Dolce risveglio

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    Dolce risveglio


    Come ogni mattina Tabby fatica a salire sulla trapunta di cielo, poggia la grossa mole sulla cesta in vimini ai piedi del letto, le zampe davanti che artigliano il morbido legno, le posteriori slittano sull'infido linoleum verde acqua, annaspano nel vuoto prima di ancorarsi all'intreccio ligneo della cesta, guadagnare l'agognato approdo. Come ogni mattina Winnie e Tigro osservano, dal pouf in vinile rosso a fianco dell'armadio, il balletto di quel culone ondeggiante. Hai visto per caso il mio barattolo di miele, Tigro... dove si è cacciato... non è un buongiorno senza un barattolo di miele dove inzupparvi le zampe...
    Il soriano avanza adagio sul letto - le zampe tozze e fulve affondano in nuvole rosa e increspate - ben accorto a non svegliare la bimba. O meglio, sta per svegliarla, ma vuole farlo al momento opportuno, ogni rituale ha la sua tempistica.
    Non ho proprio idea dove possa essere finito... forse è rotolato sotto il letto... o se l'è preso quell'invidiosa di Hello Kitty... o è sul tavolo della colazione delle Barbie...
    Tabby è all'altezza del ventre di Mielle, quando questa emette un lieve gemito e si volta dal lato opposto.
    Per mille sardine! ̶ micia contrariato Tabby. ̶ Sembra che lo faccia apposta.
    Guardingo e col passo furtivo - per quanto glielo consenta l'obesità - Tabby fa dietrofront e compie il periplo del corpicino sotto le coperte. Incespica in un piedino, il culone beccheggia come un veliero tra onde burrascose, s'inabissa tra le nuvole di tessuto, orza sulle tozze zampe e riemerge tutto arruffato d'elettrostatica.
    Dov'è il mio miele... hai per caso visto il mio barattolo di miele, micio...
    Indifferente alla domanda Tabby giunge finalmente davanti al volto di Mielle, le lappa le briciole di sonno dagli occhi, che lievi si dischiudono insieme alla piega di un sorriso.
    ˗ Hmm... buongiorno Tabby.
    ˗ Buon giorno a te, amica mia.
    Soriano e bimba rimangono entrambi a bocca aperta, gli occhi non di meno spalancati.
    ˗ Tu... tu... mi hai appena parlato?
    Tabby indietreggia confuso, incredulo alle proprie orecchie.
    Per mille croccantini avariati, ma che mi è preso?
    Mielle si drizza a sedere, il movimento brusco increspa il piumone e il soriano incespica nelle nuvole rosa e precipita giù dal letto in una pioggia di peli fulvi e ritti.
    ˗ Meeeow... ahia!
    Ehi, micio... vedi per caso il mio barattolo di miele sotto al letto...
    ̶ Taci, orsacchiotto dei miei stivali... ma accipicchiolina, che mi è preso?
    Steso sulla schiena Tabby vede spuntare il faccino tondo ed esterefatto di Mielle oltre il bordo del letto.
    ˗ Tutto bene, Tabby?
    ˗ Credo di si, anche se il risponderti suggerirebbe il contrario. Ma ora smettila di fissarmi come se fossi un alieno e tirami su.
    ˗ Ma voi gatti non cadete sempre sulle zampe?
    ˗ Si vede che il dono della parola s'è preso in cambio il senso dell'equilibrio felino.
    Avvolta ancora nello stupore Mielle scosta le coperte, lo spostamento d'aria soffia via dalle nuvole un mulinello di pulviscolo che ondeggia come una nebulosa nelle lame di sole che filtrano dalle persiane. Infila le pantofole e si china a raccogliere il soriano, se lo stringe al petto: biondi capelli e pelo fulvo si intrecciano in un abbraccio. Tabby le lappa la guancia paffuta.
    ̶ Te l'ho mai detto che hai una pelle morbida e che sa di croccantini alla fragola? ̶ poi ricordandosi di essere un gatto, aggiunge ̶ ehm, no. Ma devo avertelo di certo miagolato.
    ̶ E dove li hai assaggiati, i croccantini alla fragola? ̶ domanda Mielle, ben conscia di non averne mai visti al "Miao Miao – Tutto per il tuo gatto".
    ̶ Da nessuna parte. Volevo dire, casomai ci fossero i croccantini alla fragola, sono certo che avrebbero il tuo profumo.
    ̶ Oh, Tabby... sei proprio un gattino ruffiano. Ma ora scendiamo a far colazione. Mi raccomando però, non parlare alla mamma sennò le prende un colpo.
    Mentre la porta della camera si chiude alle loro spalle, un orsetto e un tigrotto balzano dalla collina rossa giù nella piana di un fitto sottobosco d'angora, si dirigono verso Casa Barbie. Deve essersi bruciata la colazione, a quanto pare. Una danza di fiamme gialle si alza dalle finestre e la parete di destra è già liquefatta in un laghetto di plastica fucsia.
    Presto Tigro, chiama i Paw Patrol... c'è un'emergenza in corso.

    L'assito della scala suona una melodia cacofonica sotto i piedi di Mielle, un concerto di strappi e scricchiolii nel legno scuro. In braccio alla bimba Tabby si ancora con le unghiette al soffice tessuto del pigiama, il musetto a strofinare il volto di Ariel stampato sulla maglia. I ritratti incorniciati alla parete osservano nella penombra la lenta discesa della bimba col gatto. Mielle, come sempre, evita di guardarli; non le è mai piaciuta quell'arte della madre, non ha mai capito quale bellezza vi trovasse in quei volti doloranti, pallidi e scavati, gli occhi infossati che la seguivano atterriti scendere la scala. Occhi liquidi che sembravano animarsi nella penombra, perciò evitava di guardarli, tenendosi il più lontana possibile, rasente alla balaustra.
    La cucina è un deserto arido e bigio, niente mamma, niente scodella della colazione.
    Niente giornale del mattino sul tavolo, niente tovaglietta con i lemuri di Madagascar, nessuna scatola di corn-flakes; soltanto le medicine della mamma, flaconcini allineati come mesti soldatini. Il pentolino del latte sul fornello orfano della fiamma, l'orologio a muro fermo alle 3 e 23, un calendario con la pagina ingiallita e arricciata, il bricco del caffè vuoto, la ciotola di Tabby vuota.
    Un pulviscolo cinereo che vortica pigro, stolido, nel riquadro dell'uscio aperto.
    ̶ Forse è uscita a prendere la posta ̶ esclama Mielle varcando la soglia e inoltrandosi lungo il vialetto.
    La porta si chiude alle sue spalle, una fiamma azzurra abbraccia un pentolino del latte, una danza di pillole sul pavimento, fantasmi alle pareti urlano come anime straziate tra le fiamme dell'inferno.

    Come ogni mattina uno scuolabus giallo attende lungo il marciapiedi, ma non c'è la signora Johnson ad accoglierla come sempre.
    ̶ Ma... ma... quello è... ̶ Mielle non riesce a terminare la frase, tanto è lo stupore.
    ̶ Sì, da non crederci ̶ miagola esterefatto Tabby. ̶ È proprio lui... Willy Wonka!
    ̶ Al vostro servizio, signorina ̶ risponde Willy levandosi il cappello in un inchino teatrale. ̶ A bordo, che si parte!
    ̶ Dove andiamo? ̶ chiede la bimba salendo la scaletta del mezzo.
    ̶ All'Isola che non c'è ̶ le risponde Peter dal seggiolino in seconda fila.
    ̶ E poi a Hogwarts ̶ gli fa eco Harry.
    ̶ E poi...
    E poi il bus parte in una nuvola di fumo color dell'arcobaleno, si fa sempre più piccolo all'orizzonte, per scomparire infine dietro il sole.
    Lasciandosi dietro una casa delle Barbie che va in fiamme e il lamento delle sirene dei pompieri che irrompono nella via.

     
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    Complimenti asteromagistro, hai il dono di dipingere con le parole: in questo caso con tinte pastello, direi, anche se ti confesso (con una certa vergogna) che dopo un paio di riletture non mi è ancora del tutto chiaro se il finale viri decisamente al nero: nella mia morbosa interpretazione... (SPOILER - NON LEGGERE PRIMA DEL RACCONTO)
    la piccola Mielle muore alle tre e ventitré del mattino in un incendio che si è sviluppato giù in cucina, e tutti gli eventi magici di quel risveglio sono giustificati dal fatto che la bimba è ormai nell'aldilà, e si appresta a prendere uno scuolabus che la porterà dietro il sole, cioè in paradiso. Il tempo si è fermato, come indicano anche quel calendario con la pagina ingiallita e arricciata e l'aria immota, sospesa, che si respira in cucina.

    Dimmi tu se ho azzeccato, se era estremamente ovvio e sono fesso io (probabile), oppure se lasci libertà di interpretare! :D

    In ogni caso, ho apprezzato moltissimo la ricercatezza dello stile - a volte ai limiti del barocco, ma in questo caso ci sta - e l'invenzione di alcune espressioni che funzionano a meraviglia ("le lappa le briciole di sonno dagli occhi" è forse la mia preferita). E' un racconto che esige un po' di concentrazione e immaginazione da parte del lettore, ma direi che lo ripaga ampiamente.

    Edited by Alan S. - 5/4/2019, 23:52
     
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    Alan S. grazie per il commento, la pazienza e il tempo dedicatomi. Non comprendo il tuo denigrarti quando poi hai colto tutti i tasselli del puzzle e assemblati come meglio non saprei spiegare. Se non fosse controproducente, potrei consigliare gli altri a fare prima e leggere la tua precisa sintesi. ;)
     
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    CITAZIONE (asteromagisto @ 5/4/2019, 23:06) 
    Alan S. grazie per il commento, la pazienza e il tempo dedicatomi. Non comprendo il tuo denigrarti quando poi hai colto tutti i tasselli del puzzle e assemblati come meglio non saprei spiegare. Se non fosse controproducente, potrei consigliare gli altri a fare prima e leggere la tua precisa sintesi. ;)

    Per carità, sarebbe terribile :lol: Anzi, per non guastare agli altri il piacere dell'indagine ho messo sotto Spoiler la mia spiegazione. Sono contento di avere azzeccato al 100%... mi denigravo preventivamente perché è facile lanciarsi in ipotesi quando non si può essere smentiti; altra cosa è avere l'autore del testo dall'altra parte dello schermo, pronto a risponderti "ma che stai a dì?" :D

    Ti dirò che fra tutta quella pacioccosa tenerezza ora ci sono due o tre passaggi da brivido alla schiena! Confermo in pieno la mia analisi: è un racconto che premia la rilettura. ;) Grazie a te per l'ottimo lavoro, è stato un piacere esaminarlo.
     
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    altra cosa è avere l'autore del testo dall'altra parte dello schermo, pronto a risponderti "ma che stai a dì?"

    Per quanto mi riguarda, prima di apostrofare il lettore in tale modo mi chiederei "cosa non ho detto pe' te' fatte capì?"
     
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    Ottimo stile narrativo. Veramente bravo, hai la capacità dello "show, don't tell". Sembra quasi un film della Walt Disney, con un finale tragico (io l'ho interpretato così), ma velato da note dolci di fantasia che rendono il racconto sottile.
    Solo un appunto, ma per gusto, più che altro: l'uso, in alcuni casi, degli aggettivi anteposti che "smielano" un po'. Comunque, tutto sommato, in questo contesto pseudo-fantastico non stonano.
    Questo appunto l'ho fatto anche ad Alan nel primo capitolo del suo romanzo :) Ma è solo un mio personale non gradimento di quest'uso dell'aggettivazione e lo stesso vale per le d eufoniche, a volte.
     
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    FraInVena Grazie per lettura e commento.
     
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    mamma mia sono cascato in un nido di scrittori e critici letterari professionisti, meglio ch'io mi taccia!

    dirò solo che ho letto il racconto e mi è piaciuto... abbastanza.
     
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    Grazie Lucio Musto.
    Vai tranquillo con me, non ho nessun titolo accademico, anzi alla voce titolo di studio c'ho scritto somaro. Infatti nel periodo scolastico non mi piaceva leggere e ho la licenza media risicata con la sufficienza. Poi più avanti negli anni devo aver battuto la testa da qualche parte e mi è venuto il bernoccolo della lettura e poi quello della scrittura.
     
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    Gilda del Reame

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    doveva essere un trave molto buono, dove hai battuto la testa, perché il bernoccolo è uscito artistico un bel po'! ;) :)
     
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    Cavoli! qui hai raggruppato alcuni cartoni e film facendone un racconto scorrevole e invitante a leggere, mentre leggevo fantasticavo anche sui personaggi che via via apparivano.
    Complimenti per avermi fatto fantasticare e quasi ritornare bambino.
     
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    Complimenti, scrittura fluida e coinvolgente. Hai fatto rivivere numerosi personaggi che sebbene anziana conosco bene, hai trattato il mondo bambino con dolcezza e attimi di meraviglia. Inizialmente credevo fosse un sogno della bambina, l' evento tragico del finale riempie di tristezza. Ottimo lavoro.
     
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    Grazie.
     
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    Notevole racconto, scritto molto bene a livello sia descrittivo sia narrativo. Per un'anima candida, anche gli eventi tragici sono avvolti nel candore zuccherato di sogni da bambina: sono rimasto a pensare a questo racconto per diversi giorni dopo averlo letto, mi ha molto colpito. Complimenti!
     
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    ikebanacka
    Grazie, mi fa piacere che la lettura ti abbia lasciato una qualche eco.
     
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