Il tempo dell'Autorità

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    In quei tempi, l’Autorità conosceva tutto. Nulla le sfuggiva: nulla del passato, perché aveva immagazzinato nella sua memoria digitale tutte le informazioni catalogate dal genere umano; nulla del presente, perché costanti e ininterrotti flussi di dati le fornivano notizie e aggiornamenti in tempo reale; nulla del futuro, perché i suoi sofisticati algoritmi le permettevano di prevedere con accuratezza ogni genere di avvenimento riducendo al minimo il margine di incertezza.
    Fu pertanto con stupore – con il risibile stupore che può mostrare un’intelligenza artificiale – che quel giorno si avvide che una persona si era improvvisamente scollegata. Dopo un attimo di smarrimento, in cui passò in rassegna ogni eventualità, si ricompose subito e, senza indugio, trasmise tutte le informazioni necessarie all’agente Tripla Lambda.
    Tripla Lambda interpretò al volo gli ordini ricevuti e si affrettò a raggiungere il portale di teletrasporto. In pochi secondi, si trovò alla stazione di controllo competente per territorio. Aprì senza bussare la porta che recava una targhetta digitale su cui era scritto: “LUOGOTENENTE DACO”.
    Daco era un uomo sui quarant’anni, ben piantato, un paio di baffi scuri su un viso in quel momento particolarmente accigliato. Spostò lo sguardo penetrante dallo schermo del computer alla persona che si era presentata davanti a lui: una figura alta e snella nel suo giubbotto di pelle, viso androgino con pelle chiara e liscia, capelli corti blu con una zazzera che scendeva fino ai grandi occhi viola, labbra sottili sopra un mento a punta.
    «E così tu saresti l’agente Tripla Lambda», disse con sussiegosa noncuranza strizzando gli occhi.
    «Complimenti per la perspicacia, Daco. Vuoi forse farmi credere che hai già letto tutto il rapporto che ti è stato inviato?», rispose Tripla Lambda con voce in falsetto.
    «Naturalmente no: a differenza di voi cyborg, non ho la capacità di elaborare all’istante tutti i dati che mi sono forniti. Mi sono limitato a leggere le parole in grassetto».
    «Lo so, Daco, lo so. La mia domanda, così come tutte le domande che mi capiterà di farti, era puramente retorica, perché io conosco già ogni risposta che potrai darmi: mi diverte però evidenziare la tua inferiorità. Voi esseri umani siete così dannatamente primitivi...».
    «Per quel che mi riguarda, puoi compiere la tua missione senza il mio aiuto, visto che ti reputi tanto in gamba».
    Tripla Lambda scoppiò a ridere.
    «Sei proprio uno sciocco. Sai bene quali sono le regole: non posso uccidere nessun essere umano se non in presenza di un altro essere umano che sia in grado di testimoniare la correttezza del mio operato. È una regola che manifesta una grande pietà: se non ci fosse, vi avremmo sterminati da tempo, con la facilità con cui si schiaccia uno scarafaggio. E ora sbrigati! Non occorre che tu finisca di leggere: mentre ci dirigeremo sul luogo dell’indagine, ti spiegherò io cosa è successo».
    Daco si alzò dalla sedia, prese la giacca dall’appendiabiti e, a grandi passi, fece per uscire dalla stazione di controllo insieme al cyborg, ma si trattenne sulla soglia.
    «Devo forse prendere i robot rilevatori per sguinzagliarli alla ricerca dell’indagata?».
    «Lascia perdere», gli rispose il cyborg. «Indossa piuttosto il tuo jet pack e seguimi: nonostante tutte le nostre chiacchiere, sono passati meno di cinque minuti da quando Ada Hokler si è scollegata».
    Quando spiccarono il volo grazie al dispositivo a propulsione, in un batter d’occhio la città si fece piccola sotto di loro: Daco seguiva il suo compagno attraverso il cielo limpido e, al contempo, si guardava intorno godendosi il paesaggio dei crinali montuosi coperti da foreste multicolore in quell’inizio di autunno, uno dei rari paesaggi incontaminati di una realtà quasi completamente antropizzata.
    «Non vedo l’ora che sia tutto cementificato», suonò ironica nell’auricolare la voce acuta di Tripla Lambda.
    «Come facevi a sapere che stavo contemplando il panorama? Mi leggi nel pensiero?».
    «So cosa pensi sulla base di quello che hai pensato, Daco. E analizzando i dati sulle tue preferenze, sui tuoi gusti, sui tuoi interessi, capire quello che penserai altro non è che una questione di probabilità: voi umani siete così prevedibili…».
    «E come mai Ada Hokler è fuoriuscita dai vostri schemi?».
    «La tua domanda è beffarda, ma riconosco che hai colto il punto: Ada Hokler era una persona originale, ma il suo scollegamento è risultato imprevisto. La stiamo andando a cercare proprio per questa ragione».
    «Parlami di lei».
    «Ada Hokler ha diciassette anni, è una ragazza di media statura, magra, dai capelli chiari. Non è una persona appariscente, anzi, tutto il contrario. Si veste con maglioni o camicette, evitando le griffe all’ultima moda: si concede poche frivolezze, non è dedita allo shopping. Le piace camminare in montagna da sola. Ama il disegno e la letteratura: legge testi di filosofia o di narrativa classica. Sui social network compare solo incidentalmente, quando amici o conoscenti parlano di lei».
    «E ora si è scollegata».
    «Meno di dieci minuti fa, l’Autorità ha rilevato di aver perso ogni contatto con lei mentre si trovava in quel punto laggiù», e Tripla Lambda puntò l’indice in direzione della boscaglia a circa un chilometro di distanza.
    «Non attiviamo i droni per pattugliare la zona?».
    «Possiamo farlo se necessario. Ora però iniziamo le indagini a partire dall’ultimo punto conosciuto: in dieci minuti non può essersi allontanata troppo, l’area da controllare non è vasta».
    Atterrarono su uno stretto sperone roccioso che emergeva tra la vegetazione come una sorta di piattaforma orizzontale: Daco, guardando lo strapiombo, considerò che chi avesse avuto la malaugurata idea di tuffarsi da quel trampolino naturale sarebbe precipitato per una cinquantina di metri prima di toccare il suolo.
    «Cinquantadue metri, Daco: un’altezza sufficiente perché tu ti possa fare male se ti capita di inciampare e di cadere dabbasso», soggiunse la consueta voce saccente in falsetto.
    Entrambi si tolsero il jet pack e lo poggiarono ai piedi di un larice ai margini di una piccola radura. Sul terreno si trovava uno smart watch abbandonato. Daco lo indicò.
    «Immagino che si tratti dell’ultima fonte di collegamento della nostra ricercata… Quindi le nostre indagini partono da qui?».
    «E probabilmente qui giungeranno anche a termine», rispose Tripla Lambda scrutando tra le piante ed estraendo la pistola dalla tasca interna del suo giubbotto.
    Daco volse lo sguardo nella direzione suggeritagli dal compagno: in piedi, appoggiata a un tronco, con le braccia conserte, una ragazza li stava fissando.
    «Ada, coraggio, vieni verso di me: la tua fuga è stata molto breve», sibilò il cyborg.
    «Non sono mai fuggita», rispose lei avvicinandosi senza timore, «sono sempre rimasta qui».
    «Hai fatto bene: ogni tentativo di scappare sarebbe stato inutile».
    «Non ne sarebbe valsa la pena: non volevo sprecare i minuti della mia libertà nella paura di dover far perdere le mie tracce o di trovare un nascondiglio».
    Daco rimase impressionato dalla fiera sicurezza con cui lei pronunciava le sue parole e si intromise nel dialogo.
    «Così tu saresti Ada Hokler? Lo confermi?».
    «Certo», gli rispose, mentre Tripla Lambda annuiva avendo già effettuato il riconoscimento facciale.
    «Io sono il luogotenente Daco, responsabile della locale stazione di controllo, e qui con me c’è l’agente Tripla Lambda, inviato dall’Autorità. Immagino che tu sappia il motivo per cui siamo venuti alla tua ricerca».
    «Certo», ripeté.
    Seguirono un paio di secondi di silenzio prima che Daco facesse la successiva domanda.
    «Quello lì a terra credo che sia il tuo smart watch. Come mai non si trova al tuo polso? L’hai smarrito?».
    «L’Autorità ha escluso, sulla base dei dati disponibili, qualsiasi evento correlato a perdita accidentale, guasto, decesso improvviso del proprietario», intervenne Tripla Lambda.
    «L’Autorità ha ragione: me ne sono liberata volontariamente», disse lei.
    «E perché?», si affrettò a domandare Daco.
    «Forse potrà sembrarvi ridicolo, ma io volevo avere un momento per me, per me sola, per guardare il panorama e l’intera vallata da quello sperone roccioso, e sentirmi libera di lasciar correre a briglia sciolta i miei pensieri e di immedesimarmi nella natura. Avevo voglia di staccarmi dalla tecnologia».
    «Come hai fatto? Lo smart watch avrebbe dovuto rilevare qualsiasi tuo impulso nervoso e inviare il dato all’Autorità: in quella frazione di istante che avrebbe separato il momento della nascita del tuo pensiero e il gesto di strappare lo smart watch, la tua intenzione avrebbe dovuto essere colta e interpretata», disse con rabbia il cyborg.
    «Questo non lo so, so solo che mi sono sentita di fare così, non è stato un gesto premeditato. Forse esistono sensazioni e sentimenti che non possono essere spiegati dalla biologia. Ho letto che il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce».
    «Blaise Pascal, “Pensieri”», commentò Tripla Lambda sorridendo sarcasticamente. «Ma le vuote citazioni non gioveranno alla tua difesa».
    «Ora sei disposta a indossare nuovamente il tuo smart watch?», le chiese Daco.
    «No», sospirò Ada. «No. Sento che il mio cuore non potrebbe più sopportare di essere incatenato dalla tecnologia».
    «Daco, ricorda alla ragazza l’articolo 1 della Legge Universale».
    In risposta all’esortazione del cyborg, il luogotenente recitò senza alcuna passione: «Ogni essere umano ha il dovere di contribuire al miglioramento della collettività. Il progresso si realizza mediante la costante interazione tra uomo e macchina. Chi non partecipa a questo fine superiore, sia escluso dalla società e sia messo a morte quale nemico del genere umano».
    Ada abbassò gli occhi: «Lo so. Sono sicura della mia scelta».
    Tripla Lambda puntò la pistola verso di lei.
    «Mi spiace per il tuo errore, bimba, ma le scelte sbagliate si pagano care: se ce ne fossero stati i presupposti, sarei stato contento se tu ti fossi ravveduta».
    «Un tempo esistevano i processi, agente Tripla Lambda: io non mi sento colpevole».
    «I processi sono diventati inutili da quando il verdetto è stato affidato alle decisioni di un’intelligenza artificiale: il mio giudizio è infallibile, perché nessun giudice umano potrà mai emettere sentenze affidabili quanto le mie. Non è vero, Daco?».
    Il cyborg, voltandosi ad angolo retto, puntò la pistola contro il luogotenente, il quale d’istinto alzò le mani.
    «Ehi, che ti prende?».
    «Andiamo, vecchio mio… Dimentichi che ogni impulso elettrico prodotto dai tuoi miseri neuroni viene rilevato e conosciuto in tempo reale dall’Autorità? Vuoi forse dirmi che non stavi per avventarti su di me per impedirmi di giustiziare la nostra colpevole?».
    «Non intendevo fare questo: forse è un pensiero che mi è sorto inconsciamente, ma non avevo alcuna volontà di realizzarlo! Penso sia naturale chiedersi se sia giusto uccidere una ragazza che ha ancora tutta la vita davanti per rimediare a una sciocchezza giovanile».
    «Naturale… giusto… sono aggettivi che non hanno alcun senso di fronte al diritto positivo: la Legge Universale...».
    Un colpo secco risuonò a interrompere le considerazioni che Tripla Lambda stava esponendo a Daco. Ada ancora teneva tra le mani il ramo con cui aveva colpito con tutte le sue forze la schiena dell’agente, ma questi non aveva mostrato alcuna conseguenza per la percossa subita e tornò a voltarsi corrucciato verso di lei.
    «Piccola insolente! Che cosa pensavi di fare con questo bastoncino? Non sai che il chip installato nel mio sistema nervoso controlla anche la sensazione del dolore? Credevi di farmi del male?».
    La ragazza si lasciò sfuggire il ramo dalle mani tremanti. Il cyborg le sferrò uno schiaffo che la fece cadere a terra.
    «E ora, Daco, torniamo a noi due: come stavo dicendo...».
    Ma quando Tripla Lambda si girò, non trovò il luogotenente davanti a sé: per terra, erano rimasti tutti gli apparecchi tecnologici di cui il compagno si era frettolosamente liberato.
    «Cazzo!», ringhiò. Adesso doveva mettersi alla ricerca di un altro essere umano che si era scollegato, molto più pericoloso di una stupida ragazzina, senza tuttavia dimenticarsi di quest’ultima. Dalla tasca del giubbotto estrasse con gran rapidità un paio di manette che lanciò in direzione della prigioniera: il dispositivo si chiuse automaticamente serrandole le caviglie, così da impedirle qualsiasi tentativo di fuga.
    «Vuoi farmi fare una brutta figura davanti all’Autorità? Pensi forse di riuscire a sfuggirmi? Vieni fuori, Daco! Nel giro di due minuti, ti troverò comunque!», urlò il cyborg con voce stridula mentre iniziava a osservare i dintorni.
    Un sasso saettò nell’aria e colpì Tripla Lambda sulla tempia, facendolo barcollare all’indietro e aprendogli tra i capelli blu una ferita da cui sgorgarono sangue e silicio. Daco, lanciandosi dal ramo dell’albero su cui si era arrampicato, piombò sull’avversario brandendo una pietra: atterratolo, riuscì a colpirlo una prima volta sul viso, spaccandogli un occhio, ma non fu in grado di metterlo fuori combattimento. Il cyborg gli afferrò il polso e, storcendolo bruscamente, l’arma rudimentale scivolò dalla mano dell’uomo; con un pugno al costato e un calcio sul ventre, si liberò dalla presa e buttò a terra il luogotenente. Prese la pistola che gli era sfuggita nella colluttazione e sparò. Daco, buttandosi sul fianco, evitò per un soffio il raggio di energia emesso dal blaster, che andò a provocare una buca nel suolo schizzando zolle di terra ed erba bruciata tutt’intorno.
    «Ti diverti a saltellare qua e là come un grillo? Ti disintegrerò a costo di polverizzare l’intera foresta!».
    «Agente Tripla Lambda!».
    Sentendosi chiamare dietro di sé, il cyborg si voltò ma non fece in tempo a vedere altro che un paio di scarponi colpirlo violentemente al volto: Ada era riuscita a utilizzare il ramo di un albero come una sbarra su cui sollevarsi e, facendosi dondolare, aveva acquistato sufficiente forza cinetica per piombare su di lui. Perdendo l’equilibrio, Tripla Lambda finì per cadere addosso a Daco, il quale, trovandosi ancora a terra, sollevandosi riuscì a fare leva per catapultare l’avversario oltre il limite della radura. Il cyborg rotolò rovinosamente sullo sperone roccioso: piantando le unghie al suolo, riuscì a creare un sufficiente attrito per evitare per un soffio di cadere oltre lo strapiombo.
    Rialzandosi, l’agente trovò di fronte a sé Daco con la pistola in mano.
    «È giunta l’ora di porre fine a questa lotta», sentenziò il luogotenente, e premette il grilletto.
    Non successe nulla. L’arma pareva inceppata.
    Tripla Lambda scoppiò a ridere sguaiatamente.
    «Che faccia delusa! Come mai? Non ti aspettavi che solo io potessi utilizzare il mio blaster? È un’arma ad attivazione biometrica: senza le mie impronte digitali, quella pistola...».
    Non terminò la frase. Una pietra, la stessa pietra con cui era stato colpito in precedenza, arrivò a gran velocità e lo prese sotto il mento. Il cyborg indietreggiò di un solo passo, ma quel movimento gli fu fatale: nonostante un disperato tentativo di aggrapparsi alla roccia, cadde per cinquantadue metri prima di sfracellarsi al suolo.
    Daco guardò alle proprie spalle: Ada, in piedi in equilibrio precario per via delle manette che le bloccavano le caviglie, aveva sollevato indice e medio della mano destra in segno di vittoria.
    «L’era della pietra ha battuto l’era digitale».
    «Complimenti, ragazzina. Bel lancio! Credo di doverti la vita».
    «E io credo di doverla a te. Come mai hai scelto di aiutarmi e di trasgredire le leggi?».
    «Penso che ci siano leggi non scritte che non sono di oggi o di ieri, ma che valgono sempre per la propria coscienza».
    «Sofocle, “Antigone”», commentò Ada sorridendo dolcemente.
    Daco le si avvicinò.
    «Dobbiamo scappare. Credo che quel bastardo mi abbia rotto il polso e una costola, ma io perlomeno sono in grado di reggermi in piedi. Devo capire come liberarti da queste manette».
    «È inutile: guarda là».
    Seguendo l’indicazione della ragazza, l’uomo scrutò l’orizzonte: diversi droni erano in volo e si stavano rapidamente avvicinando.
    «Maledizione! Cosa facciamo?».
    «Li aspettiamo», disse lei con tono fermo e risoluto. «Li aspettiamo e vinceremo».
     
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    La primissima impressione che ho avuto dopo avere terminato la lettura è stata letteralmente: wow!!! Adorto i cyberpunk e i personaggi come Ada Hokler, che considero i veri eroi.
    Piaicuto moltissimo anche il lessico utilizzato.

    Celebri la vittoria dell'uomo sulla macchina, della mente sull'IA. Eccezionali le citazioni.

    Per caso il personaggio di Tripla Lambda è ispirato da Lamda Lupi? Cioè la stella tripla gerarchica situata nella costellazione del Lupo?

     
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    Cavaliere di Corte

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    Ike. :cappello:

    A parte quelle che sono davvero minuzie, sempre ottimo dal punto di vista formale. Resta ancora un po' di rigidità per quanto riguarda i dialoghi, ma prima o poi li padroneggerai appieno.
    Ho apprezzato le citazioni colte che arricchiscono il brano, e in questi giorni di transumanesimo spinto in cui dei sociopatici vogliono microchipparci e ridurci a capi di bestiame, la tematica non poteva essere più attuale. Come in Avatar, tecnosfera vs biosfera, organico contrapposto a inorganico, analogico contro digitale, coscienza ed emozione contro fredda logica razionale.
    Come ha detto Ivano si avvicina più al sottogenere cyberpunk che alla fantascienza pura, comunque l'ho sicuramente apprezzato. :proprio:
     
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    Bel brano, ike: ricorda la sceneggiatura di un film, con una netta prevalenza di dialoghi e una vera e propria sequenza d'azione coreografata nei minimi dettagli. Mi immagino un prosieguo alla Léon o alla Bourne Identity (avevi in mente qualcosa del genere mentre scrivevi?), con un agente ribelle braccato dai suoi ex padroni e una ragazza che lo aiuta nella sua battaglia.

    Trovo particolarmente azzeccato e significativo il modo in cui il cyborg riesce a predire le azioni degli umani: è il parossismo degli attuali algoritmi che seguono le nostre abitudini di consumo e anticipano i nostri desideri, dando l'impressione di leggerci nel pensiero. Difficile non guardare con crescente inquietudine allo sviluppo dell'intelligenza artificiale, e infatti ho trattato il tema anche nel mio racconto. 🤭

    Che altro dire che non sia già stato detto? L'ho letto tutto d'un fiato, e questo è sempre un ottimo segno. Bravo ike! 🤝
     
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    Mi è piaciuto molto leggere questo racconto: l'ho iniziato ieri ed ero curioso di vedere come continuasse, non mi sono mai annoiato nella lettura, il che vuol dire molto.


    All'inizio mi ha ricordato una fusione tra Matrix e atmosfera Orwelliana stile 1984.
    Ho trovato affascinante le figura dell'Autorità e il cyborg, il primo la mente e il resto come le sue braccia, il corpo.


    Concordo con Alan sul fatto che sono ben azzeccate le previsioni del cyborg, infondo è quel che ti aspetteresti da una macchina.


    Per i dialoghi è vero, sono un po' macchinosi (giusto per rimanere in tema :laugh:) verso la fine anche c'è una successione di dialoghi che ha più effetto con qualche beat in più in mezzo.

    È bene evitare secondo me dialogue tag come "chiese, commentò, rispose" è molto spesso ovvio nel dialogo stesso è meglio sostituire con movenze, azioni e atteggiamenti dei personaggi.


    Che altro dire? Mi ha preso come lettura, nonostante abbia letto poco su questo genere, ma lo farò più spesso: mi ha ispirato a scoprire qualche nuovo autore.
     
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    Ada Hikler, un nome da segnare sul taccuino. La rivedremo ancora?
     
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    Vi ringrazio per i commenti positivi! Ho cercato di trattare, in forma distopica, un tema attuale: non siamo molto lontani da questa visione, ad esempio in campo giuridico l'applicazione dell'IA nell'elaborazione delle sentenze è un argomento molto caldo e dibattuto.
    Cercherò di esercitarmi su quegli aspetti che mi sono stati fatti notare come migliorabili, in particolare i dialoghi: ogni consiglio è ben accetto! Preciso che certe frasi sulla bocca di Tripla Lambda sono volutamente "rigide" (ad esempio quando descrive Ada) perchè chi parla non ragiona da umano, ma da macchina. L'inserimento dei "dialogue tag" dipende dal mio gusto, quando voglio smorzare l'effetto batti-e-ribatti che si creerebbe con una successione di discorsi diretti, ma naturalmente si tratta di scelte opinabili.


    CITAZIONE (Erendal @ 5/1/2023, 14:18) 
    Per caso il personaggio di Tripla Lambda è ispirato da Lamda Lupi? Cioè la stella tripla gerarchica situata nella costellazione del Lupo?

    No, non ho proprio pensato all'astronomia 😅. Al di là degli attuali usi che vengono fatti della lettera greca "lambda" in matematica o fisica, ho scelto questa lettera principalmente perchè mi piaceva il marcato suono "liquido" della "elle" che mi dà una sensazione di viscidità nel definire la personalità del cyborg. Al contrario, Daco è un nome scelto per la sua durezza e fermezza. Ada - nella mia mente - può essere una sorta di prima persona della nuova umanità, un Ada-mo in versione femminile; originariamente le volevo assegnare un altro cognome, ma, prima di pubblicare, sono solito controllare su Google se ci sono persone che si chiamano nella stessa maniera e, se la ricerca dà esito positivo, provvedo a cambiare nominativo: dopo 3-4 prove, mi è sembrato che non esistesse nessuna "Ada Hokler" e quindi ho assegnato questo cognome.
     
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    La scelta dei nomi infatti è fondamentale, bravo. Alcune opere hanno avuto successo proprio per l'accostamento di un nome strettamente aderente alla trama. Mi piace l'idea di Ada(mo) come primo umano (a ribellarsi).
     
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    Mi ha fatto pensare alla tua poesia del Signore dei versi che hai scritto sulla perdita dell'innocenza(quella di Ada(mo) ed Eva.)

    l'uomo passa dal raccogliere rugiada e a inseguire falene a sperimentare la facolta di conoscere il bene e il male, perchè poi ha deciso di creare una tecnologia che lo rende schiavo? questo racconto e la poesia sono collegate?
     
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    CITAZIONE (Steel99 @ 21/1/2023, 14:43) 
    Mi ha fatto pensare alla tua poesia del Signore dei versi che hai scritto sulla perdita dell'innocenza(quella di Ada(mo) ed Eva.)

    l'uomo passa dal raccogliere rugiada e a inseguire falene a sperimentare la facolta di conoscere il bene e il male, perchè poi ha deciso di creare una tecnologia che lo rende schiavo? questo racconto e la poesia sono collegate?

    Osservazione interessante, che permette un confronto tra due testi differenti. In entrambi si parla di futuro, però si può distinguere un futuro che riguarda la storia biografica dell'uomo e un futuro che riguarda l'evoluzione storica dell'umanità.
    Nella poesia "Maturazione", ho interpretato il mito narrato dalla Genesi come una rappresentazione simbolica di ciò che avviene generalmente nella vita di ogni uomo, ossia la necessità, a un certo punto, di abbandonare la fanciullezza per addentrarsi nella propria maturazione e crescere in responsabilità, così da assumersi il peso delle proprie scelte, sia che conducano al bene sia che conducano al male.
    In questo racconto, invece, abbiamo un'ipotesi (non importa se realistica o irrealistica, l'importante è che sia significativa e portatrice di spunti di riflessione) di come potrebbe evolversi la storia dell'umanità. Ada qui rappresenta la prima scheggia impazzita che va a intaccare il meccanismo di una società dominata dalla tecnologia: il suo gesto è una ribellione, ma se per Adamo la ribellione al comando divino era stata istigata da un malefico inganno, qui la ribellione alla legge tecnologica è frutto di piena consapevolezza. Anche noi potremmo avere questa consapevolezza, e abbiamo la facoltà di scegliere ciò che è bene e ciò che è male: possiamo scegliere di stare nella comodità e di chiuderci in una bolla digitale come se fosse la nostra comfort-zone, o anche possiamo scegliere di volere opulenza e ricchezza continuando a sfruttare senza pietà le risorse del pianeta anche a costo di condannarci al suicidio ecologico. Siamo liberi, e paghiamo le conseguenze della nostra libertà: il mito di Adamo ed Eva sta alle radici della nostra storia, da lì tutto si evolve per permettere all'uomo di avere la responsabilità di fare le proprie scelte.
     
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    Qualcosa di nuovo nell'aria, nonostante la trama non proprio originale. Qualcosa che rende il racconto coinvolgente. I personaggi forse, creati ad arte. Il messaggio anche.

     
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