Mostri nella mia testa

2° WitchInch

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    Incipit: "Tornavo a casa stanco e stravolto dalle ore di lavoro extra che mi ero ritrovato a sostenere, senza il minimo preavviso; durante il viaggio mi ritrovavo a fissare punti indistinti davanti a me, intento a fissare oggetti senza vederli per davvero. "Ma perché lo ha fatto?" Mi ritrovai a pensare. Nei mesi precedenti avevo passato momento bellissimi, ma durante le ultime settimane non ero riuscito a stare tranquillo nemmeno per un secondo. E poi, tre giorni fa, il mio mondo mi era crollato addosso così in fretta che ancora non ero riuscito a capire cosa fosse realmente accaduto....".
    Dettaglio da inserire: una valigia rossa.






    "Mostri nella mia testa"



    Pioveva a dirotto quella sera, uno di quei temporali improvvisi che d’estate rendono tutto ancora più triste. I tergicristalli della macchina mi incantavano con il loro movimento fisso e ipnotico. Ma erano i miei pensieri a tenermi distratto. La strada davanti a me era libera, così senza accorgermene tenevo il piede affondato sul pedale dell’acceleratore. I fari illuminavano davanti a me con una luce forte e fastidiosa. Erano le mie lacrime a peggiorare la visibilità. Odiavo quella statale e le sue numerose buche, ma era l’unica che mi faceva risparmiare tempo. Ed io non vedevo l’ora di coricarmi sul letto a guardare qualche fottuto programma in televisione. Non che mi importasse di cosa trasmettessero, mi serviva per pensare di meno. Un uomo non piange, neanche davanti alla cruda realtà. Ma stavolta non ci riuscivo. Perché lo aveva fatto? Lucia era la mia donna, la persona a cui avevo dedicato la mia anima. Averla sorpresa in effusioni amorose con un altro per me era stato un colpo troppo duro. Avrei voluto prendere a pugni quell’idiota che le stringeva i fianchi, ma mi faceva più male la sua espressione: lei si stava compiacendo! E non avevo mai visto quell’espressione sul suo volto prima. Quando facevamo l’amore era sempre pacata: cosa c’era che non andava in me? La rabbia mi fece trasalire, la mia auto scorreva sempre più velocemente e non m’importava, neanche quando per più d’una volta l’avevo ripresa dopo avere leggermente sbandato sull’asfalto bagnato e a tratti fangoso.
    Avevo i brividi sulle braccia scoperte, quella maledetta e strana sensazione di gelo accompagnata dal timore di stare a prendermi un bel raffreddore. Ma poteva spaventarmi un raffreddore quando avevo già deciso di mettere a rischio la mia vita che ora mi appariva inutile e sbagliata! Perché le donne hanno il potere di metterti in ginocchio, di farti dimenticare la felicità.
    Fu in quel momento che la vita decise di resettare il mio contatore. Una frenata improvvisa e solo una prontezza di riflessi insolita per il mio stato mentale mi fece evitare l’impatto con la macchina davanti. Sarebbe stato terribile, considerata la mia velocità e l’improvviso ostacolo fermo nella carreggiata. La corsa della mia auto era terminata sulla cunetta al lato della strada, probabilmente avevo danneggiato l’auto, ma stavo sostanzialmente bene. Indossai subito il giubbino catarifrangente e mi precipitai a verificare la situazione. L’auto davanti a me era soltanto ferma, all’interno non c’era nessuno. Soltanto una valigia rossa di piccola taglia appoggiata sul sedile del passeggero, la portiera socchiusa. Mi guardai intorno per cercare il proprietario, ma non c’era ombra viva. La tentazione di aprire completamente la portiera fu forte: cosa poteva contenere una valigia rossa? Era come se il mondo fosse sparito, c’ero soltanto io, la pioggia ed una valigia rossa. Nessun’altra macchina stava passando.
    Un rumore di passi alle spalle si frappose al mio respiro. Sopra di me, poi dietro, di nuovo lontano. Qualcuno si stava divertendo a terrorizzarmi. Decisi così di lasciar perdere tutto e di abbandonarmi alla normalità. Avrei chiamato il soccorso stradale per me, e le forze dell’ordine per il caso dell’auto misteriosa.

    Rilassai lo sguardo un solo maledetto istante e la sua figura comparve davanti a me in una foggia tenebrosa. Era abbottonata in un bustino flessibile di colore nero. Lei era lì. Mi entrò nella mente, cominciai a sentire una stretta dolorosa al cuore come se la sua mano lo stesse stritolando anche fisicamente. Incrociai i suoi occhi, un rosso fuoco che illumina la notte, sembravano fiamme dell’inferno.
    Magra e cadaverica, il sangue fresco le colava giù dalle labbra in più rivoli disordinati. Non riuscivo più a ragionare. Era più attraente o impetuosa? Senz’altro doveva essere molto aggressiva. E ancora affamata. Soprattutto era una donna, e le donne portano sempre guai. Cosa voleva da me? La mia anima, il mio sangue, la vita. Mi importava?
    Restava immobile e continuava a fissarmi minacciosa. Ero sempre stato maledettamente realista, non credevo al sovrannaturale, ma quella figura aveva tutta l’aria di essere un mostro notturno: un vampiro o qualche altra creatura diabolica. Iniziai ad immaginare che nella valigia rossa ci fosse il proprietario dell’auto fatto a pezzi, squartato dalla sua furia famelica. No, non dovevo farmi prendere dal panico. Tutto ha una spiegazione. C’è sempre per ogni cosa. Tuttavia il cellulare mi scivolò giù dalle mani per fracassarsi a terra, lei mi teneva ancorato al suo sguardo.
    “Io posso liberarti dalle tue sofferenze”. Le sue parole mi apparivano leggere e confortevoli; la sua voce era potente e al tempo stesso melodiosa, una voce avvalorata da toni arcaici e sovrumani. Le donne portano sempre frenesia e confusione. Lo sentivo nella vibrazione gelida delle sue mani che ora mi toccavano il collo. Ero prigioniero nella sua mente, dentro ai suoi occhi avvelenati di sangue.
    Liberarsi dal male è un’utopia.
    I suoi occhi si fecero più vicini e penetranti, sembravano spilli che si attaccavano alla mia anima. Poi le sue unghie lunghe ed affilate iniziarono a strisciare lungo la mia carne, dal viso in giù. L’odore del sangue, lo sentivo forte ed intenso. Mi aveva morso ed ora mi stringeva a se mentre trangugiava la mia linfa. Sentivo la vita scorrere via, ma non mi preoccupavo. L’adoravo. Sapevo che non mi avrebbe lasciato lì a marcire come un cadavere. Non ero solo un pasto. Sentivo il suo sangue fluire dentro alle mie vene: mi aveva prosciugato del mio, e mi stava donando il suo potere. Dovevo solo aspettare che il sangue demoniaco si fosse impadronito di me, intanto che giacevo al suolo apparentemente morto. Presto mi sarei rialzato sulle gambe e la mia sarebbe stata una nuova vita. Lei era sempre lì ad attendere il mio risveglio.

    Quando riaprii gli occhi potevo annusare l’odore della paura e sentire scorrere a fiotti il sangue nei miei vasi sanguigni; non sentivo più battere il cuore, ma dentro era fuoco. Mi tese la mano ed io l’afferrai.
    “Devi mangiare”. L’indice con l’artiglio mi indicava la valigia rossa, adesso sapevo cosa conteneva. Era la mia via per la transizione. Mi precipitai dentro la macchina e con frenesia aprii il contenuto della valigia rossa. E non mi sbagliavo. Dentro c’era proprio un corpo umano fatto a pezzi: un’altra maledetta donna. E mentre mi accanivo sui resti del suo corpo mortale insieme al suo sangue affluivano dentro di me anche i suoi pensieri. Ed anche Lucia era lì, nella mia testa; la potevo scorgere mentre se ne stava seduta sul divano a fumare e guardare la televisione davanti ad una tazza di caffè bollente. Un fremito la scosse all’improvviso come se avesse colto a distanza le mie intenzioni. Aveva veramente percepito la mia intrusione mentale? Si preoccupava del caffè scivolato sulla moquette, non poteva immaginare quanto lenta e tormentosa sarebbe stata la mia vendetta. Lucia doveva pagare per la sua insolenza, inginocchiarsi ai miei piedi. Donna mi aveva portato la mia dignità di uomo.
    Il cielo sempre cupo, dall’alto i fulmini si rincorrevano come schegge farneticanti, saette come sagome impazzite bruciavano lo sguardo; era la collera dell’inferno che si preparava a scatenarsi per metterle addosso i brividi della paura.
    Il loro frastuono non le era mai piaciuto. La vedevo sussultare mentre si serrava in casa abbassando le tapparelle delle finestre, staccando le prese dalla corrente, vagabondando per la casa con inquietudine. Fissava il suo stesso aspetto allo specchio come per scorgere in lei un indizio di serenità, si torturava nervosamente i capelli stringendoseli tra le dita.
    Mi divertivo a disegnarle allucinazioni nei pensieri: immagini di dolore e sofferenza erano adesso i suoi incubi più visibili. Nessuno avrebbe più potuto togliermi la soddisfazione di prendermi la mia vendetta, strapparle il cuore con gli artigli e stritolarlo, come lei aveva già fatto con il mio. Era lì adesso, sdraiata nel suo letto con lo stereo acceso. Ma il canto dell’inferno non si può sopire: era nei giochi d’ombra creati dal lumino sui muri, nelle nuvole di fumo lasciate dalla scia acre della sua sigaretta, perfino tra le sue labbra increspate e nei suoi occhi ancora imbrattati di mascara. Lucia stava piangendo, si sentiva sola, avrebbe voluto rivolgersi a quella detestabile vecchia sclerotica di sua madre. Ma era tardi, e poi anche lei mal sopportava la sua insipida esistenza. Il suo uomo non lo cercava ora, non era nei suoi pensieri. Chi era allora?
    Non avevo più bisogno dell’auto per spostarmi rapidamente. La donna che mi aveva liberato dell’umanità fece un cenno, ed io avevo capito al volo. Serviva un vero sacrificio umano.
    Lungo la via, il portone sempre aperto. Ora su per le scale, fin davanti alla porta; scelsi di bussare per sentire ancora una volta il meraviglioso sussulto della sua anima. Tre tocchi con il pugno, sordi e pesanti. La sentii sobbalzare dal letto, la cornetta cadere in terra senza avere mai composto quel maledetto numero.

    “Apri, sono io!”
    Niente, allora insistetti più volte finché decisi di sfondare la porta con la forza. Quando entrai lei era lì, rannicchiata in un angolo che tremava come una foglia. La scrutai con l’iride felina digrignando di quel poco i denti per lasciare intravedere i mie canini. Appoggiò lo sguardo verso il pavimento per non guardarmi. Pieno d’ira mi portai sopra di lei, bramavo vedere il suo sangue innaffiare il pavimento a fiotti, sentire i brandelli della sua carne tra i denti. Non riusciva a parlare, non poteva più fare niente. Adesso ero io il cacciatore, il lupo che bracca l’agnello.
    La scenario che già pregustavo nella mia mente perversa era di fissare il corpo dilaniato di Donna, occhi asserragliati e cornee imbevute di sangue; la sua linfa vitale fluirle via e scolare dirompente dentro di me, fino a lasciarla senza risorse né sogni.
    Invece no. Il mio istinto omicida all’improvviso si trovò davanti ad una diga insormontabile. Il suo sguardo si era elettrizzato di un azzurro violento e intenso, un colore accecante. Non aveva perso la sua insopportabile bellezza. Mi sentivo come la fiamma di una candela chiusa in un bicchiere.
    Mi teneva a distanza con la mano tesa. I capelli ondeggianti erano come cavalcati da onde magiche e sventolavano davanti al suo viso, il suo ciondolo sprigionava un alone di luce che andava creando un vortice.
    Sapeva fin dall’inizio che sarei arrivato. Lucia sapeva mentire bene come tutte le donne, non aveva mai temuto la notte; l’aspettava. Tutto quello che avevo percepito della sua angoscia, del suo tormento, del suo agitarsi mentre giungevo a lei altro non era che un finto disegno del suo volere; ed ora si stava compiacendo di avermi tratto in inganno con le sue arti magiche.
    “Non saresti dovuto tornare, non in questo stato”. La sua voce, mentre con un lieve movimento della mano m’imponeva di flettermi sulle ginocchia. L’istinto di predatore mi stava comprimendo le ossa, non c’è peggiore sevizia di un istinto represso con la forza. Il sudore mi correva via a rivoli sui denti e nella bocca lasciandomi assaporare il sale dei miei fluidi, esasperando la mia voglia di sangue e vendetta. Ero ridotto alla stregua di un animale in gabbia.
    Il suo corpo luccicava della luce della luna che dalla finestra ora spalancata con veemenza dal vento le illuminava le spalle lasciandole il volto in penombra; le lampade della stanza erano esplose, l’ebano con cui si erano dipinti i suoi capelli era visibile e dominante. La sua pelle, più argentea che mai, veniva accarezzata dal vento che si sollevava nella stanza. Il suo corpo interamente nudo sortiva su di me un effetto abbacinante che mi imponeva di tenere giù il capo.
    Il suo colore così chiaro rifletteva i raggi del giorno nella notte, la luce che disperde le tenebre. Io rappresentavo il buio della notte, mentre lei incarnava l’aspetto del giorno: la maledetta alba che avrebbe spazzato via la mia avidità di vendetta.
    “Uccidimi, dannata; ma fallo in fretta”. La imploravo. Ma lei voleva tenermi ancora lì per consumare lentamente la sua rivalsa di vendetta, per umiliarmi ancora.
    “Prima devi capire cosa hai fatto”. Le sue parole mi tagliavano di ansia, mentre il suo sguardo mi appariva feroce. Anche il cielo aveva cominciato a dolersi, lacrime di pioggia iniziarono ad inondare ancora di più la strada. Alzai lo sguardo e fuori della finestra mi apparve il volto demoniaco di colei che mi aveva concepito in nome del male. Stava sospesa a mezz’aria, braccia conserte, occhi selvaggi, bocca ancora insanguinata. Lo sentivo, l’avevo delusa. Avrei voluto che entrasse nella stanza per tirarmi fuori dai guai, invece la sua espressione uggiosa tradiva frustrazione. Tesi la mano per supplicarle aiuto, ma lei sfumò nella pioggia. Lo scroscio del temporale che aveva portato via l’immagine della vampira iniziò a confondersi con la voce di Lucia, le sue parole presero ad invadermi la mente.
    “Da secoli combatto contro le forze delle tenebre, è il mio destino”.
    Trovai i suoi occhi ora lucidi, si era avvicinata; tremavo perché era la sola cosa che mi concedeva. Stese il palmo della mano verso di me, mi ritrovai ingurgitato nel vortice di luce del suo ciondolo,travolto da quel tumulto d’onda bianca che mi stava sgretolando. Mentre svanivo nel limbo dei condannati giurai sulla cenere della mia carne che se solo avessi avuto un’altra sciagurata opportunità, allora sarei tornato ancora più furente ed inumano per prendermi la mia disperata vendetta.
    Trovai i suoi occhi ora lucidi, si era avvicinata; tremavo perché era la sola cosa che mi concedeva. Stese il palmo della mano verso di me, e mi ritrovai ingurgitato nel vortice di luce del suo ciondolo, travolto da quel tumulto d’onda bianca che mi stava sgretolando.
    Mentre svanivo nel limbo dei condannati giurai sulla cenere della mia carne che se solo avessi avuto un’altra sciagurata opportunità, allora sarei tornato ancora più furente ed inumano per prendermi la mia disperata vendetta.

    Ma perché lo aveva fatto? Lucia mi aveva tradito ed io ero sprofondato nel buio dei miei pensieri più mostruosi. L’impatto contro l’auto davanti a me era stato tremendo. Non avevo frenato in tempo come pensavo nella mia testa. C’era il delirio nella mia testa. Lucia diceva sempre che avevo la testa dura, stavolta aveva torto perché me l’ero spaccata sul cruscotto. Ed è così che avevo iniziato a farneticare. Erano tutte lì le mie mostruose visioni, pronte ad invadermi la mente. Visioni lontane e vicine, ora confuse e poi nitide, strane e convulse. Forse più irrazionali del mio stesso stato d’animo in subbuglio. Nel trambusto di una notte trascorsa come un animale, sotto ad un manto di stelle e freddo consumavo la mia agonia: un lento stillicidio di pensieri sovrapposti che divoravano la carne del mio petto con innaturale voracità di bestia. Sentivo qualcosa di indistinto: luci, sirene, voci distanti. Non m’importava di sapere chi stesse giungendo o cosa stesse accadendo intorno a me; il mio solo volere era di restare là dove ero, nel mio limbo di confusione. Mi avevano preso, non capivo chi fossero. Osservavo solo le immagini distorte dei loro movimenti frenetici, delle sottovesti ruvide; una folle corsa chissà dove, mentre me ne stavo steso su di una superficie bianca con la testa sempre rotta, le braccia intubate ed un penetrante odore di antisettico sotto il naso. Poi con le prime luci del giorno avevo ripreso a malapena conoscenza. Ero in stato confusionale, riconsegnato alla triste realtà da una voce che mi penetrava il cervello. La corsa verso l’ignoto continuava insaziabile, finché le mie facoltà mentali cominciarono a riprendere lentamente quota. Poi tra le voci ancora la sua.
    “Mio Dio, Renzo… Ti sei svegliato finalmente!”
    Era preoccupata per me. Forse fu in quel momento che aveva veramente capito il suo errore; ero andato giù per colpa sua, era stata lei a farmi male. Più male del dolore fisico dell’incidente. Lucia mi commiserava come fanno tutte le donne quando si trovano nella medesima situazione: sono il male e al tempo stesso la cura, veleno ed antidoto che scorre nelle vene dei loro perseguitati. E si può arrivare perfino ad odiarle per il loro essere contraddittorie, ma non se ne può fare a meno. Lucia era la mia malattia incurabile, dovevo abituarmi a convivere con lei. Era lei il vero vampiro, mi succhiava il sangue con avidità. Mi aveva reso per sempre suo schiavo perché avevo un disperato bisogno di lei.
    Il suo volto addolorato mi fucilava l’anima, eppure il suo corpo splendeva della luce del sole che dalla finestra aperta le illuminava le spalle lasciandomi vedere le lacrime che le stavano rigando il volto. L’argento con cui si erano dipinti i suoi capelli era visibile, dominante, generoso, perfino raggiante. La cute più candida che mai all’interno di quell’alone di luce si imponeva come albore del giorno nuovo, il giorno che stava per iniziare.
    Il vento che si sollevava nella stanza le accarezzò i capelli, coprendone in gran parte il viso, ma senza oscurarne la dolce bellezza. Non sapevo se tra noi sarebbe tornato il feeling come una volta, quanto tempo fosse passato, né se lei avesse ancora quell’altro. Ma di una cosa ero però più che certo: il suo ciondolo stava luccicando. E tra le mani teneva una valigia rossa, questo voleva significare soltanto una cosa: tornava a casa da me, la maledetta!




    Ringrazio il Witchinch che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere horror dopo un po' di tempo!!! :)
     
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    Nel mio racconto ci sono un paio di refusi: ho cambiato il nome della protagonista femminile del racconto ed in due occasioni ho omesso la correzione: il nome "Donna" compare in un paio di frasi, in realtà avrei dovuto scrivere "Lucia". E' sempre buona norma rileggere meglio prima di pubblicare! :(

     
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    Nooo! Anche il mio racconto inizia con la pioggia! Mi toccherà cambiarlo! :P
     
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    CITAZIONE (lonelyone @ 29/2/2016, 03:54) 
    Nooo! Anche il mio racconto inizia con la pioggia! Mi toccherà cambiarlo! :P

    Ma no... :) Scrivi tranquilla!
     
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    Mi son piaciuti moltissimo i tuoi Renzo e Lucia, meglio del Manzoni! ;)
    Da amante dei vampiri le parti che più ho apprezzato sono le descrizioni della trasformazione e dell'attacco di Renzo! :)
    Mi è dispiaciuto quando Lucia ha bloccato Renzo... io facevo il tifo per lui! Parteggio sempre per i vampiri! :lol:
     
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    CITAZIONE (Erendal @ 27/2/2016, 12:39) 

    Nel mio racconto ci sono un paio di refusi: ho cambiato il nome della protagonista femminile del racconto ed in due occasioni ho omesso la correzione: il nome "Donna" compare in un paio di frasi, in realtà avrei dovuto scrivere "Lucia". E' sempre buona norma rileggere meglio prima di pubblicare! :(


    Non l'ho ancora letto.
    Ripubblicalo sotto, emendato e, nel primo, metti un rimando alla versione corretta. L'ho sognato, o tu stesso avevi segnalato questa possibilità?

    AxumCheForseHaVistoUnAltroFilm :lol:
     
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    Diciamo di sì. Sono stato io principalmente a ribadire la regola che non è possibile modificare un testo dopo la sua pubblicazione. Tuttavia abbiamo ammesso delle eccezioni, concedendo previa autorizzazione la facoltà della modifica per piccoli errori (tipo battitura). In pratica potrei autorizzarmi da solo, essendo un organizzatore, però scelgo di mantenere il testo così come è. :) Lo trovo più corretto, poiché io per primo voglio dare il buon esempio.

     
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    CITAZIONE (lonelyone @ 1/3/2016, 02:45) 
    Mi son piaciuti moltissimo i tuoi Renzo e Lucia, meglio del Manzoni! ;)
    Da amante dei vampiri le parti che più ho apprezzato sono le descrizioni della trasformazione e dell'attacco di Renzo! :)
    Mi è dispiaciuto quando Lucia ha bloccato Renzo... io facevo il tifo per lui! Parteggio sempre per i vampiri! :lol:

    Anche a me il racconto è piaciuto molto e sostanzialmente concordo con lonelyone. Il tuo stile è sempre coinvolgente e il racconto si legge con piacere, senza contare che la storia è davvero avvincente.
    Complimenti! :)
     
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    Tra fantasy e horror, la tua Terra di Mezzo, Ere! ^^ I contenut sono sempre alti e la storia trascinante. Una tua caratteristica è il cambio/interscambio dei ruoli: predatore/vittima, buono/cattivo.

     
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