sussurro, tanto lui avrebbe capito. Invece Dennis la guardò e, ad alta voce, le rispose: “ Chi sei, io non ti conosco, cosa vuoi da me? “

    A questo punto ci sono rimasta malissimo... :cry:
     
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    Cavaliere di Corte

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    A questo punto ci sono rimasta malissimo... :cry:

    Grazie lonelyone, anche io sono rimasto sorpreso delle mie parole, nello scrivere questo passaggio, io se fossi stato al posto di Celia, ma sono un uomo, " Bastardo " glielo avrei detto in faccia " Celia ha seguito la massima cinese " Siediti sulla riva del fiume e prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico " e così è stato.
     
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    Come si dice "tutto arriva a chi sa attendere", no?
     
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    Da una porta segreta la trasparenza delle stelle.

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    Un racconto accattivante, concordo. Mantiene l'attenzione salda lungo tutto lo svolgimento della narrazione, suggerendo la morale al lettore: le passioni hanno bisogno di una dedizione totale per poter raggiungere il loro massimo! Niente male, forse qualche virgola che per mio gusto personale avrei gestito in maniera diversa. ^_^
     
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    Irene

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    Very good, expert boy! ^^ E quelò "Crepa bastardo!" ci sta veramnete tutto. La narrativa inizia a scorrerti nelle vene.
     
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    Cavaliere di Corte

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    Grazie Kira per i complimenti, nonostante la punteggiatura che visto la mia manchevolezza in tal senso, la avevo fatta controllare da un amico che insegna Lettere in un liceo classico... e grazie anche a te Miss, sì! quel " Crepa Bastardo " è quello che quel tipo di uomini si meritano!
    Adesso voglio farvi ridere, ho appena sentito per televisione un pensiero che a mia volta mi ha fatto ridere e che riguarda voi donne, eccolo : " Se gli uomini, come spesso le donne dicono, sono tutti eguali, perchè li scelgono con tanta cura! :D
     
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    Da una porta segreta la trasparenza delle stelle.

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    " Se gli uomini, come spesso le donne dicono, sono tutti eguali, perchè li scelgono con tanta cura!

    :lol: :lol: :lol: E' vero!!!

    Per le vigole io sono un pò particolare, non farci caso! :lol: La discussione di Axum sulla punteggiatura però mi ha chiarito alcune cose. ^_^
     
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    Mago

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    Celia, l'arma segreta di Fidel...Mai fidarsi degli americani...
    Buon racconto, ricco di dettagli significativi.
    Complimenti
    marco
     
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    Cavaliere di Corte

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    Grazie dei complimenti Marco; questo è il massimo che in prosa riesco a dare, quindi ancora più graditi.
     
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  13. Foglia d'autunno
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    Se gli uomini, come spesso le donne dicono, sono tutti eguali, perché li scelgono con tanta cura?

    Le donne che dicono che gli uomini sono tutti uguali o sono ignoranti o sono bugiarde o sono sceme o ci vedono male o sono vergini (non necessariamente in senso zodiacale). :lol:
     
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    Gilda del Reame

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    ottimo racconto, fratello!... limpido, veloce accattivante. Senz'altro da applaudire.

    Dopo aver letto anche i commenti che precedono il mio, scherzosamente voglio spezzare una lancia a favore della povera Celia,
    ma è anche probabile che io non abbia afferrato bene il senso delle tue parole.
    Secondo me la Celia davvero se l'è presa la cotta lampo per l'americano (nemmeno tanto lampo, direi, solo improvvisa) e quimdi in
    lei nessuna malizia, nessun piano politico, e nessuna rivalsa.
    In quel "crepa, bastardo!" io ci ho visto solo il singhiozzo di un'amante tradita. Ma naturalmente è il guizzo che dà brio a tutta la storia,
    e va bene così.

    Complimenti (scontatissimi), fratello!
     
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    Bardo

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    Dravn

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    Un finale che mi piace, una storia che ho trovato coinvolgente nello sviluppo fin dalle prime battute, bravo. E comunque una medaglia, anche se quella di minor valore, è pur sempre una medaglia, si sale sul podio e si porta a casa qualcosa che "pesa". Il quarto posto invece fa male, perché potevi e non hai fatto, specialemnte se l'obiettivo era a tinte oro!
     
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