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. Dopocena con applauso
Ce ne siamo andati, mia moglie ed io, a “provare” il rinomato ristorante “di nicchia” su nel paesetto in collina. Siamo curiosi da sempre, ed ora quest’uso è anche di moda.
Locale piccolo, curatissimo, grazioso, un buon connubio di rustico ed elegante. Personale cortese, ottima cucina tradizionale con un pizzico di originalità, servizio perfetto.
Esperienza notevole, anche perché ci sono gli ammennicoli piacevoli. Forse perché è già tardi e siamo rimasti in pochi clienti, forse perché siamo i più anziani della serata e certamente “forestieri”, forse perché qui usa così, ma a servirci il caffè è il padrone stesso del locale che ci intrattiene in amabili conversari, ci offre alcuni bicchierini “speciali” che consuma con noi, ci narra gustosi fattarelli locali, forse inventati ad hoc, ma credibili, forse chissà perché… certo che usciamo dal locale abbastanza tardino, leggeri nello spirito e nemmeno troppo disturbati dal costo della cena, a mio parere decisamente esagerato. Ma si sa: io m’incazzo a mangiar male, sul conto so essere compiacente e non lagno.
Pochi passi fuori del locale ed un qualcosa sul selciato attira la mia attenzione: banconote da 20 euro piegate fra loro, esattamente la metà di quanto abbiamo pagato al ristorante, mancia compresa.
Non c’è nessuno intorno e questo “dono” improvviso mi mette subito in allarme. Certo io non credo ad un “contributo celeste” per le mie finanze, ma ai campanelli d’allarme si, ci sto attento, e mi si drizzano le orecchie. Pochi passi ancora per le deserte stradine del paese, verso il parcheggio, ed avvertiamo un allegro vociare proveniente da una delle traverse, quella che porta alle mura del “Castello” I ragazzi del paese si sono riuniti al solito muretto e fanno chiasso fra loro.
Forse è qualcuno di loro che ha perso i soldi che abbiamo trovato!... andiamo solleciti a raggiungerli:
“Scusate, ragazzi… abbiamo trovato dei soldi, per strada, e ci siamo chiesti se per caso qualcuno di voi li abbia persi…”
“io!, io!, io!...” l’ovvio coro spontaneo esplode immediato, ed è naturale: fossi stato dalla loro parte, li in mezzo ci sarebbe anche la mia voce.
“Bene! Sono contento che nessuno di voi debba rimetterci! Ma non è possibile che siate stati in tanti, a perderli! – Comunque non conta: io sono pronto a pagare il doppio a chi mi dice di quant’era la somma e quali strade ha fatto per venire qui… e naturalmente pago se le risposte sono esatte e compatibili col posto dove abbiamo trovato i soldi.”
L’imbarazzo si fa subito palpabile e c’è qualche attimo di assoluto silenzio. Poi, quello che appare il capopopolo:
“Ovviamente nessuno di noi ha perso quei soldi…”
“Allora, visto che son soldi di questo paese e non miei…”
Non mi lasciano finire; il più sveglio del gruppo salta su:
“Allora ce ne andiamo tutti al bar e beviamo alla salute di voi nonni!”
“E nemmeno sarebbe equo! Perché vedete: qualcuno ha faticato per guadagnarseli, anche se poi li ha persi, io ho avuto la fortuna di trovarli ed ho fatto la fatica di portarveli… voi non avete fatto nulla, e vorreste berveli! – Non sarebbe giusto!, che ne dite?...”
Ora i ragazzi del paese sono zitti ed attenti, intuiscono che da qualche parte li voglio portare:
“… Allora visto che sono soldi di questo paese e sono in mano mia, io adesso vado a portarli al vostro convento di Clarisse come elemosina, poiché quelle suorine vivono solo di carità, e l’elemosina la faccio a nome vostro che siete i figli del paese! Siete d’accordo?”
I bravi ragazzi del paese in collina esplodono in un applauso in onor nostro che ci appare sincero.
Ed alla fine una ragazzina, la più dolce del gruppo:
“Si!, però l’elemosina anche a nome di voi nonni… per essere equi!”
Certe volte, a noi vecchi, scappa la lacrimuccia!
Lucio Musto 13 marzo 2024
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