L'ultimo pasto

Luna gastronomica

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    L'ultimo pasto



    Era iniziato tutto con un banale pensiero.
    “Se solo questo mestolo fosse una spada magica…”
    La cucina del castello era sempre stata il mio rifugio, il mio regno, un luogo dove nessuna delle preoccupazioni del mondo poteva toccarmi. Un santuario, come quelli dedicati agli dèi. Quel giorno però era una stia vivente, le cui sbarre mi premevano contro con insistenza, come per pungolarmi. Fin dal mattino, ogni piatto che avevo cucinato era stato paragonabile a un parto. Mentre le ore del giorno si consumavano e fuori il sole moriva nel rosso della sera, non riuscivo a trovare dentro di me la forza per preparare l'ultimo pasto. A che scopo affannarsi tanto per riempire stomaci che, presto, le lame nemiche avrebbero trapassato? Perché sprecare le ultime ore nel mondo dei vivi in azioni tanto inutili, quando ci si poteva raccogliere in preghiera e raccomandare l'anima agli dèi?
    Erano questi i miei pensieri mentre – dopo aver finito di rigovernare – mi pulivo le mani sul grembiule. Non ero mai stato un guerriero, non ero un tipo coraggioso né bramavo la gloria in battaglia; il mio unico desiderio era sempre stato quello di saziare la gente e renderla felice con il mio mestiere. Il cibo non era solo nutrimento, ma anche comunione. Come le belle arti era in grado da sempre di unire, di generare allegria, di alleviare la sofferenza e di raccogliere le persone attorno a un fuoco. Poteva così tanto, eppure non era mai abbastanza. Non per me. Non aveva il potere di fermare le guerre, di sradicare l'odio, di promuovere la fratellanza… non tra tutti i popoli, almeno.
    All'esterno rimbombavano i tamburi dell'esercito nemico, una forza troppo grande per poter resistere a lungo. Quella notte ci sarebbe stato il sacco del castello: i vassoi ben impilati, il cibo nella dispensa, i miei preziosi strumenti… i soldati dell'Impero non avrebbero risparmiato nulla. Anche qualora il Conte si fosse arreso, di certo non avrebbero fatto prigionieri, perciò non restava che perire. Certo, secondo un detto popolare era meglio morire a stomaco pieno, ma nelle mie ultime ore proprio non riuscivo a trovare alcun conforto in una banalità come quella. Fu la prima volta in vita mia in cui desiderai d'essere un guerriero invincibile, invece che un semplice cuoco.
    Afferrai il mestolo e me lo rigirai tra le mani.
    “Se solo fosse una spada magica in grado di salvarci…”
    «Scegliere cosa essere è una delle grandi illusioni della vita.»
    Sobbalzai al suono di una voce tanto acuta quanto piena di dignità. Mi guardai intorno, ma la cucina era vuota.
    «Chi è?»
    «Quassù, tontolone.»
    Alzai lo sguardo sul ripiano più alto di uno degli scaffali e il mestolo mi scivolò di mano.
    «Questo deve essere l'aldilà… gli uomini dell'Imperatore sono già entrati e mi hanno ucciso, vero?»
    La fata accavallò le gambe e mi lanciò un'occhiata impietosita.
    «Sei proprio un sempliciotto, eh? Li senti i tamburi da guerra? Se non ti basta, datti un bel pizzicotto… o magari vuoi che te lo dia io?»
    Raccolsi il mestolo e lo pulii senza staccare gli occhi dalla creatura magica.
    «Di storie ne ho sentite, da bambino, ma non credevo che alcune potessero essere vere!»
    «Pochi ci credono, e a noi sta bene così. Non ci piace attirare l'attenzione.»
    «Come mai allora ti sei fatta vedere? Questo non è posto per una creatura come te, specie durante un attacco nemico.»
    La fata si ravviò i capelli azzurrini e sorrise.
    «Passavo di qua e ho sentito dei pensieri interessanti… i tuoi.»
    «Leggi pure nel pensiero? Ma va'?»
    Lei si fece seria di colpo.
    «Mio caro, non puoi cambiare ciò che sei più di quanto tu non possa mutare il colore del cielo.»
    Posai il mestolo e cominciai a pelare le patate, come facevo sempre per calmare i nervi.
    «Questo lo so benissimo da me, non c'era bisogno che una fata si scomodasse per venirmelo a dire.»
    «Quello che intendo è che non serve a nulla perdere tempo a piagnucolare per ciò che non è, quando si può agire su ciò che è.»
    «Che accidenti vorrebbe dire?»
    La fata rise.
    «Che dovresti concentrarti su ciò che sai fare e che ami, su ciò che è in tuo potere fare. Il resto verrà da sé.»
    Le rivolsi un sorriso beffardo senza interrompere il lavoro.
    «Vuoi dirmi che, se cucinerò il pasto migliore della mia carriera, salverò tutti?»
    Il piccolo faccino di lei mostrò un'espressione scocciata.
    «Non essere stupido, è una cosa seria.»
    «Allora a cosa servirà, a parte a riempire lo stomaco di morti che camminano?»
    La creatura magica fece oscillare il piccolo indice davanti a sé.
    «Vedi? Questo è l'atteggiamento sbagliato. Come pretendi che avvenga un prodigio, se ti dai per vinto in partenza?»
    Risi.
    «A meno che tu non nasconda un'arma micidiale in quel tuo vestitino, non credo proprio che potremo cambiare il destino.»
    Lei balzò in piedi, si lanciò dallo scaffale e prese a svolazzare in direzione della porta.
    «Benissimo, allora tante buone cose. Addio!»
    Smisi di pelare le patate e mi voltai di scatto, guidato dal puro istinto.
    «Aspetta! Cosa devo fare?»
    La fata tornò indietro e volteggiò intorno a me un paio di volte.
    «Quello che sai fare meglio, sciocco. Ma devi metterci l'anima, altrimenti i tuoi resteranno semplici piatti, per quanto buoni.»
    Si fermò davanti a me e mi guardò negli occhi.
    «Tutti quanti abbiamo la magia dentro, caro mio. Qualunque cosa desideri, puoi renderla reale con le tue mani. Devi solo crederci davvero. Chiudi gli occhi.»
    Obbedii.
    «Adesso immagina le portate che vuoi cucinare, pensa a ogni singolo dettaglio: alla consistenza, al sapore, alle spezie e alle guarnizioni. E pensa a ciò che desideri di più per coloro che consumeranno il cibo.»
    Sorrisi.
    «Sì, lo vedo. Lo vedo!»
    «Vedi cosa?» chiese la voce dell'aiuto cuoco entrando in cucina. Aprii gli occhi di scatto: la fata non c'era più. Ma c'era mai stata davvero, o la paura mi aveva soltanto fatto impazzire? Scossi la testa.
    «Niente, pensavo alla cena. Mettiamoci al lavoro.»

    ***



    Non seppi mai se la fata fosse stata davvero lì, e neppure se l'eroica resistenza dei nostri uomini fu dovuta anche – in certa misura – alla passione che misi nel mio lavoro. Ogni cosciotto di pollo, ogni formaggio, ogni pietanza ricevette la massima attenzione, come se si trattasse della mia prole. Ciascun ingrediente era dosato alla perfezione, ogni sapore ben bilanciato.
    Dapprima il mio aiuto cuoco aveva lavorato con una certa indolenza, se non con vera e propria rassegnazione, ma presto lo avevo contagiato col mio trasporto. Gli dissi che, se anche tutti i commensali di quella notte fossero morti e nessun avrebbe mai saputo com'era stato il pasto, volevo comunque che nel tempo che restava loro potessero dire che era una cena degna degli annali della storia. Un ultimo pasto meritevole d'essere ricordato nei secoli dei secoli, che li avrebbe accompagnati nella gloria dell'aldilà – al cospetto degli dèi – con il sorriso sulle labbra.
    Preparammo un gran numero di pietanze, tanto che ne sarebbe avanzato anche per il giorno successivo: focacce di ceci accompagnate da fave e uova fresche, zuppe di pesce e di verdure affiancate da forme di pane appena sfornato; polli e maiali arrosto, castori e fagiani in salsa agrodolce. E ancora foie gras, costolette di agnello alla brace, formaggi stagionati diciotto mesi e mozzarella. Il tutto guarnito e condito al meglio con olio, erbe aromatiche e spezie secondo ciascun piatto. Da bere, ci assicurammo di servire la migliore birra e il vino rosso d'annata dalle cantine, come voluto dal Conte; per dolce, torte di mele, uva passa, frutta fresca e mele cotte.
    Lavorammo come mai avevamo fatto in vita nostra: alla fine eravamo esausti e sporchi e persino la cucina somigliava a un campo di battaglia, ma eravamo così soddisfatti che ci scambiammo un sorriso, nonostante la situazione.
    L'attacco delle truppe imperiali giunse al cambio della guardia, poco prima dell'alba, e gli uomini del Conte lottarono come mai prima di allora. Come accadeva sempre in ogni guerra, vi furono atti di crudeltà e di viltà, ma anche d'indomito coraggio e di abnegazione. Le forze nemiche furono più volte sul punto di aprire una breccia nel portale e di invadere le mura con le loro scale d'assedio, ma i difensori li respinsero sempre. Andò avanti per giorni: a ogni pasto che cucinavo, mi dicevo che sarebbe stato l'ultimo. E ogni volta ricordavo le parole della fata che credevo d'aver veduto nella mia cucina.
    Tutti quanti abbiamo la magia dentro, caro mio. Qualunque cosa desideri, puoi renderla reale con le tue mani. Devi solo crederci davvero.
    Che fosse solo merito del coraggio, della forza e della determinazione del Conte e dei suoi uomini, o che le parole della fata contenessero un fondo di verità, il castello resistette. Dopo una settimana di assedio giunsero i rinforzi e le truppe dell'Impero batterono in ritirata. Eravamo salvi. Per quel che valeva, nella mia cucina avevo infuso ogni mia speranza, ogni mio desiderio di salvezza per la nostra gente, e l'auspicio che tutti noi potessimo di nuovo mangiare allo stesso desco.
    «Fine», conclusi con un sorriso, mentre i miei nipoti mi osservavano con tanto d'occhi.
    «E la fata? Non l'hai più rivista?» chiese Suleh, il più piccolo.
    «No, mai. Forse la immaginai soltanto, ma mi piace pensare che sia perché, come disse lei stessa, a loro non piace trovarsi al centro dell'attenzione.»
    Namys, la più grande, sorrise.
    «Una cosa è certa… la cucina del nonno è la migliore del mondo!»
     
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    Ora lo leggo e peccommento, incredibile comunque come la tua pubblicazione faccia da pendant alla riproposizione grazie a Fire Flower della fulciana Notte del pasto (quasi ultimo visto lo scenario) da noi già riscontrata, come se inconsciamente quel termine burroughsiano ti abbia spinto a rompere gli indugi e pubblicare quanto avevi già pronto. 😉
     
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    CITAZIONE (Pecco73 @ 4/4/2024, 13:08) 
    Ora lo leggo e peccommento, incredibile comunque come la tua pubblicazione faccia da pendant alla riproposizione grazie a Fire Flower della fulciana Notte del pasto (quasi ultimo visto lo scenario) da noi già riscontrata, come se inconsciamente quel termine burroughsiano ti abbia spinto a rompere gli indugi e pubblicare quanto avevi già pronto. 😉

    In realtà il titolo originale avrebbe dovuto essere L'ultima cena, ma poi l'ho cambiato per ovvi motivi. :laugh:
    In teoria avrei potuto pubblicare ieri, ma non avevo voglia di aggiungere quel paragrafo di elenco delle pietanze che serviva a qualificarlo come un testo "gastronomico". :D
     
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    Mi piacciono molto sia lo sviluppo del racconto, sia la morale. Credo anche io che, apparizioni magiche o meno, l'unica cosa che possiamo davvero fare per migliorare lo status quo e le sorti del mondo nel nostro peccolo sia fare bene quello che sappiamo fare, anziché arrenderci o abbandonarci a pensieri disfattisti.
    L'aspetto gastronomico forse non è il più importante ma è ben reso ed è comunque presente in modo significativo.
    Per me è un sì.
     
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    È un racconto scritto con attenzione: lo stile fluido, caratterizzato da un linguaggio aulico, si accompagna a un contenuto di spessore. La morale, espressa con la leggerezza di un racconto per bambini, fa leva sugli elementi della meraviglia e dell'incredulità. C'è una fata che soltanto il protagonista può vedere, come un novello grillo parlante. Non si sa se esiste o meno; l'insegnamento che porta viene messo in discussione dal protagonista che, prima, si dimostra scettico ma che poi accoglie i suggerimenti.
    La morale, "cucinata" per i lettori, viene dispensata al bambino dal nonno sotto forma di racconto orale oppure di favola. Infatti la narrazione si dipana presentandoci alcuni tratti peculiari del genere: la magia, l'aiutante, la prova, la presenza del cattivo e la sua sconfitta finale.

    Nell'elenco di tutte le pietanze, pietanze sopraffine per i propri tempi, il tuo racconto - pur con tutti i distinguo del caso- mi ha riportato alla memoria una certa atmosfera del
    pranzo di Babette di Karen Blixen.
     
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    QUOTE]Tutti quanti abbiamo la magia dentro, caro mio. Qualunque cosa desideri, puoi renderla reale con le tue mani. Devi solo crederci davvero.[/QUOTE]
    Askar è sempre sul pezzo, questo fantasy esalta il potere della magia che, talvolta, è anche un'infuso di coraggio e determinazione. Scritto bene, tecnicamente sempre curato...

     
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    Un mestolo al pari di una magica spada, il cibo l'arma per la resistenza.
     
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    Grazie a tutti per aver letto e per i commenti! :)
     
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    Bello, il più articolato del turno in trama e sviluppo.
    Mi ha evocato Harry Potter, forse per la bacchetta.
     
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    Questo racconto mi ha fatto venire in mente un brano di Martin Luther King Se non potete essere un pino sulla vetta del monte,
    siate un cespuglio nella valle, ma siate
    il miglior piccolo cespuglio sulla sponda del ruscello.
    Siate un cespuglio se non potete essere un albero.

    Se non potete essere una via maestra, siate un sentiero.
    Se non potete essere il sole, siate una stella,
    non con la mole vincete o fallite.
     
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    Bellissime l'ambientazione e l'apparizione della fata😍e anch'io apprezzo la morale della storia
     
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    Il racconto mescola abilmente elementi di magia, guerra e gastronomia. La narrazione è coinvolgente sin dall'inizio, con un protagonista che trova conforto e ispirazione nella sua cucina nonostante l'attacco imminente. La presenza della fata aggiunge un tocco di mistero e magia, mentre il tema della speranza e della resilienza permea ogni paragrafo.

    La descrizione dei piatti preparati con amore e dedizione è così dettagliata che si possono quasi percepire i profumi e i sapori che emanano dalla cucina. La passione del protagonista per il suo mestiere e il suo desiderio di portare conforto e gioia attraverso il cibo trasmettono un forte senso di empatia e connessione con il lettore.

    Il climax della storia, con l'assedio del castello e la resistenza eroica dei difensori, è pieno di tensione e drammaticità. Il fatto che il protagonista creda di aver visto una fata nella sua cucina aggiunge un elemento di incertezza e magia che lascia il lettore con la curiosità di sapere se sia stata solo un'illusione o qualcosa di più.

    Una celebrazione della forza dell'amore, della speranza e della magia, e dimostra quanto il cibo possa essere un potente mezzo di connessione e conforto anche nei momenti più bui. Una lettura che non solo delizia i sensi, ma anche l'anima.
     
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    CITAZIONE (Corrado B. @ 27/4/2024, 22:01) 
    Il racconto mescola abilmente elementi di magia, guerra e gastronomia. La narrazione è coinvolgente sin dall'inizio, con un protagonista che trova conforto e ispirazione nella sua cucina nonostante l'attacco imminente. La presenza della fata aggiunge un tocco di mistero e magia, mentre il tema della speranza e della resilienza permea ogni paragrafo.

    La descrizione dei piatti preparati con amore e dedizione è così dettagliata che si possono quasi percepire i profumi e i sapori che emanano dalla cucina. La passione del protagonista per il suo mestiere e il suo desiderio di portare conforto e gioia attraverso il cibo trasmettono un forte senso di empatia e connessione con il lettore.

    Il climax della storia, con l'assedio del castello e la resistenza eroica dei difensori, è pieno di tensione e drammaticità. Il fatto che il protagonista creda di aver visto una fata nella sua cucina aggiunge un elemento di incertezza e magia che lascia il lettore con la curiosità di sapere se sia stata solo un'illusione o qualcosa di più.

    Una celebrazione della forza dell'amore, della speranza e della magia, e dimostra quanto il cibo possa essere un potente mezzo di connessione e conforto anche nei momenti più bui. Una lettura che non solo delizia i sensi, ma anche l'anima.

    Grazie mille per il commento gentile e articolato, Corrado. :)
     
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12 replies since 4/4/2024, 11:45   236 views
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