Frammenti di vita

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    Bardo

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    L’età vittoriana: epoca di grandi evoluzioni in ambito commerciale, industriale, culturale…
    In genere si ha la tendenza a ricordarne le mode, le feste sfarzose e l’ondata di “moralità” che si generò tra i ceti medio-alti. Sfortunatamente, come spesso accade, tutto ciò rappresentava solo una faccia della medaglia; l’altro lato non era altrettanto sfavillante…
    Il mio racconto vuole, nel suo piccolo, rappresentare uno scorcio della vita di coloro che furono fondamenta, spesso dimenticate o ignorate, della “Londra bene” dell’epoca.

    Frammenti di vita

    Aprì gli occhi. L’aria pesante piena di odori ancora estranei, di respiri più o meno regolari e del russare stanco degli altri inquilini dell’appartamento la strapparono nuovamente dal suo sonno. Era ancora buio ma, di lì a poco, tutti si sarebbero alzati e preparati per andare a lavorare.
    Old Nichol Street si stava svegliando.
    Mary e i suoi genitori erano stipati, insieme con altre tre famiglie, in un piccolo appartamento di un’unica stanza in un edificio costruito alla bell’e meglio con materiali di scarto e senza nessuna considerazione per la sicurezza di chi vi abitava. Il proprietario non si curava minimamente di ristrutturare l’immobile, ma pretendeva estrema puntualità per il pagamento dell’affitto settimanale di quattro sterline a famiglia.
    Mentre mangiava con i genitori la farinata d’avena ogni giorno più annacquata, Mary ripensava con triste nostalgia alla campagna irlandese in cui era cresciuta; sebbene comprendesse le motivazioni del padre per aver trascinato la famiglia a Londra, non riusciva ad avere una veduta ottimistica né della città né, tantomeno, della loro situazione.
    «Papà… quando potremo tornare a casa?», chiese piano abbassando lo sguardo sulla ciotola stretta tra le mani.
    Il padre la guardò, le passò una mano tra i riccioli rossi e rispose cercando di sembrare sereno:
    «Ora è questa casa nostra…».
    Terminarono di mangiare in silenzio e uscirono per recarsi a lavoro. Tutto Old Nichol era pregno del fumo che le ciminiere delle fabbriche e i comignoli delle case vomitavano nel cielo già plumbeo e del lezzo insopportabile che si levava dalle deiezioni che scorrevano lungo i margini delle strade, divenute vere e proprie fogne a cielo aperto.
    La repentina industrializzazione nelle grandi città aveva spinto il padre di Mary a lasciare la povertà delle campagne irlandesi nella disperata ricerca di una vita migliore per la propria famiglia. Sfortunatamente, la loro non fu l’unica famiglia a fuggire dalla campagna…
    Un esodo che aumentò notevolmente l’offerta di manodopera e fu causa dell’enorme riduzione dei salari, tanto da non permettere più alle famiglie come quella di Mary di mantenersi dignitosamente.
    Il padre di Mary non riuscì a trovare lavoro in nessuna fabbrica, solo uno molto meno retribuito in una delle tante miniere di carbone che le rifornivano. Mary e sua madre ottennero due posti in una fabbrica tessile; purtroppo in quanto donna sua madre era pagata meno della metà rispetto a un uomo con lo stesso impiego e Mary, con i suoi soli dieci anni, prendeva anche meno.
    A stento riuscivano a pagare l’affitto per la stanza in cui vivevano e, spesso, non riuscivano a mangiare altro che farinata d’avena annacquata.
    La disperazione della famiglia di Mary raggiunse l’apice quando suo padre rimase ferito in seguito a un incidente sul posto di lavoro; i detriti del crollo di uno dei pozzi per la ventilazione della miniera lo avevano travolto rompendogli entrambe le gambe e costringendolo all’immobilità.
    Disteso sul materasso cencioso gettato in un angolo della stanza, si lamentava del dolore che ogni piccolo movimento del corpo faceva risuonare anche sulle gambe. Mary lo stava aiutando a mangiare una zuppa calda preparata con un paio di patate e offerta loro da un’altra famiglia con cui abitavano.
    «Le gambe del papà guariranno?», chiese alla madre seduta accanto a lei.
    «Non… non lo so neppure io…», le rispose voltandosi dall’altra parte.
    Purtroppo, privati dell’entrata più cospicua, i genitori di Mary si videro costretti a prendere una difficile decisione…
    Una sera di ritorno dal lavoro in fabbrica, la madre di Mary deviò dal solito percorso trascinando la figlia attraverso stretti vicoli maleodoranti.
    «Mamma perché passiamo di qua?», chiese Mary che faticava a tenere il passo della madre. I suoi piedi scalpicciavano rapidi sul terreno bagnato dalla recente pioggia.
    La donna non rispose continuando a tenere un passo lungo; stringeva forte la mascella cercando di scacciare via quel senso di oppressione che le mordeva l’anima per quel gesto così innaturale che stava per compiere.
    «Mamma, papà ci starà aspettando per la cena. Da solo non può mangiare…»
    Una lacrima rigò il viso affranto della donna che prontamente asciugò con la mano libera chiusa a pugno; teneva il viso girato dal lato opposto della sua bambina per non cedere al dolore.
    Finalmente raggiunsero un edificio ben illuminato da cui proveniva un gran baccano. Avvicinandosi si notavano all’esterno, di fronte all’edificio, un uomo piegato in due che, se fosse stato possibile, avrebbe vomitato anche l’anima insieme alle pinte d’alcool che aveva chiaramente ingurgitato in precedenza, un altro che giaceva privo di sensi tra le acque nere che fluivano lungo la strada e altri ancora che, cantando sguaiatamente biascicando le parole, si allontanavano barcollando vistosamente.
    Quando entrarono, un’acre nuvola di fumo di tabacco le investì; a Mary iniziarono a bruciare gli occhi e la gola quasi immediatamente.
    Facendosi largo tra uomini in preda ai fumi dell'alcool e donne che li accarezzavano con lascivia, la madre di Mary proseguì con decisione verso un uomo il cui comportamento denotava una certa autorità anche in quel luogo privo di alcuna morale. Scambiarono poche parole che Mary non fu in grado di distinguere nella cacofonia di voci della sala. L’uomo le portò in una stanzetta separata arredata con pochi semplici mobili e iniziò a squadrare Mary da capo a piedi; la trattò alla stregua di un pezzo di carne che si accingeva a comprare al mercato e per il quale non era disposto a pagare troppo. Dopo aver avuto conferma dell’età e della virtù di Mary, l’uomo pagò alla madre un totale di duecentoquaranta sterline asserendo che non avrebbe sborsato un solo penny in più. La donna accettò, intascò i soldi e se ne andò in fretta, lasciando la figlia tra le grinfie disgustose di quell’uomo che aveva già in mente il cliente perfetto per la ragazzina.
    La afferrò per un braccio trascinandola al piano di sopra con tanta veemenza che più volte Mary rischiò d’inciampare e cadere. Attraversarono un corridoio di legno consunto superando varie porte dalle quali provenivano gemiti e grida.
    «Dov’è la mia mamma? Lasciatemi andare!» Protestò lei, cercando di fermarlo puntandosi all’indietro con tutto il suo esile peso.
    «Fai silenzio!» Sbraitò lui girandosi di scatto e alitandole in viso, «Tua madre ti ha venduto a me. Ora tu sei di mia proprietà!».
    Raggiunta la camera vuota, la spinse dentro con forza e chiuse la porta a chiave; Mary si attaccò subito alla maniglia e picchiò energicamente i piccoli pugni sul legno ma ormai non poteva fare niente per uscire da lì, si guardò intorno e quindi si sedette sconfortata e confusa sul bordo del letto.
    Non era certa di quanto tempo fosse trascorso, dai vetri opachi della finestra scorgeva solo il buio della notte ormai inoltrata quando all'improvviso la chiave della porta girò nella toppa. Si voltò di scatto e s’irrigidì quando vide il tenutario che faceva accomodare nella stanza un uomo alto e grosso, distinto negli abiti ma con un fare altezzoso e prepotente; e mentre il ruffiano gli decantava le lodi e le qualità della merce cercando di fargli sborsare il più possibile, l’uomo già assaporava con gli occhi lucidi la sua piccola preda.
    Mary guardò con orrore a quella che sarebbe stata la sua vita da lì in avanti e lacrime cariche di amarezza e impotenza le rigarono silenziose le guance…

    Edited by lonelyone - 25/10/2020, 09:18
     
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    Gilda del Reame

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    Una storia comune, mille volte sentita, ed ogni volta patita nel fondo dell'animo.
    Ogni uomo vivo, di qualunque epoca, da tempo immemorabile è responsabile di quest'orrore.

    Una storia comune, Lupacchiotta, che hai disegnato in tutta la sua tragica, costante attualità.
    E mi hai fatto venire freddo nelle vecchie ossa, cattiva che sei! :huh: :) :)
    però brava!
     
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    Bardo

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    Nooo! Non volevo! Perdonami nonno Lucio! crybaby
    Comunque... grazie per il "brava"! ^_^
     
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    Bardo

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    Tutto il racconto è pregno del fumo nero che opprime Old Nichol e i personaggi stessi ne sono avviluppati e macchiati nell'animo; consapevoli e rassegnati di fronte al loro amaro destino. È uno scorcio di storia terribile con un finale purtroppo ancora attuale, che hai saputo trattare con la giusta misura e il tuo modo di narrare preciso e pulito. :)
     
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    Addirittura preciso e pulito? ... blush-anim-cl
    Grazie Soul! ^_^
     
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    Mi piace tantissimo questo turno, perché adoro i romanzi storici!
    Concordo anche io con il preciso e pulito, sai? :P Di questo tuo brano ho apprezzato il voler mostrare l'altra parte, al di là delle innovazioni e dei cambiamenti che hanno caratterizzato l'epoca vittoriana. piaciuto anche nel suo sviluppo, che procede svelandoci lentamente l'altra faccia, prima soltanto facendola intuire, poi mostrandola con durezza con la cruda conclusione. Mary è una ragazza ingenua, come tante altre destinate alla sua stessa sorte... e questo fa piangere ancora di più il cuore.
    Complimenti lupacchiotta!
     
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    Grazie mille Kira per lettura, commento e apprezzamenti! ^_^
    Non ho molte letture storiche alle spalle e questo turno mi ha fatto penare un po'... :unsure:
    Però man mano che mi documentavo sul periodo storico mi si è un po' schiarita la mente e... alla fine qualcosa è uscito. :)
     
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    Da una porta segreta la trasparenza delle stelle.

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    Ne è uscito un buon lavoro! :happy:
     
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    Finalmente sono riuscito a leggerlo con calma. E ammetto che mi hai aperto meglio gli occhi su questo genere.
    Io non avrei pensato ad usare così bene e senza forzature solo l'ambientazione per scrivere la storia.
    È narrativa storica a tutti gli effetti, breve e intensa al punto giusto per il web.
    Commovente, cruda... maledettamente vera.
     
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    Well done: un racconto tragico, ma ben sviluppato.
     
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    @ Erendal: ti ringrazio molto per aver appezzato (e votato) il mio racconto! ^_^ Sono lieta che quel che ho scritto ti abbia permesso di vedere il genere da un'altra prospettiva! Ogni persona pensa, vede e scrive le cose in modo diverso... far parte di un forum come questo ci permette di confrontarci con altre idee e punti di vista che, magari, a noi possono sfuggire e di crescere e migliorarci apprendendo dagli altri. Per questo mi sono iscritta! :)

    @ ikebanacka: thank you! ^_^
     
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    Sto setacciando il forum alla ricerca di potenziali remake per il Narratore Bicefalo, e questo racconto mi ha assestato un bel pugno allo stomaco... non so se avrei voglia di affrontare un tema così duro, ma certo vorrei che lonely ricominciasse a scrivere regolarmente. 😉 Una storia tragicamente plausibile, raccontata con la giusta dose di empatia, che non ha bisogno di tante righe per immergere il lettore nell'atmosfera plumbea di quella Londra caotica e sudicia (un perfetto scenario per storie di miseria vera). E' l'insieme dei dettagli che funziona. Se dovessi reinterpretarla, farei fatica a trovare lo stesso equilibrio tra distaccato realismo e dramma... ma ci penserò. Considerala una semi-prenotazione, con una semi-richiesta di approvazione. Brava lonely, anche se arrivo con un ritardo mostruoso (ma sono giustificato: all'epoca non c'ero) 🤭
     
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    Grazie mille Alan, troppo gentile! ^_^
    Nessun problema, se deciderai di confermare il mio testo per il contest hai già da ora il mio consenso. :D
     
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