Haiku "AUTUNNO" di lonelyone

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    Bardo

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    Tra aurei riverberi
    lapidi in successione -
    canto di merlo
     
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    Molto dark, brava!
     
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    Bardo

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    Grazie Edo! ^_^
     
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    Bardo

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    Il riverbero aureo mi stona un po' con l'immagine del cimitero, che trovo di un cupo spento, a tinte scure. Cosa ti ha ispirato questa immagine? Il cimitero del luogo dove vivi?

     
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    Che strano, mi ci trovavo proprio il 2 novembre davanti alla fila di tombe bianche che poi in poco tempo si sono riempite di fiori colorati, il riverbero serale del calar del sole e mi è sembrato pure strano, nel silenzio del luogo sentire quel fischio del merlo...
    questo tuo haiku l'ho proprio vissuto cogliendo l'attimo.
     
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    Un po' ricollegandomi anche alle domande di Hanami, chiedo: lonelyone, il tuo spunto deriva, come l'impressione di Luke.Lucky, dalle ricorrenze di inizio novembre? E, in tal caso, ritieni di aver ben contestualizzato il kigo?
     
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  7. Musashi Miyamoto
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    Secondo me il kigo è rappresentato dal merlo nel terzo ku.
    Mi piace il contrasto tra la luce e la cupezza che richiamano le lapidi nella loro funzione. E mi piace la costruzione proprio perché questo è un haiku di osservazione cui va ad abbinarsi il suono del fischio del merlo.
     
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    Bardo

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    Dato che lonelyone ha problemi con la sua connessione e non sa quando potrà tornare personalmente, mi ha chiesto di riportare i suoi commenti.
    (Per non falsare la classifica dei "mi piace" non mettetemi like destinati a lei.)


    CITAZIONE (° Hanami ° @ 4/12/2017, 11:38)

    Il riverbero aureo mi stona un po' con l'immagine del cimitero, che trovo di un cupo spento, a tinte scure. Cosa ti ha ispirato questa immagine? Il cimitero del luogo dove vivi?


    CITAZIONE (ikebanacka @ 5/12/2017, 00:00)
    Un po' ricollegandomi anche alle domande di Hanami, chiedo: lonelyone, il tuo spunto deriva, come l'impressione di Luke.Lucky, dalle ricorrenze di inizio novembre? E, in tal caso, ritieni di aver ben contestualizzato il kigo?

    A ispirarmi è stato il cimitero in cui si trovano i miei nonni paterni. Le lapidi sono scure e lucide e basta un poco di sole per farle brillare. Se spunta il sole dopo una bella pioggia, allora a brillare è proprio tutto il camposanto!
    Quando ho scritto il mio haiku, non avevo proprio pensato alla commemorazione dei defunti di Novembre e infatti, come detto da Musashi, il kigo è il merlo del terzo verso. Ce ne sono spesso a riempire il silenzio del cimitero e, visto che era presente nel saijiki autunnale di j.dark, ho pensato che fosse perfetto.

    Grazie mille Luke e Musashi per lettura, commento e apprezzamento!

    Edited by Silent~Soul - 9/12/2017, 21:28
     
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    Da una porta segreta la trasparenza delle stelle.

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    A me il pensiero è andato subito al kigo autunnale come morte che spiana la strada alla rinascita. Giù il cappello per questa associazione che trapela dal tuo haiku. Se dovessi trovare un difetto probabilmente io avrei evitato l'aggettivo "aurei", che sposta l'osservazione dell'ambiente circostante sul piano personale, perché "aureo" è qualcosa che a noi sembra come come l'oro, ma di fatto oro non è. ^_^
     
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    Eroe

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    Anche in questo caso, sul kigo sono un po' perplesso, ma prendo atto. Fortunatamente, i merli del mio giardino cinguettano in tutte le stagioni, non solo in autunno, mentre la frequentazione del cimitero mi pareva più tipica di un periodo come quello di inizio novembre. Peraltro, mi viene in mente che proprio in una poesia intitolata "Novembre", Pascoli parlava di "estate fredda dei morti" per indicare l'estate di San Martino, quel periodo di inizio novembre in cui in genere c'è bel tempo dopo il primo calo delle temperature d'ottobre. Quegli "aurei riverberi" del primo ku allora mi sembrano adatti a quel "sole così chiaro" descritto da Pascoli nella medesima poesia.
    Atmosfera un po' dark, che affascina: quelle "lapidi in successione" sembrano una indeterminata conta di chi non c'è di più, ricordano la fugacità della vita così come le foglie cadute. Però il merlo canta, per lui la vita va avanti, è allegro e ha voglia di inneggiare al sole autunnale.
    Quello che stona a livello fonetico è secondo me il primo verso: "tra aurei riverberi", 5 erre ed un lettore bleso va kaputt! :lol: Ma anche chi riesce a pronunciare correttamente la "erre", trova difficoltà (almeno, io la trovo) nel pronunciare fluidamente il verso a voce alta. Anche perchè se si vuole applicare la sinalefe tra le prime due parole, in modo da conteggiare correttamente cinque sillabe, il lettore non può scandire le sillabe ma deve pronunciarle di seguito l'una all'altra.
    Chiudo con una curiosità che mi è venuta comparando questa poesia a quella della stessa autrice presentata nel turno invernale: in questa, la scena si apre sul silenzio dell'uomo a cui si contrappone nell'ultimo ku il rumore della natura; nell'altra, la scena si apriva sul silenzio della natura a cui si contrapponeva nell'ultimo ku il rumore dell'uomo.
     
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    Nel I ku veniamo subito trasportati in un' atmosfera delicata e sentimentale: la luce intorno è rarefatta, splende come riverberi del sole che sembrano accarezzarci. Quando avanziamo nella lettura (per scoprire che altro contiene lo spazio racchiuso in quella visione rassicurante) siamo ancora cullati dal sentimento dello HOSOMI. Che cosa delimitano i riflessi del sole? Il secondo ku ce lo svela. Si tratta di lapidi, forse di marmo, rischiarate dai “ riverberi aurei”. Adesso capiamo di trovarci in un cimitero. La visione delicata si dissolve. Allo HOSOMI subentrano, i sentimenti della transitorietà (AWARE), prima, e della morte (SHIORI), poi. Inoltre, le fila delle lapidi poste in successione danno l'idea di non avere né inizio né fine, finendo per suggerire un senso di solennità (OGOSOKA: il maestoso; il solenne).
    A strapparci dalla visione malinconica delle lapidi – ultimi vessilli di vite che si sono spente (come, peraltro, si è spento il sole che illumina la scena soltanto con strascichi fiochi di luce) – interviene il kireji. La nostra immaginazione salta, va altrove. Si posa sul kigo, una creatura viva: un merlo che canta. Il suo fischio ci porta fuori dall'oltretomba in cui siamo precipitati. Siamo di nuovo all'aria aperta. Ma un dubbio ci assale. Le piume nere dell'uccellino ci riportano alla mente il colore della morte. Per chi sta cantando, dunque? Per i vivi o per i morti? Che cosa sta dicendo loro? Lo ascoltiamo con i nostri orecchi di vivi, però non sappiamo decifrarne il messaggio. Dentro di noi si fa largo un senso di mistero e di imperscrutabile (YUGEN) dinnanzi a cui ammutoliamo.
     
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    Sabi: la morte; l'invecchiamento; l'usura; il consumarsi della materia a causa del tempo. Inoltre il sabi, è anche la tristezza e i rimpianti del passato.




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