Lezione 10: La pronuncia

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    Lezione 10: La pronuncia



    Lezione estratta dal sito: http://sakuramagazine.com/giapponese-la-pronuncia/



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    Ciò che è importante conoscere quando ci si appresta a imparare una lingua è sicuramente la pronuncia delle parole. Visto il suo complesso sistema di scrittura e i suoi ideogrammi, è facile credere che imparare la pronuncia di ogni simbolo giapponese sia veramente difficile.

    In realtà la pronuncia del giapponese è abbastanza semplice, soprattutto per un italiano. Le vocali infatti sono pronunciate all’italiana o come lo spagnolo mentre le consonanti all’inglese. Sapendo ciò i casi che possono essere incontrati e che è bene tenere presente sono:

    ch: la pronuncia ch è dolce, chi, cha, cho e chu si pronunciano come la parola italiana “cena” o “cesto”, quindi si leggono come se fossero ci, cia, cio e ciu.

    g: la pronuncia della g è dura come la g tedesca o come quella italiana della parola “gatto” o “gara”.

    h: è sempre aspirata.

    j: è letta come viene letta la g di “gioco” o ” gelato“.

    sh: la pronuncia di sh viene trattata come la nostra “scena” o “shampoo”.

    z: la pronuncia è dolce come nell’italiano “rosa” o più dura come “zona” se messa a inizio parola o dopo la “h“.

    r: al contrario di quanto possano pensare molti che credono che i giapponesi usino la L, in realtà la L nel giapponese non esiste e al suo posto viene usata la R. Se un giapponese infatti dovesse pronunciare la parola italiana “Limone” direbbe “Rimone”!

    u: in su e tsu la pronuncia della “u” è quasi muta e assorbita.

    In molte parole non viene neanche pronunciata.

    Esempio:
    desu = des
    gozaimasu = gozaimas


    Ma la "u" come la "i" non viene pronunciata neanche se si trova all’interno di una parola.

    Esempio:
    Yoroshiku Onegai Shimasu = Yoroshku Onegai Shimas
    Shitsurei Shimasu = Shitsrei Shimas


    Un’eccezione infine è la "m" che al di fuori del composto sillabico non esiste. Quindi non troverete mai in giapponese una m dietro la b o la p.

    Parole come Tempura o Shimbun in realtà dovrebbero essere scritte più correttamente Tenpura o Shinbun. La ん n infatti oltre ad essere una consonante che sta in un composto sillabico è anche una consonante che, potendo stare anche da sola, può benissimo prendere il posto della m vicino alla b e alla p.


    Vocali

    Le vocali, come già detto prima, si pronunciano all’italiana, tuttavia c’è ancora qualcosa da aggiungere.

    Le vocali in giapponese possono anche essere raddoppiate e la loro pronuncia di conseguenza si allunga.
    Vediamo come:

    – a, i, u si allungano in aa, ii, uu:
    a –> okaasan
    i —> oniisan, chiisai
    u –> kuuki
    – la e si allunga in ei, soprattutto se si trova a fine parola e si pronuncia come se fosse ee:
    e –> sensei ( pronunciato sensee), gakusei (pronunciato gaksee ricordando che la u non si legge nemmeno)
    – la o si allunga in ou o in oo:
    o –> ohayoo, arigatoo (o arigatou), shoujo, Ookii



    Semivocali

    Esiste infine un’altra categoria ancora di lettere che sono la Y e la W che sono considerate dai giapponesi come semivocali.

    La pronuncia della Y è molto semplice: si unisce sempre alle vocali a, u, o e forma le sillabe ya, yu, yo che si leggono come se si leggesse uno iato italiano: ia, iu, io.

    La W invece si accompagna sempre alla vocale a e alla vocale o formando così le sillabe wa e wo.

    La sillaba wo può essere pronunciata in due modi differenti:

    si può pronunciare uo distinguendo sia la w che la o.
    si può pronunciare solo o dove la w non si sente nemmeno.
    Stessa cosa accade per la sillaba wa.


    Particolari eccezioni

    Nelle parole composte spesso può verificarsi la nigorizzazione del secondo componente della parola

    Esempio:
    hito + hito = hitohito —> hitobito
    hira + kana = hirakana —> hiragana
    yo + kashi = yokashi —> yogashi


    La nigorizzazione però è un fenomeno assai frequente che può verificarsi non solo nelle parole composte ma anche in parole singole o addirittura particelle che variano la loro consonante iniziale senza tuttavia cambiare il loro valore grammaticale all’interno della frase.

    Esempio:

    tomo –> domo
    temo –> demo
    kurai –> gurai


    Per raddoppiare una consonante il raddoppiamento avviene attraverso un piccolo simbolo chiamato “tsu” che in hiragana è つ e in katakana è ツ. Per raddoppiare una consonante infatti basta scriverlo prima della consonante che va raddoppiata e per magia la consonante non sarà più una ma due.


    Punteggiatura

    La punteggiatura in Giapponese è molto limitata.

    Le parole vengono scritte tutte attaccate senza spazi perciò il giapponese non necessita di punteggiatura o simboli che dividano i periodi in una proposizione. Ciò che è possibile trovare in giapponese è la virgola, chiamata “ten” che è come la nostra solo rivolta verso la direzione opposta e il punto, detto “maru“, rappresentato da un cerchietto.

    Al giorno d’oggi è forse possibile trovare, in cartelli, insegne o testate pubblicitarie il punto esclamativo (che viene a volte reso nelle frasi con uno tsu つ) tuttavia il giapponese ha il punto interrogativo rappresentato invece dalla particella か “ka” che affianca il verbo a fine proposizione e rende la frase interrogativa.

     
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