Ora (p)ecco il presente

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    Bardo

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    Cerchi un luogo ricolmo di bellezza
    da assegnare ad esilio nel mondo
    dove resista blasfema purezza
    che trapassi il cinismo di fondo;
    che cancelli il livore e porti gioia,
    non sogghigni di boia.


    Vaghi in silenzio, sordo al tuo fiato;
    lunga e nera la notte del cuore
    che ti avvolge esplodendo in un boato
    di fermenti perduti e di spore
    mai germinate, vinte e infine estinte
    come tregue respinte.


    Roghi a volte bruciano le parole:
    quelle più delicate, plasmate,
    erano manna, non bieche tagliole...
    Lava, cenere ed albe sfregiate:
    tutto appartiene al passato dolente;
    ora (p)ecco il presente.

    Nella mia ho inserito un verso di Pecco (tale e quale com'è) e poi altre parole qua e là della stessa poesia. Fra le tante questa mi ha colpito molto e per tale ragione ho pensato di richiamarla così.
    Spero che all'autore non dispiaccia.

     
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    Condottiero

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    Hai ripreso una mia poesia cui tengo facendola tua e assieme di tutti. Davvero un ottimo lavoro. pEcco l'originale per chi può essere interessato (per valutazione e giudizio più dettagliato ci vediamo più avanti):

    BUONANOTTE A QUEL CHE RESTA DEL MONDO

    E cadranno ancora chicchi di neve
    e grani di grandine
    e la strada lacrimerà delle buone intenzioni
    di chi non si rassegnerà al cinismo
    - lunga e nera la notte del cuore -
    e alcuni fermenti andranno persi,
    altri vinti, schiacciati a sorte
    da spirali avvolgenti,
    travolgenti
    ma buonanotte e grazie a chi resiste e resisterà,
    a chi insiste e insisterà
    e ci libererà
    quando i nostri occhi si apriranno
    e s'incontreranno senza più dover, finalmente,
    giustificare la loro assurda,
    blasfema
    purezza.
     
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    Elfo

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    Bravissima Gioia, sempre molto incisiva nei concetti ed elegante nelle espressioni! Anche qui Pecco è riconoscibilissimo.

     
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    Cavaliere di Corte

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    Formalmente, tre sestine molto ben costruite, che mescolano sapientemente endecasillabi a maiore (generalmente 3,6,10 o simili), decasillabi anapestici e settenari in 3,6 che chiudono le stanze, alternando perlopiù un andamento ternario a leggere variazioni e ho visto pure un dattilico (erano manna, non bieche tagliole).
    Nel complesso, secondo me questa tua prova è anche migliore della precedente (che era comunque una signora poesia beninteso), e mi è piaciuta tanto dal punto di vista ritmico quanto da quello retorico. Gli ultimi tre versi, il terzultimo in particolare, secondo me sono folgoranti: quel "lava, cenere ed albe sfregiate" mi è piaciuto un casino, devo dire.
    Unico appunto che mi sento di fare, almeno leggendola, è che forse nella seconda stanza avrei inserito una virgola al terzo verso dopo "avvolge", perché altrimenti si è costretti a correre, per così dire, da "lunghe" fino a "germinate" senza pause. Una pausa lì secondo me renderebbe il ritmo più fluido e la pausa darebbe maggiore risalto a quel "esplodendo" e alla sua contrapposizione con il silenzio del primo verso. :proprio:
    Lascio il resto della disamina ai giurati e concludo dicendo che per me, almeno finora, è la poesia migliore del turno a mani basse. Pure migliore della mia, senza alcuna falsa modestia. :laugh:

    P.S.

    Un plauso aggiuntivo per aver saputo implementare elementi di una poesia di Pecco e mantenere comunque metrica e ritmo solidi e ben pensati. Come detto in precedenza, in linea generale non mi piace l'idea di riprendere poesie altrui e inserirle nel mio lavoro, ma qui... cazzo se è stato fatto bene. Perciò chapeau. :cappello:
     
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    Bardo

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    Grazie, Erendal e Askar.
    Felice che la poesia vi piaccia.
    Askar per rispondere alla tua osservazione sulla II strofa: la pausa ci sarebbe stata bene; lo sentivo anch'io, ma non era possibile per ragioni metriche. Se l'avessi fatto non avrei poi potuto operare la sinalefe fra avvolge ed esplodendo; dunque il corretto computo sillabico dell'endecasillabo sarebbe saltato.
     
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    Cavaliere di Corte

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    CITAZIONE (j.darkblue @ 14/4/2024, 16:07) 
    Grazie, Erendal e Askar.
    Felice che la poesia vi piaccia.
    Askar per rispondere alla tua osservazione sulla II strofa: la pausa ci sarebbe stata bene; lo sentivo anch'io, ma non era possibile per ragioni metriche. Se l'avessi fatto non avrei poi potuto operare la sinalefe fra avvolge ed esplodendo; dunque il corretto computo sillabico dell'endecasillabo sarebbe saltato.

    Ah, non ci avevo pensato. :laugh:

    Volendo avresti potuto modificare in:

    che ti avvolge, ch'esplode in un boato


    Solo un'idea. Ormai da quando ho preso il via coi piedi, nella mia testa il metro finisce sempre subordinato, non posso farci niente... mi sa che sono un musicista mancato. :laugh:
     
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    Nemmeno io avevo pensato alla soluzione da te suggerita!
     
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    Cavaliere di Corte

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    CITAZIONE (j.darkblue @ 14/4/2024, 16:38) 
    Nemmeno io avevo pensato alla soluzione da te suggerita!

    A volte tendo a fare di queste furberie, mi viene naturale. :D

    Comunque ripeto, è proprio una pignoleria eh, non toglie nulla alla poesia che è uno spettacolo. :)
     
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    L'anapestico è a mio parere uno degli andamenti più difficili da padroneggiare, ma ci sei riuscita perfettamente e ho adorato il richiamo alla strofa saffica con il settenario in funzione di adonio.

    La poesia, sebbene parta rielaborando una poesia di Pecco, trova a mio parere la sua originalità nell'espressività tipica di Jdark, che è una poetessa molto attenta su questo lato. Ed infatti l'approccio espressivo di Piefrancesco e Gioia è molto diverso. Si potrebbe dire che Pecco è un poeta eddico, mentre Jdark è scaldico.

    Pecco scocca paratassi e iterazioni per creare un'atmosfera familiare, ma concentrata: la strutturalità è incentrata sull'aspetto fonetico e del significante; mi azzardo a dire che leggere una poesia di Pecco tralasciando il lato musicale significa non coglierne il pieno significato. E poi, come tutte le poesie eddiche, c'è una morale, non intesa per forza come etica strutturata, ma anche come deontica auspicata: in questo caso una rinnovazione, una liberazione dal superfluo per esaltare la purezza.

    Jdark, da brava skald, punta su strutture complesse, ma non oscure: uno skald deve saper fare tutto, ma deve soprattutto avere una voce potente e immaginifera che tutti possano sentire (e capire). Dunque la sua poesia punta di più sul ritmo, sulla meraviglia, a volte anche sull'esagerazione espressiva, ma senza mai essere un'estremizzazione barocca. Qui, omaggiando Pecco, gioca di più sul lato musicale, ma osservate come la poesia sia ricca di inarcature e per nulla paratattica.
    Il sentiero dello skald non è mai dritto, anche se porta sempre alla destinazione.
     
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    Bardo

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    Grazie per un commento così articolato e interessante, Fert.
    Ammetto la mia somma ignoranza riguardo la poesia scaldica (e scandinava in genere). Ma cercherò di documentarmi quanto prima.
     
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9 replies since 13/4/2024, 14:13   139 views
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